venerdì 7 marzo 2014

IL NUMERO CHIUSO DALLE UNIVERSITA' AI TRIBUNALI. I GIUDICI AMMETTONO CHE L'OBBLIGATORIETA' E' UN MITO IRREALIZZABILE


Partiamo dalla coda, e cioè dalla dichiarazione del Procuratore Capo di Roma, dr. Pignatone, con la quale Giovanni Biancone chiude il suo articolo : " Tenendo fermo il principio dell’obbligatorietà dell’azione penale cerchiamo di razionalizzarne i tempi di esercizio, attraverso scelte chiare e rispondenti ai limiti oggettivi fissati dal tribunale».
Ebbé, tutti ormai si sono imparati a parlare in politichese, e quindi, per esempio, a recitare senza imbarazzo una dichiarazione di principio in palese contraddizione con TUTTO il resto del discorso e soprattutto dei FATTI.
Nel momento in cui  si stabiliscono quali reati perseguire e quali no, mettendoli in un limbo dove sono destinati a morire, in concreto non viene disatteso il principio dell'obbligatorietà ?
"Non abbiamo abbastanza personale" è la giustificazione (vecchia). Forse gli italiani sono diventati più delinquenti, magari gli danno una mano gli stranieri,e/o forse è il panpenalismo, virus che ha infettato tanta, troppa gente, che per ogni cosa prende e corre a fare una denuncia. Una parola di troppo, uno spintone, liti condominiali, non parliamo delle guerre tra ex coniugi, specie per i figli, dove si collezionano e scambiano querele come fossero figurine. A questo aggiungiamoci la crisi economica, e quindi l'aumento dei reati economici come gli omessi versamenti fiscali e previdenziali, l'evasione fiscale, giù giù fino al semplice taccheggio, con giudici che poi, con buon senso, anche se non so quanto legittimamente, assolvono, per "impossibilità" della condotta dovuta, gli imprenditori e gli artigiani che non riescono a pagare tasse e contributi (il che ovviamente non cancella il debito, ma il reato sì).
Poi c'è la rincorsa della paura della gente, e quindi via a nuove pittoresche figure, come il feminicidio ( nei paesi cd. civili, per antonomasia quelli scandinavi, dove si è scoperto - vedi http://ultimocamerlengo.blogspot.com/2014/03/in-europa-una-donna-su-tre-subisce.html - che le violenze contro le donne sono assai più numerose che in Italia, non si ricorre a leggi speciali, "di genere", continuando ad affidarsi a quelle "classiche", che trattano uomini e donne allo stesso modo, che se uccidi un maschio non è meno grave, di per sé) o, prossimamente sugli schermi, l'"omicidio stradale" (ohi, gli slogan Renzino li sa TUTTI, magari nel merito poi zoppica, ma le parole d'ordine le conosce a memoria). 
Sia come non sia, i giudici non ce la fanno a celebrare tutti questi processi, e a Roma hanno deciso che oltre 12.000 l'anno non si può andare. A questo punto non è che si può trattare alla stessa stregua un furto al banco del supermercato e una rapina, per cui il primo se ne va nel limbo - con sicura prescrizione - mentre l'altro si cercherà di perseguirlo. 
Mi sembra evidente che sia giusto, data la situazione, procedere in questo modo, con una sola , maa enorme, obiezione : NON SONO I GIUDICI A DOVER STABILIRE I CRITERI DI SICUREZZA SOCIALE DA PREFERIRE MA I GOVERNANTI !!!
Come si fa a non capirlo ? Sono i politici, quelli che vengono eletti, e che poi assumono responsabilità di governo, che devono andare in tv e dire agli italiani : cari concittadini, quest'anno sarà data priorità ( in realtà dovrebbero dire "saranno perseguiti solo..." ) ai reati X, Y e Z. Per gli altri, quando ( e se, sempre se si fosse sinceri) ci sarà tempo". Verranno date le motivazioni delle scelte fatte e il cittadino valuterà :  se approverà rivoterà il governante, altrimenti no. Un giudice NON può fare legislazione giudiziaria,   non può essere lui a prendere queste decisioni. Poi certo, può, come sempre, dare il suo contributo di informazioni e pareri - i giudici riempiono le commissioni legislative, anzi più spesso le presiedono, dandogli il nome - ma non oltre questo.
Di fatto, come è ricordato nell'articolo, ma è cosa risaputa dagli operatori di questo teatro, da tempo l'obbligatorietà dell'azione penale è una barzelletta, che gli uffici giudiziari territoriali più organizzati da quel dì si sono attrezzati nel modo che oggi a Roma viene esplicitato. Quello di Torino è stato il più bravo e anche il più coraggioso, che non lo ha solo fatto - perseguo questi e non quelli - ma anche detto pubblicamente. Gli hanno detto bravo, per l'efficienza, ma nessuno che abbia obiettato : 1) allo stato, questa selezione non è legittima, che il principio di obbligatorietà lo vieta 2) non siete voi a doverla fare, bensì chi governa.
Quindi ben venga l'adesione al principio di realtà, e quindi alla drastica depenalizzazione, alla sostituzione delle sanzioni penali con quelle pecuniarie-amministrative, fino all'abolizione dell'anacronistico e inattuabile principio di "obbligatorietà", riaffermando però le corrette competenze e la divisione dei poteri. 
I Giudici facciano i giudici, non i legislatori, e nemmeno i governanti.





