In Germania non riescono a formare un governo. La Merkel ancora una volta - la quarta, un record - è arrivata sì prima, ma senza maggioranza assoluta ( era accaduto anche in precedenza : per due volte vi fu la Grosse koalition con i social democratici , una volta si alleò coi liberali) e quindi necessitata a trovare un accordo con altre forze. A questo giro l'SPD si è rifiutata ed è categorica, pare. L'estrema destra è impresentabile, la sinistra radicale idem, restano verdi e liberali (nessuno dei due, da solo, basterebbe) e metterli insieme è complicato anche per una vecchia volpe navigata come la cancelliera.
E infatti finora non ce l'ha fatta e forse non ce la farà. In questo caso si tornerà alle urne.
Non risultano casi di suicidi, assistiti o meno.
E' accaduto in Spagna, ma più di recente, e furono alla fine costretti a fare nuove elezioni (mi sembra che la questione catalana sia molto più grave), mentre non in Olanda dove, prima di riuscire a trovare la quadra di un governo di coalizione, sono passati oltre 6 mesi, ma vivendo lo stesso per 220 giorni ( e anzi riuscendo oggi anche a sfilarci l'importante sede dell'EMA).
Non si legge, da quelle parti dell'Europa, l'idea di riformare la legge elettorale al fine di trovare un trucco per regalare la governabilità anche nei casi in cui le formazioni politiche non riescano ad ottenere la fiducia della maggioranza dei loro cittadini-elettori.
Da noi abbiamo sistemi per cui si vince arrivando primi in elezioni dove vanno a votare un elettore su tre (Ostia, a Roma, di recente), oppure in Sicilia dove il governatore ha il consenso di un siciliano su cinque ( e vedremo se trova una maggioranza nell'assemblea regionale...).
Insomma signori, la democrazia è malata, i partiti non riescono a proporre programmi e idee che catturino la fiducia degli elettori, e sicuramente questo è un problema serio.
Ma pensare di risolverlo attraverso un sistema per il quale chi arriva primo, qualunque seguito abbia, poi governa è una soluzione peggiore del male.
Un po' distruggere il termometro per non vedere la febbre alta.
Giovanni de Bortoli analizza la situazione tedesca, anche paragonandola a quella italiana, e critica gli italici lieti delle difficoltà teutoniche, secondo il vezzo proprio dei somari contenti quando vedono i primi della classe prendere un brutto voto.
Ricorda, altresì, l'ex direttore del Corsera, di come Draghi, nel salvare il nostro paese da Francoforte, abbia avuto l'importante supporto della Merkel, che avrebbe tenuto a bada i falchi del suo paese, e fa capire come un domani, in un'Europa che non vedesse più questa coppia in sella ai rispettivi destrieri (BCE e Germania) , per l'Italia non sarebbe affatto facile.
Per Draghi, sono certo che abbia ragione (e il 2019 si avvicina...), per la Merkel non sono sicuro, ma probabilmente sì.
Buona Lettura
Elezioni e alleanze, i dolori dei tedeschi (e i nostri)
Una crisi politica più grave renderebbe la temuta e
invidiata Germania più simile all’Italia, ma con ci aiuterebbe affatto
di Ferruccio de
Bortoli
C’è un sottile e forse anche diffuso compiacimento italiano
per le difficoltà politiche che incontra Angela Merkel nel formare il suo nuovo
governo. Insomma, anche la stabile per antonomasia Germania affronta le
incognite di un quadro politico che dopo le elezioni del 24 settembre non
presenta maggioranze di facile costruzione. E potrebbe sperimentare un
esecutivo di minoranza o formule di governo nelle quali noi italiani abbiamo
una certa dimestichezza. Oppure essere costretta a nuove elezioni come è
capitato recentemente alla Spagna. Forse il fatto che non esista un vocabolo
italiano, a differenza di quello che avviene nella lingua tedesca, per
esprimere la soddisfazione per le disavventure altrui, può aiutarci a guardare
alla crisi politica di Berlino con il solo metro degli interessi europei, e
dunque italiani.
