DOMENICO MARAFIOTI |
Bene, sentiamo cosa dice questo uomo di cultura ed esperienza così grandi (ha anche 86 anni, magnificamente portati) sulla nostra Giustizia.
La prima considerazione, è la contestazione della distinzione tra garantisti e giustizialisti, del tutto fuorviante secondo lui perché distoglie dal vero problema che è, da sempre, la distinzione tra giudici e pubblici ministeri.
Da sempre!!! Non da quando c'è Berlusconi...chi vuol intendere, intenderà...
"Quelli sempre pronti a gridare all'attentato, all'indipendenza della magistratura appena si parla di separazione delle carriere tra giudici e pm, non sanno, o fingono di non sapere, che il magistrato pendolare tra funzioni giudicanti e inquirenti, reclutato per concorso, è il magistrato del modello burocratico fascista, disegnato così dalla legge Mussolini-Grandi del 1941". Nel ricordare che due icone, anche perché martiri, della giustizia in Italia , Giovani Falcone e Paolo Borsellino, erano assolutamente favorevoli alla separazione delle carriere, e che la VII disposizione della Costituzione prevede una riforma organica dell'ordinamento giudiziario che non c'è mai stata, Marafioti aggiunge che, per lui " i magistrati andrebbero eletti, non già reclutati per concorso".
E ancora: " l'obbligatorietà dell'azione penale, che è un simulacro, andrebbe abolita assieme a quella figura spuria che è il "concorso esterno" nei reati (INVENTATO DI SANA PIANTA DALLA GIURISPRUDENZA!!!! n.d.A). Altrimenti, di questo passo, ma ci siamo già, andiamo dritti dritti verso il colpo di Stato, strisciante, silenzioso, effettuato con la tecnica del dominio di cui scriveva Malaparte nel 1931....Con la gramsciana conquista delle "casematte" il partito giudiziario oggi è egemone. E se c'è egemonia vuol dire che non c'è equilibrio tra i poteri "
Il CSM, osserva sempre il "Nostro" non è altro ormai che un parlamentino , che ha mutuato tutti i difetti del modello ispiratore, con tanto di clan e correnti. Per l'elezione dei suoi membri, Marafioti suggerisce il Sorteggio, come nel duecento per i Dogi a Venezia.
Dal 1989, data di entrata in vigore del nuovo codice di procedura penale, è "un continuo cammino controriformista , che ha di fatto annacquato il processo accusatorio e ha riportato ai suoi momenti di gloria quello inquisitorio" Senza parlare dell'esuberanza magistratuale, che interviene sui calendari di calcio e disegna i palinsesti in tv. Non manca ovviamente il "fustigatore" di sottolineare il ricorso all'aspettativa dei giudici che senza dimettersi dall'ordine giudiziario, si piazzano come consulenti di "governi tecnici", in commissioni parlamentari, oppure si fanno eleggere. Salvo poi tornare a fare i magistrati nei loro collegi elettorali.
Ricorda anche il tradimento del referendum del 1987, dove l'80% dei votanti si pronunciò per la responsabilità civile dei magistrati e per l'abrogazione del sistema elettorale del CSM. Tutte cose rimaste immutate. In Gran Bretagna la pubblica accusa l'hanno separata fisicamente dalla magistratura giudicante, mettendola a New Scotland Yard, dove c'è la polizia. Qualcuno ha mai sentito qualche polemica sulla sudditanza dei PM inglesi al potere esecutivo?
Personalmente è stato di conforto leggere questa lunga intervista, anche provocatoria a tratti (io mi accontenterei di riforme,purché vere, senza arrivare alle rivoluzioni , suggestive, predicate da questo eccezionale testimone della giustizia nel nostro paese), almeno per due ragioni:
1) I problemi che Marafioti denuncia sono ben più antichi della seconda repubblica. L'egemonia magistratuale risale agli anni 70 e poi è proseguita con metodo. Negli anni 90, con l'avvento di Berlusconi, si sente pericolo di riforme vere, e di qui la pronta, virulenta reazione a cui assistiamo, con sbigottimento crescente, da 18 anni. Dunque se è vero che la magistratura subisce da quasi 20 anni una offensiva "senza precedenti", è altrettanto vero che erano almeno altrettanti 20 che la stessa era debordata dai suoi confini costituzionali.
2) "Ognuno è libero di pensare come crede ". Frase apparentemente ineccepibile (banale oserei dire), che Luca Sofri, nel suo magnifico libretto, "Un grande paese", contesta con puntualità. E' vero, ognuna la pensa come vuole, ma uno solo ha ragione. E questa ragione è data dai fatti obiettivi, dalla storia, e dalla lezione dei buoni maestri. Ecco, leggere che molte delle cose che vado scrivendo sulla (in)giustizia da mesi, erano state dette, con molta più autorevolezza di me, da un personaggio nobilitato da amicizie di assoluta eccellenza, di assoluta cultura e infaticabile impegno civile, sicuramente mi è di grande conforto.
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