Processi a numero chiuso a Roma Non più di 12 mila casi all’anno
Scelta della Procura per mancanza di personale: decise le priorità

ROMA — Processi a numero chiuso per mancanza di personale. È ciò che avviene nel palazzo di giustizia della capitale, dove la cronica carenza di assistenti, segretari e altre categorie di ausiliari ha prodotto una grande quantità di procedimenti penali per i quali non si riesce a fissare nemmeno la data d’inizio. Numeri destinati ad aumentare, perché le richieste di giudizio da parte della Procura superano di gran lunga la capacità di smaltimento del tribunale. Se infatti i pubblici ministeri definiscono tra i 18.000 e i 20.000 processi l’anno, i giudici sono in grado di celebrarne non più di 12.000. Dunque ogni dodici mesi ne restano fuori almeno 6.000 per i quali non si sa se e quando si potrà convocare la prima udienza, che andranno ad aggiungersi ai 34.400 accumulati fino al dicembre 2013. E l’Inps ha già preannunciato l’arrivo di circa 36.000 notizie di reato, per il solo 2014, riguardanti omessi pagamenti di contributi.
Da queste cifre è scaturita la decisione del presidente del Tribunale di Roma, approvata dal Consiglio superiore della magistratura, di stabilire criteri di priorità per la trattazione dei processi davanti al giudice monocratico (che tratta reati con pena massima fino a dieci anni di carcere, salvo numerose eccezioni previste dalla legge). La maggior parte delle risorse sono state dedicate a garantire il regolare svolgimento dei processi davanti ai collegi di tre magistrati, che si occupano dei delitti più gravi e preoccupanti, e dunque a soffrire le carenze di organico sono soprattutto le sezioni monocratiche. Alle quali saranno assegnati per il 2014 e ogni anno a seguire, finché la situazione non cambierà, non più di 10.500 procedimenti a citazione diretta. Avendo cura di scegliere, tra questi, quelli per fatti di maggiore allarme sociale. Destinati a rimanere sospesi in attesa di tempi migliori — salvo casi particolari — sono i processi per frodi in commercio, minacce, invasione di terreni o edifici, commercio di prodotti con marchi falsi, danneggiamenti, deturpamenti o imbrattamenti di cose altrui e altri delitti puniti con pene lievi.
A fronte di questa situazione, la Procura guidata da Giuseppe Pignatone ha deciso di adeguarsi, per impedire che tra i 6.000-8.000 procedimenti destinati ogni anno al «limbo giudiziario» (che rischiano di aumentare fino a 10.000-15.000 con la quota dei fascicoli in arrivo dall’Inps e destinati a questa categoria) ce ne siano di rilevanti. Di qui la scelta di inoltrare al giudice non più di 12.000 richieste di fissazione delle udienze, secondo le indicazioni di una circolare firmata dal procuratore che indica i «criteri di priorità» per la loro selezione. Il resto verrà accantonato presso un apposito ufficio chiamato Sdas, Sezione definizione affari seriali, senza procedere alla scansione degli atti a conclusione delle indagini, né alle notifiche degli avvisi alle parti; in attesa che dal tribunale giungano notizie su quando sarà possibile fissare la data dell’udienza. Nel frattempo si cercherà di incrementare il ricorso ai decreti penali (di fatto una multa irrogata dal magistrato, che se accettata dall’imputato chiude il procedimento) con i quali si potrebbe smaltire almeno la metà dei processi lasciati in sospeso e, conseguentemente, a forte rischio prescrizione.
Stiamo parlando di reati «a bassa offensività concreta», come le resistenze e gli oltraggi a pubblici ufficiali, guida senza patente o in stato di ebbrezza, i mancati adempimenti degli obblighi derivanti da misure di prevenzione, fino ai furti sul banco del supermercato o la contraffazione di prodotti venduti al dettaglio. Trasgressioni «minori» che si tramutano in fascicoli che per la statistica equivalgono a procedimenti per rapine o omicidi, ma che nella maggior parte dei casi non hanno nemmeno bisogno di indagini per essere definiti. Il fatto di bloccarli alla Sdas eviterà che vadano ad ingombrare i tavoli dei pubblici ministeri e dei loro ausiliari, garantendo loro più tempo per la trattazione degli affari di maggior peso ed importanza. La selezione allo Sdas per bloccarli anziché mandarli al giudice intasando i calendari delle udienze fino alla saturazione, dovrebbe inoltre impedire che il destino dei fascicoli sia casuale: per esempio che si fissi l’udienza per una banale contravvenzione lasciando fuori un omicidio colposo, una truffa grave o qualche reato ambientale.
La carenza di mezzi determina oggi «l’assoluta casualità nei tempi di concreto esercizio dell’azione penale», spiega il procuratore Pignatone, che s’è richiamato a un provvedimento adottato a Torino nel 2007 ispirato a un «oculato, efficace e realistico esercizio dell’azione penale», avallato dal Csm. Per il capo dei pm romani «l’assenza di un meccanismo regolatore che prenda in considerazione l’effettivo grado di disvalore sociale dei fatti oggetto di procedimento produce effetti non voluti e inaccettabili». Dunque l’introduzione del numero chiuso — fermo restando che le indagini vengono completate in tutti i casi, «anche per valutare eventuali ragioni di urgenza al di là del titolo di reato» — non è una rinuncia ai compiti istituzionali della sua Procura, bensì« un tentativo di mitigare gli effetti patologici provocati dalle condizioni di lavoro, in modo da governare razionalmente la massa enorme degli affari che dobbiamo trattare con le scarse risorse disponibili. Tenendo fermo il principio dell’obbligatorietà dell’azione penale cerchiamo di razionalizzarne i tempi di esercizio, attraverso scelte chiare e rispondenti ai limiti oggettivi fissati dal tribunale».
Giovanni Bianconi

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