mercoledì 29 marzo 2017

TO' , L'ALIENAZIONE PARENTALE ESISTE. I GIUDICI MINORILI RISCOPRONO IL VECCHIO "PLAGIO" MA NON SANNO CHE FARE

Risultati immagini per bambini contesi dai genitori

Faccio fatica. ormai, a trattare questo argomento, che mi tocca più di altri nello sfacelo generale del sistema giudiziario italico ( al riguardo, consultare i numeri riportati sul Corsera nel post http://ultimocamerlengo.blogspot.com/2017/03/un-italiano-su-due-non-si-fida-dei.html ) .
La giustizia minorile funziona peggio, e la cosa è ancora più sconcertante se si pensa sia alla delicatezza ed importanza della materia ( la giustizia dovrebbe servire innanzitutto a difendere i deboli, e chi è più debole di un bambino ?) che alla retorica stucchevole e ormai patologica che circonda questo campo.
"L'interesse superiore del minore" è peggio dell' "Amen" delle preghiere, singole o collettive. Si ripete in automatico, senza pensarci , che tanto va bene sempre.
Sarà poi interesse del minore che per risolvere le vertenze che lo investono passino anni ? Clamorosa la vicenda dei due genitori anziani, cui fu tolta la figlia di pochi mesi, causa una denuncia per abbandono di minore, e che oggi, assolti in via definitiva, non possono riaverla - nel frattempo era stata data in adozione - perché sono passati sette anni (??!!) e per la bambina sarebbe un trauma separarsi dalla famiglia in cui è cresciuta ( http://ultimocamerlengo.blogspot.com/2017/03/ti-assolvono-dopo-sette-anni-e-il-tuo.html  ).
Sarà interesse del minore che i giudici di merito ignorino più spesso i principi di diritto enunciati dalla Cassazione, "colpevole" di essere distante (nel tempo sicuramente !!) dal caso concreto e di giudicare troppo "freddamente" ?
Sarà interesse del minore che i consulenti tecnici e di parte siano ormai una corporazione consolidata, più spesso gli stessi nei vari distretti giudiziari, e si ritrovino a vestire e svestire con disinvoltura panni e posizioni anche opposte a seconda della tasca che paga ?
Sarà interesse del minore che gli stessi avvocati, che affollano i convegni della diverse associazioni in campo di diritto di famiglia, al dunque rinneghino di fatto i principi così spesso predicati nei corsi di mediazione familiare e giocano sporco che più sporco non si può, prestandosi ad essere la longa manus (ben pagata ) del genitore aguzzino di turno ?
Perché QUESTO è quello che più spesso accade nei conflitti delle separazioni con al centro la contesa sui figli.
Si è pensato che l'ascolto dei minori fosse una grossa pensata, che avrebbe portato, solito astratto obiettivo, ad una loro maggiore tutela. In realtà ha prodotto l'accanimento del genitore più prepotente (più criminale forse meglio) nel cercare di plagiare (termine desueto, ma di questo si tratta quando si parla di "alienazione parentale") i figli contro l'altro, padre (più spesso) o madre (ormai accade anche questo) che sia.
Il caso di Milano che riporta Ferrarella, e che trovate di seguito, non lo conosco nei dettagli, quindi non so se i giudici abbiano fatto bene o male nel caso concreto .
Alcune osservazioni però si possono fare :
1) è comunque interessante, se non altro perché evidenzia un aspetto che sostengo da tempo :  i bambini, piccoli e grandi, MENTONO. Per Paura, Confusione, Induzione. Ma MENTONO (e nel caso di Milano appunto la bambina  avrebbe detto falsità sul padre, imbeccata dalla madre). Ricordatevelo.
2) La madre danneggia la figlia, alienandola dal padre, però la piccola rimane "collocata" presso di lei, che da oggi dovrà diventare virtuosa, operando un'inversione di 180 gradi sulla condotta fin qui tenuta... Ammappa che fiducia sti giudici !! Forse sono un po' "babbi" ?, nel senso gergale del termine ...O più probabilmente non hanno il coraggio di misure più draconiane, che si limitano a minacciare ( affidamento della bambina ad una casa famiglia se non addirittura in adozione), e invece solo così, FORSE, quella madre rinsavirebbe. O almeno cesserebbe di nuocere.
3) Il riferimento ad un diritto degli adulti, i genitori, all'autodeterminazione. Dall'articolo non si capisce bene, però s'intuirebbe un contrasto tra i giudici e la Cassazione che di recente ha ricordato ai primi che non è che essere genitori non dia un qualche diritto, oltre a mille doveri, in nome dei divini fanciulli. Però, come detto, non è chiaro, e quindi bisognerebbe approfondire le ragioni del contrasto richiamato.
Sicuramente, il fattore TEMPO è esiziale. Nulla ha e avrà senso se non si interviene su questo.
Così come forse bisognerebbe avere veramente i mezzi per costituire - da subito - un tutore terzo che segua da vicino le situazioni più a rischio, una sorta di "avvocato del minore", che monitori da vicinissimo la situazione e solleciti l'intervento immediato del giudice qualora intraveda il lavoro di plagio da parte di uno - a volte entrambi - i genitori.
Utopie eh ? Ok, ma allora finiamola con questa ipocrisia del "superiore interesse" : se c'è un inferno, non ve lo evitate pronunciando queste magiche parole.



