giovedì 24 aprile 2014

GALLI DELLA LOGGIA : TRA RAGIONE E MARAMALDISMO


Un'analisi molto dura ma temo in gran parte veritiera quella che Ernesto Galli della Loggia dedica alla "Destra", e alla sostanziale pochezza dei suoi esponenti politici. Una solo obiezione al bravo politologo : non ricordo in passato di aver letto parole così dure con tanto di nome e cognome dei destinatari delle stesse.
E anche la chiosa nei confronti di Berlusconi e dei suoi elettori mi sembra vagamente maramaldesca.
E non mi piace.
Resta il problema di una classe politica divisa in due categorie fondamentali : 1) gente seria, per bene, con idee politiche valide ma poco disponibile - e forse anche non tanto capace - a dedicare tempo, energie, risorse alla diffusione delle stesse, alla creazione del consenso 2) gente senza le qualità sopra dette, e proprio per questo con MOLTO tempo da dedicare al marciapiede politico, con l'obiettvo di farsi gli affari propri.
Naturalmente ci sono le eccezioni, e tra queste annovero per esempio uno come Giacomo Zucco , il portavoce nazionale del Tea Party, giovane - 30 anni - , intelligente, preparato, con radicate convinzioni liberiste liberali (meno), che non disdegna la strada, le manifestazioni, i convegni e così facendo è finito anche in tv, spesso ospite di trasmissioni come Agorà, Virus, ed è stato qualche volta anche a Servizio Pubblico. 
Non è solo :  il Tea Party ha migliaia di aderenti e i simpatizzanti - tra cui chi scrive - sono ancora più numerosi. 
Alcuni di loro hanno anche rifiutato - almeno finora - proposte di candidature nelle tornate elettorali trascorse, preferendo rimanere in un movimento non partitico che presta il proprio endorsement a chi propone programmi coerenti con le idee fondanti del Movimento : meno Stato, meno Tasse, meno Spesa, più libertà individuale e d'impresa. 
Tanto tempo fa scrissi un post che ha avuto successo : Giacomo Zucco, il Matteo Renzi della Destra ? ( http://ultimocamerlengo.blogspot.com/2011/11/giacomo-zuccoil-matteo-renzi-della.html ).
Il giovanotto non ha i natali predestinati del Toscano, il cui papà aveva avuto un suo dignitoso percorso nelle file della DC,  e nemmeno quel po' di benessere familiare che aiuta a dedicarsi a tempo pieno alla politica.
Ecco, coloro che hanno le stesse idee, o molto simili, a quelle di uno come Giacomo, ma non ha voglia e tempo da dedicare ad esse, perché preferisce curare i propri affari e delegare ad altri semmai, dovrebbe provare a incoraggiare e aiutare, economicamente proprio, persone come queste.
E la faremmo finita con i Fiorito ma anche i Bondi e compagnia cantante.



