sabato 18 febbraio 2017

BAGGIO COMPIE 50 ANNI. GLI AUGURI DEL MONDO DEL CALCIO AL PIU' GRANDE CALCIATORE ITALIANO DI SEMPRE

 Risultati immagini per roberto baggio vince la coppa uefa

Ho scritto altre volte che Roberto Baggio è l'ultimo campione di calcio per cui ho tifato. Sicuramente è stato il calciatore italiano più bravo in assoluto che personalmente abbia visto giocare.
Non essendo giovane, ne ho visti tanti, e grandi : Rivera, Riva, per dire gli anni '70, Totti, Del Piero, negli ultimi 3/4 lustri.
Ebbene, penso che Baggio, in questo Olimpo di dei del pallone, sieda sullo scranno più alto.
Non ha vinto molto, pur avendo giocato in tutte e tre le squadre più titolate d'Italia : Juve, Milan e Inter. Nella Juve fece molto, vincendo praticamente da solo una coppa Uefa, ma era un periodo non dorato della Signora. Lo scudetto lo colse solo l'ultimo anno, quello dove incise di meno, causa un lungo infortunio che favorì l'esordio dell'astro nascente Del Piero. 
L'anno dopo vinse il suo secondo scudetto, al Milan, ma anche lì giocando un po' a singhiozzi e segnando poco, per le sue abitudini.
Sarà la provincia a ridargli la gioia del gioco, prima Bologna (ben 22 gol) e da ultimo Brescia, dove Carletto Mazzone lo "supplicò" di andare e dove visse quattro belle stagioni ma mancando l'obiettivo principale : andare al suo quarto mondiale, quello in Giappone- Corea, allenatore Trapattoni (è forse l'unica cosa che non perdono al Trap, pure vecchia gloria juventina, e la nemesi della immediata eliminazione nella fase a gironi se l'è meritata tutta il CT azzurro).
In effetti Baggio, campionissimo amato dai tifosi di tutta Italia (laddove Totti è amato solo a Roma e Del Piero ha avuto la stima universale ma non l'amore dei non juventini) , ottimi rapporti coi compagni di squadra, ebbe sempre diversi problemi con parecchi dei suoi allenatori.
Capello, Lippi, Sacchi, con i quali è pensabile un problema di personalità, di conflitti tra "prime donne" ( Baggio, per quanto dai modi garbati, aveva le idee chiarissime sul fatto che lui era il più bravo e quindi doveva giocare sempre, al di là di questioni tattiche e/o fisiche ) , ma anche Ulivieri. Le piazze sono sempre state con lui, e anche per questo probabilmente i mister, specie i primi citati, non lo amavano.
Ancelotti, un  grandissimo, a inizio carriera non lo volle al Parma, temendo di non poterlo gestire.
Siccome Carletto è un grand'uomo, non solo di sport, non ha avuto problemi ad ammettere l'errore e a scusarsi : « Ho sbagliato ad essere così intransigente, con il tempo ho imparato che una soluzione per far coesistere tanti grandi giocatori alla fine si trova. A Parma pensavo ancora che il 4-4-2 fosse lo schema ideale per eccellenza, ma non era così. Se avessi la macchina del tempo, tornerei indietro e Baggio eccome se lo prenderei. Avrei potuto gestire la situazione in maniera diversa. »
Ha segnato  300 gol, 205 in serie A, nonostante la falcidia di infortuni che lo hanno tormentato in carriera. In nazionale, con 56 presenza, ne ha segnati 27 (quanti Del Piero, che però di gettoni ne ha collezionati ben 91, laddove Totti, con 58 maglie azzurre, di gol ne ha segnati solo 9 ).
Nel 1993 vince il Pallone d'Oro, non a caso è l'unico italiano ad averlo vinto, insieme a Gianni Rivera, senza l'aiuto fondamentale del titolo mondiale che favorì Paolo Rossi nel 1982 e naturalmente Fabio Cannavaro nel 2002.
Quando la Juve lo mandò via, non rinnovandogli il contratto per lasciare Alex senza concorrenze ingombranti(ssime), rimasi deluso.
Se ne andava un talento unico, e temevo chissà quando ne sarebbe ricapitato uno (per me Del Piero, pur grande, non vale Baggio, e nel mondo, fuori dal cerchio degli ultrà bianconeri comprensibilmente alexiani, la maggior parte la pensa così).
Oggi mi accorgo di sospirare talvolta per Dybala...
La Joja ha le stigmate del fuoriclasse. Ma è inutile affezionarcisi troppo. Baggio restò solo 5 anni alla Juve, Paulo, vedrete, nemmeno quelli.
Comunque, è stato un privilegio vederlo giocare.
Oggi fa 50 anni, e tutto il Calcio, ma non solo, gli fa auguri sinceri.
Bellissima la chiosa dell'articolo scritto dal bravo Tommaso Pellizzari, del Corsera, che veramente suggella la carriera di questo diamante dello sport della pelota :
"Non c'è mai stato un calciatore così amato pur avendo  vinto così poco...Succede quando si è così bravi nel far risaltare ciò che si è rispetto a ciò che si fa".
Buon Compleanno Roby.
 



