venerdì 11 dicembre 2015

CONSIGLIO DI STATO E CASTA MAGISTRATI COLPISCE ANCORA . LA DENUNCIA DI SABINO CASSESE

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Sabino Cassese, noto giurista, giudice della Corte Costituzionale nominato da Ciampi, l'altro giorno scriveva sul Corriere un editoriale "ottimista" sullo stato di salute della nostra democrazia.
Siccome lui partiva criticando il punto di vista dei catastrofisti, per i quali il nostro è un regime mascherato, che subiamo dei colpi di stato striscianti e via così, posso anche accettare che rispetto a questi scenari la situazione non sia drammatica come da loro descritta.
Ma qui ci dovremmo fermare, e non condivido affatto la rassegnazione, per esempio, a sistemi elettorali che lascino governare "la più forte minoranza".   Sotto un certo livello di rappresentanza ci si deve arrendere e accettare l'ottica, democratica, delle alleanze o del ritorno al voto.
A pochi giorni di distanza il professore di Diritto ed /ex) emerito della Consulta torna a scrivere sul giornalone milanese e lo fa per attaccare la casta magistratuale e la giustizia amministrativa.
Ovviamente stavolta la condivisione diviene TOTALE, e non per partito preso ma perché le contestazioni sono sacrosante fin quasi all'ovvietà.
In realtà quella de magistrati è una vera e proprio casta, potente, e non è un caso che mentre per la gente normale il ritardo dell'età pensionabile è una iattura, loro in pensione non vorrebbero andarci MAI.
Gli piace così tanto lavorare o gli piace il potere di cui godono facendo i magistrati ?
Intanto, buona e attenta lettura.



La pensione dei magistrati e le leggi da non beffare

Risultati immagini per pensione magistrati

di Sabino Cassese


Il Consiglio di Stato ha fermato il pensionamento dei più alti magistrati ordinari, con una procedura sospensiva assimilabile a un’azione giudiziaria. Così, accogliendo il ricorso di un magistrato in età pensionabile, è andato contro la riduzione progressiva dell’età del ritiro dal lavoro che i magistrati, come categoria, avevano ottenuto. La vicenda solleva non pochi dubbi, anche perché rende evidente come la macchina dello Stato possa essere bloccata dal suo interno, a difesa di corporazioni. Inoltre il Consiglio superiore della magistratura dovrebbe preoccuparsi della funzionalità della giustizia e non aspettare anni, prima di fare le nomine per i posti che si liberano a causa dei pensionamenti, nell’attesa che le correnti si mettano d’accordo. Le leggi — e lo sanno bene i magistrati — vanno rispettate, non beffate. Dobbiamo quindi dare ragione a chi osserva: non è possibile che i giudici amministrativi decidano su tutto, dall’iscrizione a un asilo alla chiusura di un’ambasciata, e quindi propone di ridurne il raggio di azione (Matteo Renzi)? A chi suggerisce di sopprimerli, perché legano le gambe all’Italia (Romano Prodi)? A chi afferma che non si può morire di diritto amministrativo (Cottarelli)?
A leggere il recente intervento del Consiglio di Stato, che ha fermato all’ultimo momento il pensionamento dei più alti magistrati ordinari, si sarebbe tentati di rispondere positivamente a queste domande.
Ecco brevemente la vicenda. I magistrati andavano in pensione a 72 anni. Silvio Berlusconi portò l’età del pensionamento a 75. Questa è stata poi abbassata per diverse categorie di dipendenti pubblici, ma per i magistrati norme del 2014 e del 2015 hanno assicurato progressività, fino al dicembre 2016, nella riduzione da 75 a 70 dell’età del pensionamento. Nel giugno scorso il Consiglio superiore della magistratura e il ministro della giustizia comunicano a un magistrato che ha già largamente superato i 70 anni il collocamento in pensione dal primo gennaio 2016.
Questi presenta a fine novembre un ricorso straordinario e il Consiglio di Stato all’inizio di dicembre sospende l’esecuzione del pensionamento, spiegando in modo molto sommario che il ricorrente aveva riposto un ragionevole affidamento a lavorare fino a 75 anni e che la funzionalità del suo ufficio potrebbe essere danneggiata dalla sua assenza.
Si tenga conto che quasi un centinaio di persone si trovano nella stessa situazione, che la sospensiva è stata concessa in una procedura assimilabile a quelle giudiziarie e senza che si sia dato modo al Ministero della giustizia di intervenire nel contradittorio, e che gli organi giurisdizionali non ricorrono solitamente a provvedimenti cautelari in materia di pensionamenti.
Gli interrogativi si affollano. Come può il Consiglio di Stato affermare che va tutelato un ragionevole affidamento, quando le leggi da applicare avevano assicurato proprio ai magistrati un notevole gradualismo, per assicurare la continuità delle funzioni? Come può il Consiglio di Stato ergersi a giudice della funzionalità degli uffici giudiziari, quando per questo compito ci sono il ministro della Giustizia e il Consiglio superiore della magistratura?
Come può il guardiano delle leggi sollevarsi contro la legge, impedendone l’applicazione? Come può quella categoria di dipendenti pubblici, i magistrati, che aveva ottenuto — a differenza di altre categorie — una riduzione progressiva dell’età del pensionamento, opporsi a decisioni prese nel corso degli ultimi anni, dando così argomenti a chi ritiene l’Italia un Paese bloccato dal prevalere di corporazioni che si annidano proprio nella macchina dello Stato?
Le lezioni che si traggono da questa vicenda sono: il diritto amministrativo e i giudici amministrativi sono importanti, quali garanti dei diritti dei cittadini, non come tutori improvvisati di aspettative di categoria; il Consiglio superiore della magistratura deve preoccuparsi della funzionalità della giustizia e non aspettare anni nel fare le nomine sui posti che si liberano per pensionamenti, nell’attesa che le correnti si mettano d’accordo; le leggi vanno rispettate, non beffate.

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