Leggendo la drammatica notizia del pensionato che si era suicidato per aver perso i suoi risparmi investiti in obbligazioni della Banca Etruria, ho provato una sensazione di dubbio, di pena non solidale. Ho letto anche l'intervista alla moglie, naturalmente addolorata ed arrabbiata, e però nemmeno quella mi convinceva. O meglio, non completamente. Mi è quindi capitato in mano il commento, su La Stampa, di Francesco Manacorda nel quale ho trovato esplicitate le ragioni della mia perplessità.
Non si tratta di stare da parte della banche - come si potrebbe mai ? in Italia poi...- e certo non convincono le dichiarazioni paludate di Patuelli, presidente dell'ABI, che chiosa : "chi si sente defraudato vada dai carabinieri". Una domanda, incidentale, a Patuelli : cosa sta facendo il suo istituto, nonostante le sempre più frequenti sentenze di condanna dei suoi associati per la violazione delle normative anti usura e anti anatocismo, per far sì che le varie banche si mettano finalmente in regola con la legge invece di giovarsi, finché possono, approfittando dei tempi lunghi e costosi dei processi, della loro posizione dominante ?
Ricordato quindi che non si tratta di parteggiare per gli istituti di credito, il problema si sposta sulla responsabilità individuale.
Il povero signor Luigi aveva investito ben 110.000 euro (forse di più) nelle obbligazioni subordinate della banca Etruria, e li aveva persi. Vengono messi sotto accusa il governo, che in un piano di salvataggio, poi bocciato dall'Unione Europea - come aiuto di stato - non aveva comunque contemplato questo tipo di risparmiatori e naturalmente gli organi comunitari.
Chi legge il Camerlengo sa quanta simpatia io abbia per questo esecutivo e per i burocrati di Bruxelles. Però per quel poco di finanza che conosco, so che le obbligazioni delle banche vengono vendute a fronte di tassi di interesse assai più favorevoli di un Bot e/o di altre obbligazioni. Siccome nessuno fa nulla gratis, tantomeno le banche, non c'è bisogno di essere dei maghi di Wall Street per immaginare che quei titoli comportino rischi di perdita maggiori. Questo, a mio avviso, anche per un semplice pensionato anziano. Dopodiché ci sta, e si sa che avviene, che direttori e responsabili del trading finanziario delle varie agenzie cerchino di irretire i clienti per favorire l'acquisto della propria merce, e questo sicuramente è un male, proibito dalla legge.
A volte avvengono dei veri e propri ricatti mascherati, con funzionari che fanno capire come concessione di fidi e prestiti sarebbe "favorita" dall'acquisto di titoli della banca.
Insomma, può darsi che il pensionato di Civitavecchia sia stato raggirato, convinto in modi non ortodossi a sottoscrivere quei titoli, ma anche no. E questo vizietto, diffuso a tutti i livelli sociali, di provare a guadagnare di più pretendendo, quando va male, l'aiuto di Pantalone non mi convince. E il fatto che ai "potenti" questa cosa riesca troppo spesso potrà essere motivo di maggiore biasimo, non di pretesa di estensione del privilegio.
Ultima cosa. Perché suicidarsi ? D'accordo, quel gruzzolo consistente rappresentava una qual certa sicurezza, ma il signor Luigi una pensione continuava ad averla, aveva quasi 70 anni, non proprio una vita davanti. Perché una reazione così drastica ?
Ricordo un libro di psicologia che definiva così il suicidio : la soluzione definitiva di un problema provvisorio. Pensateci, quasi sempre è così.
Sul Bianco in ciabatte
FRANCESCO MANACORDA
Se domattina uno qualsiasi di noi si avventurasse in costume e infradito sul Monte Bianco non potrebbe certo sperare in un salvataggio rapido e garantito. Perché allora alcuni investitori che hanno sottoscritto obbligazioni subordinate di quattro piccole banche dell’Italia centrale salvate dal fallimento dovrebbero avere un trattamento privilegiato?
