domenica 15 febbraio 2015

1945 - 2015 : 70 ANNI DI PAX EUROPEA. MA SEMPRE NON E' PER SEMPRE.

 

L'imbelle Europa si sta accorgendo che "sempre non è per sempre", e la lunga oasi di pace in cui sostanzialmente è vissuta dal 1945 ( sono esattamente 70 anni) inizia a precarizzarsi. L' ombrello degli Stati Uniti, denominato Nato, sotto il quale anche Berlinguer alla fine si sentiva più sicuro, è vecchio e logoro ed è assai dubbio che continuerà ad esercitare il suo ruolo di deterrenza, specie nel sud dove sulle coste europee si sta affacciando la minaccia islamica. 
L'Isis potrebbe prendersi anche la Libia, dopo parte della Siria e dell'Iraq, e da quelle coste, la Sicilia è ad uno sputo, siamo raggiungibili da missili nemmeno eccessivamente all'avanguardia. 
Questo preoccupa giustamente noi italiani, meno il resto dei paesi europei, il che la dice lunga sullo stato dell'Unione Politica.
Il professor Panebianco scrive un editoriale allarmato e molto critico su come l'Europa e i vari leader, anche la celebrata Merkel di questi giorni, affrontano le situazioni di crisi sul tavolo : Ucraina, Libia e Grecia. 
Su quest'ultima poi è durissimo, esortando i vertici della UE di prendere seriamente in considerazione di mollare i Greci piuttosto che subire ricatti e veti. 
Chissà cosa ne pensa l'imbelle Sergio Romano, che scrive cose opposte sullo stesso quotidiano, il Corsera ?



Mai stati così insicuri
di Angelo Panebianco
 

Puoi cercare quanto vuoi di evitarla ma prima o poi la politica ti troverà. E se non sarai pronto ad afferrarla ti travolgerà. È stata felice e fortunata la lunga epoca in cui l’Europa poteva evitare di occuparsi del principale aspetto della politica: il suo rapporto con la sicurezza (che poi riguarda, al dunque, la sopravvivenza fisica delle persone). Della politica in questo senso se ne occupavano altri: le due superpotenze durante la Guerra fredda e, per qualche lustro, nell’era unipolare, i soli Stati Uniti. Ora non è più così, ma gli europei sembrano ormai incapaci di pensare seriamente alla sicurezza.
Ucraina, Grecia, Libia: tre diverse crisi che hanno a che fare tutte (anche quella greca) con la sicurezza e rispetto alle quali gli affanni dell’Europa sono fino ad ora apparsi evidenti.
I complimenti di tanti ad Angela Merkel per il piglio con cui ha condotto le trattative con Putin sono stati prematuri. Dallo Zar di tutte le Russie la Merkel ha ottenuto poco, solo una tregua resa fragile e precaria dal fatto che le posizioni delle parti sono tuttora antitetiche, non c’è stato, almeno fino ad oggi, neppure lo straccio di un compromesso. Putin non sembra avere rinunciato alla volontà di creare un corridoio che colleghi direttamente la Russia alla Crimea passando per i territori controllati dai filorussi. E dunque a che cosa mai si brinda quando si brinda?
Registriamo invece quanto sia stata debole, fin dall’inizio, la posizione negoziale dei franco-tedeschi.
Escludere a priori l’invio di armi a Kiev prima dei negoziati non ha giovato a tale posizione negoziale. Né hanno giovato altre dichiarazioni più o meno improvvide. Per esempio, l’affermazione della Merkel secondo cui la Russia è un «vicino di casa» e in quanto tale bisogna per forza accordarsi con essa, è sembrata, più che altro, una voce dal sen fuggita, di una persona cresciuta nella Ddr (la Germania comunista) e segnata psicologicamente da quell’esperienza. Che la Russia sia un vicino, infatti, è un’ovvietà geografica che nulla però dice su ciò che dovremmo fare. Anche l’Unione Sovietica, infatti, era un «vicino di casa» ma non per questo entrammo nel Patto di Varsavia. Entrammo invece nella Nato, l’organizzazione che era nemica mortale del suddetto vicino. Sfortunatamente, dire, prima del negoziato, che la Russia è un vicino di casa con cui dobbiamo accordarci, è una dichiarazione preventiva di resa: fai ciò che vuoi, noi poi accetteremo il fatto compiuto (come è già accaduto con la Crimea).
Anche la negoziazione sul debito greco, contrariamente alle apparenze, ha molto a che fare con la sicurezza. Chi dice che bisogna usare criteri «politici» nel trattare con i greci dice il vero anche se intende qualcosa di diverso da ciò che qui si intende. In realtà, bisognerebbe mettere in gioco criteri geopolitici: la Grecia è politicamente un sodale della Russia e questa circostanza dovrebbe entrare a pieno titolo nelle valutazioni di chi tratta con i suoi governanti. Come gli uomini di Syriza hanno precisato subito, essi sono pronti a porre il veto se altre sanzioni contro la Russia venissero decise dall’Unione nel caso di un ulteriore aggravamento della crisi ucraina. Per non dire che hanno anche chiarito che voterebbero contro, facendo andare a picco l’accordo, se mai dovesse fare progressi il trattato Ttip ( Transatlantic trade and investment partnership ), per il libero commercio fra Stati Uniti ed Europa.
Ci sono ottime ragioni — a sentire le autorità di Bruxelles e anche diversi economisti — per trovare un compromesso e «tenere dentro» i greci. E se esistessero anche ottime ragioni per buttarli fuori (non solo dall’Euroclub ma anche dall’Unione)? Forse è meglio che la Grecia diventi apertamente un alleato della Russia (che, peraltro, al momento, avrebbe qualche difficoltà a soccorrerla, essendo essa stessa economicamente stremata) piuttosto che permetterle di giocare impunemente il ruolo di quinta colonna in seno all’Unione. Se fossero capaci di pensare politicamente, gli europei dovrebbero porsi questi interrogativi nelle sedi appropriate. Non c’è solo il fatto che se ad Atene viene concesso ciò che non è stato concesso a nessun altro, si prepara la fine certa dell’euro (nessuno si farà mai più imporre niente). Ci sono anche alcune robuste ragioni geopolitiche.
E veniamo al caso che, drammaticamente, ci riguarda più da vicino, la Libia. Va dato atto a Matteo Renzi di avere sollevato il tema per tempo, e con la consueta energia, nelle sedi europee e in altre. Fino ad oggi, però, a quanto sembra, senza grandi risultati, soprattutto a causa del disinteresse americano e dell’impoliticità dell’Europa. Adesso, le conquiste dello Stato islamico hanno reso il quadro ancora più cupo. Come dimostrano anche le minacce provenienti dal Califfato contro il ministro Gentiloni, il «crociato» reo di avere ribadito la disponibilità dell’Italia a guidare una missione militare internazionale per riportare la pace in territorio libico. Mentre l’Onu prende tempo e l’Europa, fino ad oggi inerte anche sulla vicenda libica, lascia intendere che l’Unione politica forse non esisterà mai, ci conviene restare realisticamente abbarbicati al poco che abbiamo e a ciò che siamo. Dovremmo, ad esempio, domandarci se riusciremmo a intercettare e a neutralizzare un eventuale missile proveniente dalla Libia. Dovremmo chiedere al ministro competente e ai vertici delle forze armate di spiegare agli italiani quali siano, al momento, le nostre possibilità di difesa .

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