Renzino è un vulcano, pensa continuamente idee nuove. Quante di queste poi siano realizzabili e in effetti realizzate, effettivamente è un altro discorso. Io ancora non ho capito, e lo dico sinceramente, non con sarcasmo, se ci fa o c'è. Mi spiego meglio. Le cose le dice per propaganda o perché ci crede ? Nel primo caso è ovvio che la fattibilità delle stesse non è un problema. Nel secondo invece sì.
Sui nuovi ammortizzatori, parla di una spesa di un miliardo e mezzo di euro. D'Alema lo irride dicendo che a quella cifra va aggiunto almeno uno zero.., e chiosa perfido "se le cose non le sai, SALLE !" (non ha detto così, ma il concetto era questo).
Gli 80 euro, abbiamo visto che non hanno prodotto, al momento ( sono passati cinque mesi), l'effetto sperato di ripresa dei consumi : gli italiani che li hanno avuti (beati loro), li hanno messi da parte, temendo gli debbano servire per le tasse, tipo la nuova TASI. Oggi Renzi dice che la sua era stata un'azione di giustizia sociale, ma è una rivisitazione ex post.
Adesso torna alla carica : se 80 euro non sono bastati a farvi spendere, io ve ne dò 180 ! Bè, in effetti ..ma in che modo ? Vi anticipo il TFR.
Personalmente l'idea in sé mi va bene, come principio. Il risparmio forzoso, che questo è l'accantonamento della liquidazione spettante ai lavoratori, non è una cosa che, da liberale, mi può piacere. Coi miei soldi ci faccio quello che mi pare. Ma la realtà non è così semplice, come bene spiegano Fracaro e Saldutti nell'editoriale di oggi del Corsera.
Senza contare, come pure ricordava Dario Di Vico ieri, in altro articolo, che finora delle partite IVA e degli autonomi, Renzino si è occupato assai poco (per niente è troppo ? ).
Oddio, ci sta che uno prima pensi al suo popolo (leggi : elettori e clienti) e poi, avanzando tempo e risorse (???), agli altri.
E quindi ci sta che un leader della sinistra pensi prima ai lavoratori dipendenti, meglio se pubblici.
Però noialtri liberali sarà il caso che ci si faccia caso a questa cosetta...
Tre buchi aperti
dal tfr in busta
di Massimo Fracaro e Nicola Saldutti
La liquidazione, per chi ancora ce l’ha, rappresenta da sempre per i lavoratori una retribuzione differita. Una sorta di polizza sul futuro da usare per comprare una casa per le vacanze, far studiare i figli, aiutarli a mettersi in proprio. Il governo, alle prese con la necessità di rilanciare la crescita, sta studiando la possibilità di anticipare l’utilizzo di questo risparmio e, dal primo gennaio 2015, restituirlo direttamente in busta paga (si parla al 50%, forse in via transitoria e per scelta volontaria).
Un cambiamento epocale, con l’obiettivo di rimettere in moto la macchina inceppata dei consumi. Una finalità senza dubbio condivisibile che però suscita alcuni dubbi, da dissolvere in fretta. La coperta del Tfr (Trattamento di fine rapporto o liquidazione) non può, infatti, bastare a servire due padroni: i consumi e i risparmi degli italiani. Addirittura tre se si considera che, in base alla legislazione attuale, il Tfr è considerato il principale strumento di finanziamento della previdenza integrativa. Pochi l’hanno utilizzato a questo scopo. Se il fine è quello di mettere più soldi in busta paga, la strada maestra resta quella di ridurre le tasse.
Il premier Matteo Renzi ha già chiarito che la riforma potrà partire solo dopo la firma di un protocollo tra l’Associazione bancaria (Abi), la Confindustria e il governo. Un accordo che dovrebbe garantire alle piccole imprese i finanziamenti necessari a coprire l’esborso. E qui si cominciano a delineare i primi ostacoli. Gli accantonamenti annuali per il Tfr ammontano a 25 miliardi, secondo i calcoli di Alberto Brambilla, l’autore della norma sul trasferimento del Tfr nei fondi pensione. Di questi, 5,2 confluiscono nella previdenza complementare, 6 vengono versati dalle imprese con più di 50 dipendenti all’Inps e ben 14 sono finanziamenti per le piccole imprese. Con quel Tfr si costruiscono capannoni, si fa ricerca. Mettendo il Tfr in busta paga si aprirebbero, senza interventi compensativi, tre buchi: all’Inps verrebbero a mancare tre miliardi l’anno, i fondi pensione potrebbero contare su meno risorse e la previdenza integrativa continuerebbe ad avere vita stentata. E le aziende, all’improvviso, si vedrebbero private di una fonte di credito decisiva, proprio mentre la politica dei prestiti non è delle più agevoli. L’allarme dei piccoli c’è già, bisogna ascoltarli. Da chiarire anche quale sarà il trattamento fiscale di queste somme ricevute in anticipo. Dovrà essere analogo a quello attuale; la liquidazione non può fare cumulo con gli altri redditi, altrimenti l’unico a guadagnarci sarebbe il Fisco. Con buona pace dei consumi.
Nessun commento:
Posta un commento