Perché dovrebbero usufruire di quella che il ministro dell’Economia Pier Carlo Padoan ha chiamato «un’operazione di natura umanitaria»?
Chi ha messo i soldi nelle obbligazioni subordinate (si chiamano così proprio perché il loro rimborso è subordinato al rimborso di altre categorie di creditori) lo ha fatto in cerca di rendimenti migliori di quello che potevano garantire obbligazioni più sicure o semplici titoli di Stato. Una scelta legittima, a patto che ad essa si accompagni anche la chiara percezione del fatto che rendimenti maggiori corrispondono - senza eccezioni - rischi più alti di perdere parte o totalità del proprio capitale. Se la scelta è stata fatta con questa coscienza non c’è alcun intervento umanitario da fare; se invece la scelta è avvenuta per scarse o - peggio ancora - false informazioni da parte delle banche, allora siamo di fronte a un’ipotesi di reato. Anche perché, in base alle leggi, proprio le banche devono controllare se l’alpinista è abbastanza vestito. Fuor di metafora, devono valutare il grado di esperienza e conoscenza dell’investitore e in base a quello consentirgli solo gli investimenti a lui adatti.
La tragica notizia di un pensionato di Civitavecchia che si sarebbe suicidato proprio per una perdita di centomila euro in obbligazioni subordinate di Banca Etruria sembrerebbe confermare che siamo di fronte a una sorta di darwinismo economico: chi se la cava di fronte al linguaggio spesso cifrato dei contratti bancari sopravvive; chi resta in trappola, magari per mancanza di cultura finanziaria, soccombe.
Ma muoversi sull’onda di questa emozione sarebbe un errore.
I cittadini vanno considerati come adulti responsabili, che eventualmente vanno tutelati prima degli incidenti di percorso attraverso regole uguali per tutti; non poveri incapaci da soccorrere dopo gli incidenti, con soluzioni inevitabilmente discrezionali e destinate a creare nuove discriminazioni. Se venissero rimborsati in parte gli obbligazionisti delle quattro banche affondate - i primi che hanno provato sulla loro pelle le nuove regole sui salvataggi bancari, che sia a livello europeo sia a livello italiano sono state approvate in molti casi dagli stessi politici che oggi gridano allo scandalo - perché non dovrebbero essere aiutati altri investitori in difficoltà? E poi il paternalismo governativo rischia di alimentare i peggiori sospetti: ci sarebbe stata tanta solerzia di dichiarazioni ministeriali se invece degli obbligazionisti di banche marchigiane e aretine - zone ad alta concentrazione di elettori Pd - lo scivolone finanziario avesse colpito ad esempio i leghisti veneti coinvolti in un qualche tragicomico esperimento bancario modello Credieuronord?
Se gli investitori hanno le loro responsabilità, questo non vuol dire però che le banche ne siano esenti. Se è vero che la maggior parte degli istituti stanno attenti a non piazzare ai loro correntisti prodotti anche potenzialmente tossici, è anche vero che chiunque abbia un amico o parente bancario sa che le reti di vendita sono spesso sottoposte a una forte pressione per piazzare ogni mese una certa quantità o un certo tipo di prodotti finanziari. Evitare possibili conflitti d’interesse rischia di essere difficile, specie per prodotti più complessi come sono appunto le obbligazioni subordinate. Per questo ieri la Banca d’Italia ha proposto che questo tipo di prodotti non possa più essere venduto ai clienti privati. E per questo bisognerebbe forse pensare che se per alcune banche è così difficile resistere alla sirena del conflitto d’interessi, allora si debbano prendere per tutti misure anche più drastiche, come il divieto di vendere obbligazioni proprie ai correntisti. Se in alta montagna arrivano troppi alpinisti male attrezzati e si moltiplicano gli incidenti o gli addetti ai controlli si danno una regolata o qualcuno penserà che sia meglio chiudere la funivia.
