Vi risparmio il dibattito solito sul valore da dare alla sola testimonianza della denunciante, il problema determinato dalla mancanza evidente di violenze fisiche (percosse, maltrattamenti) per cui, se per paura te ne stai zitta e quieta, poi dopo diventa pressoché impossibile provare che il rapporto sessuale (le cui tracce invece sono state trovate) NON fosse volontario.
Nel caso di specie l'elemento sul quale s'incentrò il dibattito processuale ma anche mediatico era se potesse essere scusabile l'uomo che di fronte al ripensamento della donna, fino a quel momento consenziente, "non si fermava", interpretando il "NO" opposto dalla donna solo a quel punto, come un "gioco", una ritrosia tattica, qualcosa insomma di NON AUTENTICO.
Non è questione da poco, e Kennedy fu assolto.
Ma le polemiche furono tante e il pensiero che si affermò, ancorché NON nell'aula di giustizia chiamata ad esprimersi in quel caso, fu che NO VOLEVA DIRE NO. NON era interpretabile.
Nello spiegare questo ai miei amici ricordo il commento di Massimiliano, che disse testualmente" Seeeeeee, in Italia allora tanto vale che ce famo un nodo...." (indovinate a cosa n.d.r.). Bé scoppiammo tutti a ridere.
Chiedo venia, so bene che l'argomento è serio, anzi serissimo per le donne. La violenza sessuale è, credo, l'incubo maggiore per una donna, secondo solo alla morte di un figlio. Ricordo ancora perfettamente come le compagne del liceo, anche quelle in genere più serene, tranquille, non ideologizzate, sul tema fossero drastiche: violenza = taglio. E siccome non si poteva, 20 anni di galera erano considerati pochi (mentre al tempo non si arrivava a 3!!! Era un reato ancora contro la MORALE e non contro la PERSONA, adesso è cambiato e la pena va dai 5 ai 10 anni, 12 con le aggravanti) . Quindi ho recepito bene di cosa si tratta.
Però ammettiamo che , ancora 15-20 anni fa, una certa finta resistenza faceva parte, per alcune, di un gioco delle parti. Insomma piaceva, a diverse ragazze, una certa perseveranza, insistenza.
Certo la violenza è ben altra cosa. Ma evidentemente il mio amico si riferiva al "gioco", non immaginando mai di trasformare questo "perseverare" in costrizione.
La violenza sessuale opera ovviamente anche in campo familiare, lo status di moglie o compagna non fa venir meno il libero consenso e anche qui l'uomo deve attenersi al PRESENTE. I precedenti NON valgono.
Tradotto: se la compagna in passato, per amore, per quieto vivere, quello che sia, si è concessa a pratiche più "trasgressive", bene questo NON giustifica ignorare un rifiuto opposto successivamente.
A conferma, riporto una recente sentenza della Corte di Cassazione.
"Il caso
Tizio veniva condannato in primo grado alla pena di quattro anni di reclusione e al risarcimento dei danni (25000,00 euro) nei confronti della convivente Caia, costituita parte civile, per il reato continuato di cui all’art. 609 bis c.p.
La sentenza veniva confermata anche in secondo grado.
Entrambi i giudicanti (primo e secondo grado) avevano ritenuto attendibili le testimonianze (??) della convivente che aveva riferito di essere stata costretta con la violenza da Tizio ad avere dei rapporti orali ed anali.
Avverso la sentenza della Corte d’Appello Tizio proponeva ricorso in Cassazione sollevando molteplici censure.
In particolare, per quanto qui d’interesse, Tizio lamentava l’inattendibilità della persona offesa e l’incertezza delle sue dichiarazioni nel riferire di “episodi avvenuti con violenza e quelli per semplice controvoglia”, posto che la stessa – secondo il ricorrente – non offriva un quadro chiaro su quali fossero stati i rapporti consenzienti e quelli, invece, in cui avrebbe subito le violenze.
Il giudice, inoltre, sosteneva Tizio, non avrebbe tenuto in considerazione la “possibile presenza di astio o di vendetta della donna” nei suoi confronti.
La normativa Art. 609 bis. Violenza sessuale Chiunque, con violenza o minaccia o mediante abuso di autorità, costringe a compiere o subire atti sessuali è punito con la reclusione da cinque a dieci anni. Alla stessa pena soggiace chi induce taluno a compiere o subire atti sessuali: 1) abusando delle condizioni di inferiorità fisica o psichica della persona offesa al momento del fatto; 2) traendo in inganno la persona offesa per essersi il colpevole sostituito ad altra persona. Nei casi di minore gravità la pena è diminuita in misura non eccedente i due terzi. |
La Suprema Corte ha dichiarato infondati i motivi sollevati dal ricorrente.
La Corte, infatti, ha chiarito che nessuna contraddizione è emersa dalle testimonianze della convivente la quale ha chiaramente individuato gli episodi in cui ha subito la violenza, avendola Tizio, con la propria forza fisica, costretta ad avere dei rapporti sessuali di tipo anale od orale, da quelli in cui non era dedotta alcuna violenza ma soltanto una accettazione controvoglia di Caia.
Non può non parlarsi di violenza, evidenzia la Cassazione, solo per il fatto che la convivente nel periodo precedente a quello in esame, quando era innamorata dell’imputato, aveva acconsentito a rapporti non tradizionali solo per far piacere al suo patner.
Inoltre, l’eventuale astio e rancore che Caia nutriva nei confronti di Tizio non poteva influire sulla sua attendibilità poiché tali sentimenti originavano proprio dalle vicende di cui è causa e non da altri ed ulteriori aspetti"
Questa la storia, quindi cari mariti e compagni:NO VUOL DIRE NO.
SEMPRE.
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