giovedì 10 novembre 2016

HA RAGIONE ONIDA, MA IL TRIBUNALE DI MILANO RIGETTA IL SUO RICORSO :

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Alla fine ha ragione Calderoli nel dire "meglio così" . Il leghista lo dice perché prevede il trionfo del NO, io perché l'Italia è paralizzata da questo appuntamento e tanto vale.
Ciò posto, ero esono d'accordo con Onida, tra l'altro non proprio uno sprovveduto in materia giuridica e costituzionale - almeno si spera, visto che è stato presidente emerito della Consulta - nel giudicare leso il libero voto dei cittadini nel momento in cui devono votare si o no per una riforma che ha vari, diversi punti in discussione, e sui quali si può essere talvolta favorevoli (nel mio caso la riforma del Titolo V, ancorché anch'essa pasticciata, l'abolizione del CNEL ) , in altri casi no (elezione del presidente della Repubblica, Senato non elettivo).
Siccome lo "spacchettamento", chiesto a gran voce dai radicali i quali però, di fronte al rifiuto e al diktat del "bere o affogare" hanno deciso di "bere" (chissà cosa avrebbe detto il guru Pannella) , non si farà, io voterò no.
E vediamo se affogo.





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Referendum, no al ricorso di Onida

Il Tribunale civile di Milano ha respinto entrambi i ricorsi sul quesito referendario presentati dal professor Valerio Onida e da un pool di avvocati

 
 
Il Tribunale civile di Milano ha rigettato entrambi i ricorsi sul quesito referendario presentati dal professor Valerio Onida e da un pool di avvocati. Lo comunica in una nota il presidente del Tribunale Roberto Bichi.
Il contenuto del ricorso
I ricorrenti chiedevano l’intervento della Consulta sostenendo che la legge istitutiva del referendum del 1970 violerebbe il principio costituzionale della libertà dell’elettore non lasciandogli la possibilità di esprimere orientamenti diversi su materie eterogenee, come il Cnel e il bicameralismo. Secondo Onida e gli altri legali, la legge presenterebbe profili di incostituzionalità nella parte in cui non prevede che il voto debba svolgersi su un quesito omogeneo.
La legge prevede che la Corte Costituzionale possa esercitare un potere di sospensione del referendum solo nel caso dei conflitti tra Stato e Regione. Onida in udienza aveva affermato che la Consulta avrebbe potuto estendere questo suo potere per via analogica posticipando il referendum a una sua decisione.
«Lesa libertà di voto»
«Con un quesito così eterogeneo non si rispetta la libertà di voto». Questo il concetto alla base del ricorso di Onida, secondo il quale «il referendum si trasforma in un plebiscito politico» e l’elettore non può invece esprimersi «in modo diverso sui diversi aspetti eterogenei della riforma». La legge approvata dal Parlamento e sottoposta a referendum, per il professore «ha oggetto e contenuto assai eterogenei, tra di loro non connessi e comunque collegati solo in via generica o indiretta e che riflettono scelte altrettanti distinte, neppure tra loro coerenti». Tutto questo, secondo quanto scritto nel ricorso, «viola in modo grave ed evidente la libertà del voto del singolo elettore, garantita dagli articoli 1 e 48 della Costituzione». Il vizio dunque starebbe nel voler fare una grande riforma invece di una «revisione puntuale dei singoli aspetti della Costituzione» come un referendum dovrebbe fare. Per questo sarebbe necessario uno «spacchettamento». Il ricorso chiedeva la sospensione del decreto con cui è stato indetto il referendum «fino alla decisione della Corte Costituzionale» affinché questa valuti la legittimità costituzionale della legge istitutiva del referendum (352 del 1970) nella parte in cui non prevede l’articolazione dei quesiti in caso di referendum approvativo. Secondo Onida siamo di fronte a una violazione della libertà di voto, prevista dalla Costituzione, perché, per esempio, l’elettore potrebbe essere a favore dell’abolizione del Cnel ma contrario alla cancellazione del Senato così com’è disegnato ora dalla carta fondamentale. Durante le udienze, l’Avvocato dello Stato Gabriella Vanadia, che rappresenta la Presidenza del Consiglio, ha chiesto il rigetto dei ricorsi: «Se lo scopo finale di queste domande è quello di incidere sulle prerogative politiche - ha argomentato il legale - non è lecito e va respinto, perché un procedimento di questo tipo non può incidere sulla politica».
Le reazioni
Da destra a sinistra la decisione del Tribunale civile di Milano ha scatenato reazioni e commenti del mondo politico. «Cade l'ultimo ostacolo sulla via delle riforme. Ora, avanti tutta per far vincere il Sì» afferma in una nota Stefano Pedica del Pd. «La riforma costituzionale e il referendum vanno tenute lontane dalle aule dei tribunali: sono i cittadini i detentori della sovranità popolare e spetta a loro decidere, in autonomia, come votare. Noi ribadiamo che solo il Sì è in grado di aprire una fase nuova, positiva e volta a migliorare la funzionalità delle nostre istituzioni» fa sapere Ignazio Abrignani di Ala. Gioisce anche Roberto Calderoli responsabile della Lega Nord che dice: «Si stanno creando le condizioni per la tempesta perfetta del 4 dicembre che travolgerà Renzi e il suo Governo con una valanga di No. Per fortuna - dice ancora Calderoli - il Tribunale di Milano ha respinto il ricorso del professor Onida che avrebbe determinato uno slittamento della data del referendum, consentendo a Renzi di continuare a restare al Governo, e di continuare a fare perenne campagna elettorale utilizzando la sua carica di premier, rinviando il giudizio con cui il popolo lo avrebbe rimandato a casa»

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