Perché dovrebbero usufruire di quella che il ministro dell’Economia Pier Carlo Padoan ha chiamato «un’operazione di natura umanitaria»?
Chi ha messo i soldi nelle obbligazioni subordinate (si chiamano così proprio perché il loro rimborso è subordinato al rimborso di altre categorie di creditori) lo ha fatto in cerca di rendimenti migliori di quello che potevano garantire obbligazioni più sicure o semplici titoli di Stato. Una scelta legittima, a patto che ad essa si accompagni anche la chiara percezione del fatto che rendimenti maggiori corrispondono - senza eccezioni - rischi più alti di perdere parte o totalità del proprio capitale. Se la scelta è stata fatta con questa coscienza non c’è alcun intervento umanitario da fare; se invece la scelta è avvenuta per scarse o - peggio ancora - false informazioni da parte delle banche, allora siamo di fronte a un’ipotesi di reato. Anche perché, in base alle leggi, proprio le banche devono controllare se l’alpinista è abbastanza vestito. Fuor di metafora, devono valutare il grado di esperienza e conoscenza dell’investitore e in base a quello consentirgli solo gli investimenti a lui adatti.
La tragica notizia di un pensionato di Civitavecchia che si sarebbe suicidato proprio per una perdita di centomila euro in obbligazioni subordinate di Banca Etruria sembrerebbe confermare che siamo di fronte a una sorta di darwinismo economico: chi se la cava di fronte al linguaggio spesso cifrato dei contratti bancari sopravvive; chi resta in trappola, magari per mancanza di cultura finanziaria, soccombe.
Ma muoversi sull’onda di questa emozione sarebbe un errore.
I cittadini vanno considerati come adulti responsabili, che eventualmente vanno tutelati prima degli incidenti di percorso attraverso regole uguali per tutti; non poveri incapaci da soccorrere dopo gli incidenti, con soluzioni inevitabilmente discrezionali e destinate a creare nuove discriminazioni. Se venissero rimborsati in parte gli obbligazionisti delle quattro banche affondate - i primi che hanno provato sulla loro pelle le nuove regole sui salvataggi bancari, che sia a livello europeo sia a livello italiano sono state approvate in molti casi dagli stessi politici che oggi gridano allo scandalo - perché non dovrebbero essere aiutati altri investitori in difficoltà? E poi il paternalismo governativo rischia di alimentare i peggiori sospetti: ci sarebbe stata tanta solerzia di dichiarazioni ministeriali se invece degli obbligazionisti di banche marchigiane e aretine - zone ad alta concentrazione di elettori Pd - lo scivolone finanziario avesse colpito ad esempio i leghisti veneti coinvolti in un qualche tragicomico esperimento bancario modello Credieuronord?
Se gli investitori hanno le loro responsabilità, questo non vuol dire però che le banche ne siano esenti. Se è vero che la maggior parte degli istituti stanno attenti a non piazzare ai loro correntisti prodotti anche potenzialmente tossici, è anche vero che chiunque abbia un amico o parente bancario sa che le reti di vendita sono spesso sottoposte a una forte pressione per piazzare ogni mese una certa quantità o un certo tipo di prodotti finanziari. Evitare possibili conflitti d’interesse rischia di essere difficile, specie per prodotti più complessi come sono appunto le obbligazioni subordinate. Per questo ieri la Banca d’Italia ha proposto che questo tipo di prodotti non possa più essere venduto ai clienti privati. E per questo bisognerebbe forse pensare che se per alcune banche è così difficile resistere alla sirena del conflitto d’interessi, allora si debbano prendere per tutti misure anche più drastiche, come il divieto di vendere obbligazioni proprie ai correntisti. Se in alta montagna arrivano troppi alpinisti male attrezzati e si moltiplicano gli incidenti o gli addetti ai controlli si danno una regolata o qualcuno penserà che sia meglio chiudere la funivia.
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