Il Corriere della Sera - Digital Edition


 «Spinta a disprezzare il padre» Storia di una bambina contesa

Milano, i giudici: resti con la madre, ma lei deve dirle la verità sul papà e farglielo vedere

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 Luigi Ferrarella

MILANO Colpirne uno (di genitori che «montano» il figlio contro l’ex partner) per educare cento di quei genitori che nel processo usano i figli come ostaggi o, peggio, come clave sul genitore rivale.

La sezione Famiglia del Tribunale civile di Milano sceglie la linea dura e sanziona come «offesa alla giurisdizione» l’alienazione di una madre che tacciava il padre di «disinteresse per la figlia» e lo colpevolizzava per «la conseguente reazione di rifiuto della minore».

La bimba manifesta davvero sentimenti profondamenti ostili verso il padre, non vuole vederlo né sentirne parlare, se ne sente rifiutata e ne soffre psicologicamente in maniera molto seria. Ma la consulenza tecnica, ordinata dalla presidente Laura Amato e dal giudice estensore Giuseppe Buffone, disegna tutt’altro quadro del padre: un uomo semplice e magari con modesti strumenti di relazione, ma sinceramente affettuoso verso la figlia, e anzi devastato dallo stress di un conflitto familiare scatenato dalla moglie, «alla cui versione — scoprono i consulenti — la figlia aderisce in maniera totale finendo per distorcere anche il dato reale».
La bambina «assume come proprio il pensiero materno, che sul padre esternalizza ogni colpa nel tentativo di sottrarsi all’implicazione personale del fallimento del progetto di coppia».

Ed è sempre la madre a «attribuire al padre modalità comportamentali» tutte «riferibili alla categoria dell’aggressività, nel tentativo di renderlo inammissibile agli occhi di una figlia piccola».

Il problema per il Tribunale è paradossalmente che, «finché la madre non darà il proprio avallo, la figlia non potrà costruire una relazione buona e fiduciosa con il padre».

Di qui la scelta dei giudici di confermare per ora il collocamento della bambina — che è affidata al Comune — presso la madre, ma con secche prescrizioni: la madre dovrà favorire visite libere del padre, dare alla figlia una lettura realistica della figura paterna, e prendere coscienza dei propri distorti convincimenti sull’ex compagno, altrimenti scatterà il collocamento della figlia o presso il padre oppure in una famiglia affidataria.

Impartire prescrizioni ai genitori è un passo molto audace, e infatti i giudici milanesi danno conto che esiste una sentenza della Corte di Cassazione che dissente, e tuttavia insistono: se «è un diritto certamente di rango costituzionale la libertà personale di autodeterminazione circa la salute dell’individuo che è anche genitore», questo diritto del genitore però «incontra pur sempre un limite nel diritto del minore ad un percorso di sana crescita, diritto che trova anch’esso copertura sia a livello costituzionale interno sia a livello delle convenzioni internazionali».

Nel concludere che «la relazione tra la figlia e il papà è stata inficiata dai comportamenti alienanti della madre», il Tribunale valuta che l’alienazione genitoriale non sia una patologia clinicamente accertabile, «bensì un insieme di comportamenti posti in essere dal genitore per emarginare e neutralizzare l’altro».

Comportamenti che i giudici sanzionano con la condanna della madre a pagare il doppio delle spese di giudizio (in questo caso 7.200 euro) per aver «abusato del proprio diritto» di rivolgersi al Tribunale ed essersi servita «dello strumento processuale a fini dilatori, contribuendo così ad aggravare il volume del contenzioso e ad ostacolare la ragionevole durata dei processi pendenti».

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