Il fenomeno di un calcio che scompariva

 Risultati immagini per roberto baggio vince il pallone d'oro

È un errore che non si dovrebbe mai fare quello di identificare un fuoriclasse dello sport con una generazione, per potersene appropriare. Facciamolo subito, questo errore: tanto lo scopo non è vantarsi. Il che fa molto Generazione X, la stessa di Roberto Baggio che il 18 febbraio compie 50 anni e che rappresenta bene come nessun altro i nati dalla metà degli anni 60 in poi. Quando il suo talento purissimo fu definitivamente evidente a tutti, con quella finta che mise a terra il difensore della Cecoslovacchia al Mondiale italiano, il suo calcio stava sparendo. Esattamente come il mondo degli allora ventenni, tra la fine della Guerra fredda, la morte delle ideologie e la rivoluzione tecnologica. Nel calcio, il Milan di Sacchi stava cambiando tutto, imponendo un modello che funzionava tanto bene ma (dettaglio) non prevedeva i Roberto Baggio. Poi è vero che, con Sacchi c.t., Baggio giocò un Mondiale clamoroso: ma è altrettanto vero che per molti il suo gol contro la Nigeria, che tirò giù l’Italia dall’aereo verso casa, fu la prova che il fuoriclasse è tale proprio perché possiede quei colpi che sparigliano le partite giocate a tavolino. Ovviamente, nessuna delle due tesi portata all’estremo è fondata. Ma quei primi anni 90 erano l’inizio della Rivoluzione: quando, cioè, non si sta a guardare tanto per il sottile e il presente è ancora troppo difficile da leggere per fare la scelta giusta. Fu così che dalla Juve di Lippi Baggio andò al Milan di Capello. Dove vinse uno scudetto, ma non da protagonista. Perché Roberto Baggio ha una seconda, caratteristica in comune con tutta la sua generazione: dare l’impressione di mancare sempre del famoso centesimo per fare un milione. Il suo rigore nella finale dei Mondiali finì altissimo, ma nessuno si ricorda che prima di lui sbagliarono Franco Baresi e Massaro. «Quel rigore l’ho tirato ancora, tante volte. In sogno (...) ho sempre segnato. Terminato il sogno, mi sorprendo sorridente, come se avessi segnato sul serio», scrisse nella sua autobiografia. Facendoci capire da dove ebbe la forza di ripartire. E verso dove, cioè la stessa direzione di tanti suoi coetanei: in cerca di felicità, più che di successo, perché comunque uno non sarebbe arrivato senza l’altra. La prova furono gli anni bolognesi della rinascita. E poi Brescia, dove Baggio finì. In tutti i sensi. Allora era vero che il ripiego nel minimalismo era il suo destino. Paradossale. Perché per nessuno come Roberto Baggio si è avuta una così grande sproporzione tra la classe e i risultati. Non c’è mai stato un giocatore così amato, pur avendo vinto così poco. Basta pensare al Pallone d’oro, arrivato nel 1993 dopo la vittoria di una misera Coppa Uefa.
Succede, quando si è così bravi nel far risaltare ciò che si è rispetto a ciò che si fa. Quando un centesimo in più o in meno non cambia nulla.

Tommaso Pellizzari

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