Mattia Feltri saluta il 2018 a modo suo, dissertando ad ampio raggio, passando da Putin a Berlusconi (e il prossimo discutibile film di Sorrentino) , passando per Macron e la Merkel, il centenario del 1968, Sanremo presentato dal 70enne Baglioni....
Si può condividere tutto, in parte, nulla. Io su Putin, il Cav e qualche altra cosa sono d'accordo, altre meno o resto più indifferente.
Ma quello che invece mi è piaciuto molto è il messaggio immaginario dell'anno 2018 a noi tutti.
Lo propongo e lo faccio mio, insieme agli auguri ai cari amici del Camerlengo.
Che cosa il 2018 si
aspetta da noi
«Buongiorno, sono il 2018. Ringrazio La Stampa dell’opportunità che
mi concede: siccome tutti voi state dicendo che vi aspettate dal 2018, sono
molto felice di dire che cosa mi aspetto io da voi. Innanzitutto - un’inezia,
ma mi sta molto a cuore - mi piacerebbe tanto se evitaste almeno a me, cosa che
non avete fatto con qualche migliaio di anni precedenti, l’espressione “ma è
possibile che nel 2018 capitino ancora di queste cose?”. Non capisco che mai
dovrebbe succedere durante il mio tempo perché finiscano violenze, ruberie e
sciagure varie. Che poi non è colpa mia, è colpa vostra.
Io farò il mio dovere:
avrete tutti i giorni e tutti mesi che vi spettano, non uno di meno. E non uno
di più. Ecco è questo il punto, questo mi aspetto da voi: che continuiate a
parlare di diritti ma ricominciate a parlare di doveri, perché la libertà senza
responsabilità non è democrazia, è dispotismo. Dunque, voi vi augurate un buon
2018. Io buono lo sarò. Anche voi, spero».
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