La Diaspora della Destra
 
Penso che a cominciare da Silvio Berlusconi molti, a destra, si vadano chiedendo in queste settimane: «Ma perché non le abbiamo fatte noi le cose che sta facendo il governo Renzi?».
Una domanda quanto mai a proposito, anche se i dubbi sull’efficacia degli annunci di Renzi sono legittimi. Non si è mai vista, infatti, una maggioranza così ampia come quella che ha avuto la Destra, e tuttavia con risultati così miseri. L’eterogeneità di quella Destra, i problemi giudiziari e i conflitti d’interesse dello stesso Berlusconi, o il sordo contrasto dei «poteri forti» hanno certamente contato, ma non sono stati decisivi. Possono costituire un alibi, non una spiegazione.
Questa dunque va cercata altrove. Innanzitutto, io credo, in un ambito per così dire socio-antropologico: il fallimento della Destra al governo ha rispecchiato nella sostanza un limite della società italiana di destra. Un limite dei ceti che ad essa fanno tradizionalmente riferimento, vale a dire una certa borghesia piccola e media culturalmente antiprogressista, una certa classe tecnica e imprenditoriale, le quali non producono autentica vocazione alla politica, non producono personalità politiche. Troppo legata alle proprie occupazioni e professioni, troppo immersa nelle sue attività economiche e commerciali, troppo presa dal proprio privato, la società di destra non dà al Paese uomini o donne che uniscano in sé le due qualità necessarie al politico di rango: da un lato l’ambizione unita a un ideale pubblico e dall’altro, al fine di soddisfare tale ambizione, la capacità/volontà di affrontare i rischi e i fastidi innumerevoli della lotta politica.
Pesa non poco in tutto questo la minorità politica a cui la Destra è stata condannata nella storia repubblicana. Ma insieme pesa anche un forte limite culturale di questo insieme di gruppi sociali. I quali ancora oggi si tengono lontano dalla politica perché troppo spesso non riescono a comprenderne né il senso né il valore. Né quindi sono disposti a pagarne il prezzo per accedervi, a cominciare da quello di sottoporsi al giudizio degli elettori. Il solo vero modo che nel suo intimo il popolo di destra concepisce per impegnarsi con la politica è, nel caso migliore, la cooptazione: essere invitati da chi può, a sedere in Parlamento o ad assumere questo o quell’incarico. Insomma, la politica come riconoscimento di tipo sostanzialmente notabilare, come onorificenza sociale. Con l’ovvio risultato, naturalmente, che così poi non si conta nulla, e anche per ciò non si riesce a combinare nulla. Questo nel caso migliore, come dicevo. In quello peggiore invece la politica è vista solo alla stregua di un’utilità come tante altre: da usare e di cui approfittare per fini personali.
Tutto ciò si è visto bene prima con Forza Italia, poi con le sue reincarnazioni; e si vede tuttora anche con le formazioni di centro. Quasi sempre si direbbe che proprio il personale successo nel loro campo dei vari Monti, Brunetta, Montezemolo, Bombassei, Terzi, Dini, Tremonti, Martino, Urbani e tanti altri professori, manager o imprenditori tratti dalla società civile di destra, li abbia condannati sostanzialmente, sia pure dopo qualche sprazzo di luce, a un ruolo di comprimari o di volenterosi esecutori di disegni altrui.
Restano così al centro della scena gli individui spinti da nessuna motivazione che non sia quella del puro interesse personale e, insieme a questi, i mediocri privi di vero coraggio e di iniziativa politica, senz’alcuna esperienza di leadership , senza idee e senza autentica visione (la falange delle varie Santelli, Comi, Biancofiore, e quindi i La Russa, i Capezzone, gli Schifani, i Toti, e via seguitando).
E poi naturalmente al centro della scena Berlusconi. Berlusconi ha rappresentato fino al parossismo il limite personal-professionale che caratterizza il popolo di destra nel suo rapporto con la politica e nel pensare la politica. Convinto che la cosa essenziale fosse solo agitare il pericolo di un nemico, e grazie a ciò vendere comunque un programma elettorale, Berlusconi non si è curato d’altro. Per lui il governare si è esaurito nel vincere. Ha mostrato di non aver alcun obiettivo vero e concreto per il Paese nel suo complesso, tanto meno la capacità di conseguirlo, considerando tra l’altro irrilevante, nella scelta dei propri collaboratori, la competenza, la capacità realizzatrice, l’onesta: insomma, qualunque cosa non fosse la fedeltà canina alla sua persona. Come capo del governo gli è mancata, negli affari del Paese, la tenacia, la passione del fare, che invece era stato capace di mettere negli affari propri.
È così che oggi capita che molti elettori di destra si accingano a votare per Renzi. E si chiedano un po’ sorpresi come mai. 

2 commenti:

  1. CATERINA SIMON

    Ho riletto con attenzione per due volte l'articolo ma devo dire che non vedo maramalderia. Noto semmai una forte, fortissima irritazione e, dal mio punto di vista, totalmente condivisibile. Forse sottovaluti, non avendogli creduto nel 94 (e il tempo ti ha ampiamente dato ragione) la rabbia di chi invece, come me, aveva creduto nella possibilità, attraverso di lui, della nascita in Italia di una destra moderna, non più quel partito Dio Patria e Famiglia, reazionario, antiprogressista omofobo e retrivo a cui non solo il movimento sociale ma anche la dominante vulgata dell'egemone cultura di sinistra lo aveva costretto; un partito che di certo non mi sarei mai sognata di votare. Che ne ha fatto Berlusconi di questa possibilità? Dopo vent'anni di leadership cio' che resta della destra è peggio di un cumulo di macerie, non ha saputo creare un'élite culturale nè tantomeno politica,pur avendone la possibilità e comprendendone la necessità non ha cambiato in senso liberale la mentalità di un Paese che vede ancora nell'assistenzialismo la migliore soluzione ai suoi problemi, la dirigenza politica della destra è costituita da da un gruppo di cortigiani e cortigiane che passano il tempo ad accoltellarsi a vicenda e a mettere in salvo i propri interessi prima della disfatta totale. Persone come Martino e Biondi, per dirne due, sono stati completamente marginalizzate a favore di mediocrità quali Di Girolamo, Toti o Lorenzin per fermarci alla mera mediocrità. Il risultato di tutto cio' è che la Destra italiana è di nuovo di là da venire, una tabula rasa di pensiero e personalità, tanto che siamo costretti a sperare in Renzi che alla fine rappresenta una sinistra DC seppure riformata e modernizzata e con i molti condivisibili dubbi che tu quasi quotidianamente esprimi su questo blog. Noi invece l'occasione di dare vita ad un pensiero nuovo, innovativo, alternativo alla sinistra, lei si culturalmente conservatrice, quella ce la siamo persi. E di tutto questo una grande, grandissima responsabilità ce l'ha Berlusconi. Percio' sai cosa, Galli della Loggia c'è andato ancora con la mano leggera!

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    1. Cara Caterina
      scrivi molte cose giuste - come di solito - e ricordi una cosa verissima che altri invece dimenticano : io non ho mai votato il Cavaliere se non in una occasione, nel 2008. DOpo il governo dell' "Unione" di Prodi avrei votato anche Assad !!!
      Quindi non sconto, come te, la classica e umanissima "rabbia" di chi è stato deluso, tradito. Francamente, ho sempre pensato che, nella migliore delle ipotesi, Berlusconi, entrato in poltiica per difendere la propria famiglia, le proprie aziende, i propri interessi, potesse fare qualcosa di buono in senso anti statalista. In realtà ha preso l'eredità del pentapartito, che ancora nel 1992, nonostante la brutta aria di tangentopoli, che non aveva però prodotto i suoi effetti distruttivi nei confronti di Tutti i partiti della prima repubblica, tranne gli eredi del Pci (.........), avevano conquistato la maggioranza in Parlamento, con il PDS al minimo storico del 16% e qualcosa !
      E del resto, gente come Cicchitto, Schifani, Tremonti che hanno e che avevano di liberale ? O Fini e i suoi colonnelli. I vari Urbani, Martino e Biondi erano in realtà minoranza. Perché minoranza noi liberali siamo nel paese mia bella amica. Se è vero che i comunisti e i loro successori della sinistra più statalista e sindacalista sono chiara minoranza nel paese, noi liberali sono tristemente convinto lo siamo ancora di più. In compenso anche noi ci dividiamo in tante sigle che consentano una miriade di distinguo...No, in Italia la maggioranza è "moderata", vale a dire persone non ideologizzate, non appartenenti ad una idea identitaria, che rifuggono gli estremismi, di ogni genere. Per cui no all'economia di Stato ma nemmeno al liberismo. No ad uno stato etico, ce ci dica come vivere, ma sì ad uno stato protettore. No alle tasse ma sì ai servizi gratuiti.
      La DC, e poi anche il PSI, furono bravissimi a dare casa a questo elettorato. Ora ci prova Renzi, partendo dalla parte opposta. ll bello è che chi poi riesce a conquistare la maggior parte di questo elettorato che è stabile al CENTRO, poi cerca di utilizzare quei voti per i PROPRI fini, pagando lmmancabilmente lo scotto alle elezioni successive. Nell'Italia dell' "alternanza", nessuna coalizione ha vinto due tornate elettorali di seguito...
      Tutto questo per dire che no, nemmeno nel 1994 mi ero illuso, e se speravo meglio, non sono rimasto basito di fronte ad uno che alla fine il potere l'ha gestito per tirare a campare, come dagli anni 70 in poi ho perlo più visto accadere.
      Quello che critico dell'articolo di Galli della Loggia Caterina sono i toni, che l'uomo avrebbe ben potuto utilizzare già dal 2006, che dopo 10 anni, e il quinquennio governativo, erano già evidenti le cose che scrive oggi, trascorsi altri 8 anni.
      Non che Galli della Loggia sia iscrivibile ai peones berlusconiani, per carità. Però nel criticare aveva sempre conservato un certo aplomb, come del resto altri, tipo Panebianco.
      Ecco, quest'ultimo l'ha conservato.
      Io lo preferisco.

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