Dopo diverse settimane di umore sorprendentemente mesto, direi quasi incline ad un certo pessimismo, ecco ritornato il solare Fugnoli di sempre !
Chissà, magari sulla mestizia accennata c'entrava qualcosa anche una qual certa simpatia del "nostro" per l'indipendentismo catalano, che sta vivendo obiettivamente giorni non facili...
Ma illazioni a parte, è un fatto che il Fugnoli odierno sprizza buon umore e manda messaggi colorati di rosa.
Certo, gli incontentabili potrebbero sempre augurarsi e anche aspettarsi di più, ma insomma, "sazi e soddisfatti", come titola l'esperto di finanza, è una gran bella prospettiva.
Uno che vive a Roma, che vede la città triste e sporca, negozi chiusi anche in vie commerciali, cittadini brontoloni se non arrabbiati, penserà : ma de che parla Fugnoli ??
Ecco, leggete e saprete !
SAZI E SODDISFATTI
Quando non c’è più niente da sognare
Bene, ora sappiamo praticamente tutto quello che volevamo
sapere. Sappiamo come si comporterà la
Bce nei prossimi 18 -20 mesi (30 miliardi al mese di Qe fino
a settembre, poi quasi sicuramente 10-15 per altri tre mesi e alla fine il
primo rialzo dei tassi a metà 2019). Sappiamo che l’euro, grazie al permanere
di un atteggiamento espansivo da parte della Bce, resterà tranquillo non
lontano dai valori attuali per i prossimi mesi, con grande sollievo delle borse
europee e in particolare di quella tedesca.
Sappiamo chi sarà il nuovo governatore della Fed (la colomba
Powell, quasi certamente). Sappiamo che lo stock della base monetaria americana
scenderà molto dolcemente e resterà comunque sopra i tre trilioni alla fine del
Quantitative tightening nel 2021.
Conosciamo inoltre non solo i contorni, ma anche molti
dettagli di quella riforma fiscale americana che i mercati invocano da un anno
nella speranza di vedere gli utili 2018 crescere di 8-10 dollari per azione
dell’SP 500. Sappiamo che in cambio dell’aliquota per le società abbassata al
20 (e non al 25-26 come si era cominciato a pensare) ci sarà un taglio in
alcune detrazioni e deduzioni per fare tornare i conti e solo un piatto di
lenticchie per le persone fisiche, ma ci sarà comunque un sistema fiscale un
po’ più razionale e 1.5 trilioni in meno di tasse nell’arco dei prossimi 10
anni. Sappiamo che il senato peggiorerà e diluirà la proposta della camera, ma
l’impianto generale resterà in piedi. Soprattutto sappiamo che la riforma
fiscale ci sarà sul serio, a questo punto con un 85-90 per cento di
probabilità, quando ancora un mese fa la si dava al 40-50 per cento.
Non bastasse, accanto a queste quasi certezze, ci siamo
fatti l’idea (questa tutta da verificare) che avremo crescita senza inflazione
per tutto l’orizzonte prevedibile, che la curva di Phillips è un’anticaglia
buona solo per l’accademia, che l’inflazione salariale, grazie ai robot e
all’intelligenza artificiale, non si farà viva mai più e che il rischio, se
così lo vogliamo chiamare, è di avere
ancora più crescita e ancora meno inflazione di quella che ci immaginiamo oggi.
Non solo, quindi, sappiamo tutto quello che volevamo sapere.
Abbiamo anche tutto quello che volevamo ottenere e ci siamo formati l’intima
convinzione che, se sorprese ci saranno, saranno positive. E non dimentichiamo
che, oltre al sopraggiungere di certezze e attese positive, abbiamo visto anche
il ridimensionamento drastico, giustificato o meno, delle preoccupazioni
geopolitiche in Asia e di quelle politiche in Europa e in America.
A questo punto che cosa possiamo ancora sognare? Quali
sorprese positive ulteriori potremmo immaginare? La manna dal cielo? Sarebbe
deflazionistica, perché aggraverebbe l’eccesso di offerta. I soldi dal cielo?
Rischierebbero di essere inflazionistici.
Il massimo che possiamo sperare è che il futuro sia come ce
lo stiamo immaginando. Se non sarà così rimarremo delusi. Se sarà così dovremo
comunque scalare una marcia e passare dall’euforia di un momento magico al
benessere di una crescita ordinata e duratura.
Nel primo caso, la delusione, avremo un’inversione di
tendenza in borsa, non necessariamente drammatica ma netta e percepibile. Nel
secondo caso potremmo invece avere una correzione dovuta a prese di profitto,
in particolare in gennaio, quando i venditori potenziali corporate di oggi,
bloccati dall’attesa di aliquote più basse sui capital gain, potranno finalmente
sfruttare il nuovo regime fiscale. Qualcosa di più, dunque, di un normale sell
the news.
Al termine della correzione, che interesserà ovviamente i
titoli e i settori saliti di più in questi due anni, i mercati azionari
potranno riprendere a salire in linea con gli utili senza trarre benefici
ulteriori da sogni e fantasie.
Quello di oggi non è forse il migliore dei mondi possibili
per chi investe ma ci si avvicina. Le banche centrali intendono mantenere i
tassi reali a zero in America e negativi in Europa. Ancora una volta i
possessori di bond ottengono un rinvio del bear market tante volte minacciato. La Fed sarà guidata da un uomo
equilibrato e ragionevole. L’Europa ha un ritardo di quattro anni rispetto al
ciclo americano e ha quindi la possibilità di assorbire abbastanza bene
un’eventuale recessione negli Stati Uniti.
È giusto celebrare questo robusto quadro di fondo, ma non
bisogna dimenticare che la storia non si ferma qui. Nulla vieta che i
repubblicani perdano la maggioranza in Congresso tra 12 mesi. Nulla vieta che,
già all’inizio del 2019, si profili all’orizzonte un’America inquieta pronta a
cambiare di nuovo e a scegliere Sanders o la Warren come futuro presidente. Nulla vieta che i
grandi monopoli della tecnologia vengano attaccati sul piano fiscale e su
quello della legislazione antitrust. Nulla vieta che la Cina inciampi di nuovo, come
capitò due anni fa.
Dopo nove anni di ciclo espansivo e due anni di sottociclo
positivo premiati da una spettacolare rivalutazione degli asset finanziari e
reali non vediamo nulla di male nel portare a casa qualcosa e nel concedersi
una pausa di qualche settimana, pronti magari a rientrare più avanti.
Potrebbe essere diverso per l’Europa? La riforma fiscale
americana, in teoria, è negativa per le imprese europee che vedono i loro
concorrenti d’oltreoceano improvvisamente più profittevoli e competitivi, ma i
mercati non ragionano così. L’arresto del rialzo dell’euro è un fattore di
sollievo che compensa pienamente la modesta perdita di competitività e nulla
vieta che l’Europa abbassi anch’essa, nei prossimi anni, le aliquote per le
imprese.
Per le borse europee, quindi, proponiamo un alleggerimento
modesto, accompagnato da una rotazione parziale e temporanea dall’Italia alla
Germania.
Alessandro Fugnoli
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