La composizione di un governo, cosiddetto «Giamaica» dai
colori delle diverse formazioni, è ostacolata dalla profonda diversità dei
programmi. E solo Angela Merkel, che è al potere da 12 anni, e applica un
metodo pazientemente scientifico e ostinatamente pragmatico alla sua azione
politica, può comporre posizioni così lontane e contrapposte. Quelle, per
esempio, tra Verdi e liberali sulle questioni ecologiche. Ma soprattutto sul
tema dell’accoglienza agli immigrati che vede la cancelliera criticata anche
all’interno del suo stesso partito e, con una certa virulenza, anche dagli
alleati storici della Csu.
Colleghi e partner che vedono erodersi il consenso popolare
in favore della destra della AfD che alle ultime elezioni ha ottenuto quasi il
13 per cento. I socialdemocratici si sono ancora una volta detti contrari alla
riedizione di una grande coalizione. Se si dovesse andare a nuove elezioni è
probabile che il peso specifico di una formazione di destra, nazionalista, come
AfD, sarebbe destinato a crescere. Così come potrebbe avere nuove conferme il
ritorno dei liberali di Lindner, che reclamano la guida del ministero
dell’Economia e, per le loro posizioni di rigore finanziario, contrarie alle
ragioni dei Paesi del Mediterraneo, fanno rimpiangere il «falco» Schäuble.
Insomma, all’Europa, ma soprattutto all’Italia, conviene sperare che la Merkel riesca a trovare la
formula chimica del nuovo esecutivo tedesco. Una crisi politica più grave
renderebbe la temuta e invidiata Germania più simile all’Italia, ma con ci
aiuterebbe affatto. Più simile poi solo in apparenza vista la qualità della
classe dirigente politica e il diffuso senso di responsabilità nazionale che
rendono del tutto ininfluente la mancanza di un governo anche dopo mesi dalle
elezioni. Non c’è fretta di averlo. Del resto le forze politiche olandesi ci
hanno messo oltre 220 giorni dal voto per trovare un accordo.
Non va dimenticato che senza l’appoggio di Angela Merkel, il
presidente della Bce Mario Draghi non sarebbe riuscito ad attuare la politica
monetaria (con la Bundesbank
contraria) che ci ha consentito di avviare la ripresa alleggerendo il peso del
debito pubblico. Ce ne siamo un po’ dimenticati, ma la colpa è solo nostra.
Infatti, quel poco di riduzione di spesa pubblica che abbiamo realizzato — in
anni generosi più di bonus che di riforme vere e di struttura — lo dobbiamo
all’ombrello monetario della Bce. È diminuita solo la spesa per gli interessi
sul debito. Anche il centrodestra italiano dovrebbe sperare nel successo della
Merkel, che ha riaccolto Berlusconi nel Partito popolare europeo superando
antiche e profonde fratture, anche grazie ai buoni uffici del presidente del
Parlamento di Strasburgo Antonio Tajani. La rilegittimazione europea di
Berlusconi si è completata con la difesa del ruolo di Draghi, indicato per anni
dalla propaganda di Forza Italia (Brunetta è stato avvisato?) come uno dei
protagonisti, insieme ovviamente alla Merkel e agli altri poteri europei, di un
fantomatico complotto contro il governo in carica nella drammatica estate del
2011. E anche qui vi è stata una curiosa rimozione delle cause storiche di
quella crisi. Una rilettura del tutto interessata. Come se il governo
Berlusconi dell’epoca non avesse alcuna colpa sul deterioramento dei conti
pubblici e sulla crescita del famigerato spread, oltre che per la perdita della
maggioranza in Parlamento.
Le difficoltà della Merkel pongono anche più di un interrogativo sulla
capacità dell’asse franco-tedesco di trattare una riforma credibile della
governance europea, a maggior ragione dopo il confuso e preterintenzionale
addio britannico. Forse il rischio politico italiano, ovvero che non vi sia una
maggioranza di governo dopo le prossime elezioni — e di cui si occupano con
toni persino troppo preoccupati i report delle principali banche d’affari internazionali
— è largamente sovrastimato. Anche e soprattutto alla luce delle difficoltà
tedesche. Alcuni osservatori più attenti, leggendo i programmi dei vari
schieramenti e i possibili effetti sulla spesa pubblica e sulla tenuta dei
conti di alcune idee forti (reddito di cittadinanza, flat tax, moneta
parallela, pensioni) non sono così allarmati dal fatto che alla fine non vinca
nessuno. Poi gli italiani hanno una certa creatività nell’inventarsi formule
politiche che oggi ad Angela Merkel farebbero assai comodo
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