domenica 5 marzo 2017

BATTISTA DESCRIVE RENZI DEPRESSO. EPPURE MATTEO RESTA IL MENO PEGGIO


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In effetti di questi tempi un po' pena Renzino me la fa, abbandonato velocemente da molti, ora che il carro non sembra più filante e vincente come ai tempi belli delle elezioni europee (2014, tre secoli fa) e del dominio in Parlamento grazie al Porcellum e alla diuturna compravendita delle vacche. Man mano le cose si sono andate prima sbiadendo e poi incupendo, con la sonora sconfitta delle amministrative della scorsa primavera, la scoperta che i ballottaggi favorivano Grillo e quindi i timori sull'efficacia dell'Italicum (ora rivoluzionato dalla Consulta) e naturalmente, e soprattutto, il fatidico 4 dicembre con la batosta referendaria.
Da allora, buio totale.
Ne scrive accortamente Pierluigi Battista, rilevando come la fuoriuscita dell'opposizione di sinistra più malmostosa in qualche modo a liberato le mani agli alleati renziani, gente come Franceschini ( a cui non girare MAI le spalle, chiedere a Letta), e messo in campo outsider che potrebbero mostrarsi sorprendentemente competitivi, come Orlando.
Nessuno crede che l'attuale Ministro della Giustizia possa prendere più voti di Matteo, ma in questa fase mi pare di capire sarebbe fondamentale che il segretario uscente non superasse quota 50%. In quel caso infatti - finora mai accaduto, ché nelle uniche primarie congressuali del PD veramente combattute, finì 60 a 40 per Bersani, nel 2012 - sarebbe l'Assemblea Nazionale ad eleggere il Segretario, e allora se ne potrebbero vedere delle belle.
Da esterno, non ci crederete, "tifo" renzino.
Di lui non mi piacciono molte cose, tutte scritte in questi anni, ma resta tuttora l'unico personaggio vagamente liberal di quelle parti.
Gli altri, chi più, chi meno, sono solo post comunisti, ovviamente modernizzati, ma con le solite vecchissime ricette dei socialisti d'antan : tassare i ricchi, redistribuzione a go go (pazienza che per redistribuire in questo modo abbiamo azzerato la classe media) , lavorare di meno per lavorare tutti e sicuramente si farà strada il reddito di cittadinanza nonostante il copyright, va detto, da noi appartenga decisamente ai grillini, che lo sbandierano da che sono nati.
Insomma, rispetto a sta gente qui, meno peggio renzino, non succube dei sindacati, che non dice che le tasse sono una bella cosa, che ha di fatto eliminato l'articolo 18 dello Statuto dei Lavoratori, che non è un forcaiolo (nemmeno un garantista, ma accontentiamoci).




Il Corriere della Sera - Digital Edition

La metamorfosi di Matteo

di Pierluigi Battista

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Non è più lui, quello incontenibile e spavaldo di prima del 4 dicembre. Sente che i suoi proclami non mordono più.

Cerca di dettare l’agenda della politica, ma invano. Non gliene va bene una. L’incarognimento della politica sfrutta le vicissitudini del padre. E lo prendono anche in giro perché ha messo su, sarà per lo stress, qualche chilo di troppo. Glielo rinfacciano e lui, Matteo Renzi, ex premier ed ex segretario del Pd, se la prende molto. Che poi, che male ci sarebbe a vivere per un po’ la condizione dei sovrappeso?

Niente di male. Ma lui si offende, come l’altra sera a Otto e mezzo con Lilli Gruber. Ha clamorosamente perso l’ordalia referendaria, in una misura che nemmeno lui si aspettava così massiccia, tanto da indurlo a lamentarsi per il troppo odio che il suo nome aveva suscitato. Ora viene messa in mezzo la sua famiglia. Lui sembra rispondere in modo goffo, mettendosi sull’onda delle sirene giustizialiste, tuonando sulla condanna «doppia» che dovrebbe colpire suo padre se risultasse colpevole. Poi, punto nei suoi affetti più profondi, reagisce con una lettera molto dura, e a ragione, sullo «squallore» di Beppe Grillo che aveva insinuati dubbi pesanti sulla tenuta dei rapporti nella famiglia Renzi. Però Matteo Renzi sta attraversando questi primi mesi come un politico imballato. Non sorride quasi più. Si sente assediato, non riesce più ad azzeccare la trovata che mette in difficoltà i suoi avversari. Che sentono l’odore del sangue e si aggirano come squali, fuori da sempre dal Pd, appena fuori dal Pd, anche all’interno del Pd.

Lui aveva architettato un percorso, che oggi si dimostra molto più irto di ostacoli di quanto si immaginasse il 4 dicembre. Pensava di giocare la grande rivincita elettorale in tempi brevi, ma i tempi brevi si dilatano sempre di più. Pensava che a succedergli a Palazzo Chigi ci sarebbe stato un governo debole, guidato da una figura come Paolo Gentiloni con cui la collaborazione era stata proficua, sostenuto dalla presenza di due fedelissimi come Maria Elena Boschi e Luca Lotti. Ma il governo, a meno di imboscate paradossalmente aiutate dalla minoranza che si è scissa dal Pd e che potrebbe accodarsi alla richiesta di dimissioni di Lotti, sembra tutt’altro che in bilico. Renzi pensava che per contrastare la bocciatura della Corte Costituzionale riservata al ballottaggio, avrebbe potuto imporre il modello del Mattarellum: ma oggi non ci crede nemmeno lui. Pensava che il ministro dell’Economia facesse la faccia arcigna sulle richieste austere dell’Europa, ma con scarsi risultati.
Pensava di liberarsi di un fardello con la fuoriuscita dal Pd della minoranza ostruzionista, ma la scissione ha liberato correnti interne al Pd che prima si erano schierate con l’ex segretario.
Pensava che la separazione di Emiliano dagli scissionisti avrebbe indebolito il fronte dei fuoriusciti, ma Emiliano dentro il partito si sta dimostrando molto più devastante. Voleva un congresso in tempi rapidissimi, ma le primarie finiscono negli ultimi giorni di aprile, rendendo assolutamente impossibili le elezioni a giugno: e pensare che su uno spostamento negato di date si è consumata addirittura una scissione.

Ora Renzi sembra esitante, intimidito, persino le primarie nel Pd non appaiono più la marcia trionfale come era scontato che fossero. Dice che le elezioni ci saranno quando lo decide il governo. Non si fida più di nessuno. Spera che il prossimo appuntamento al Lingotto smentisca questa fase negativa, che rimetta nelle sue mani l’agenda della politica e che le sue promesse siano credute o che almeno appaiano credibili. Spera di uscire dall’assedio. Dimagrendo un po’ forse, e ripensando agli errori del 4 dicembre.

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