sabato 3 dicembre 2011

TASSARE MENO PER AMOR DI PATRIA

Alla vigilia della nuova stangata del brillante Super ministro che, arrivato come uomo della provvidenza, dai rumors non sembra capace di fare molto meglio dei tanto deprecati uomini della prima Repubblica, ecco l'appello dell'inascoltato Piero Ostellino, ostinato pensatore liberale. Tassare Meno per amor di Patria.
Non avverrà, ma almeno leggetelo

Negli ultimi dodici anni,"lo Stato canaglia" - con 19 di quei furti con destrezza che chiama "manovre finanziarie" - ha preso dalle tasche degli italiani 575 miliardi  di euro, mentre il paese è cresciuto solo dello 0,2% l'anno. 
Ora, il governo Monti sta per vararne un`altra di 20 miliardi attraverso la quale - come da una finestra o da una porta forzate lo Stato entrerà in tutte le case e se ne andrà con la refurtiva. Il governo ha fatto una sola cosa socialmente giusta: un salario minimo per í meno fortunati (brava Elsa! Come sai, lo prevedeva anche il liberale Hayek). Ciò che, invece, non si capisce è perché ci sia stato bisogno di un governo tecnico per fare quello che, con analoga feroce destrezza, avevano fatto il centrosinistra, con Visco, e il centrodestra, con Tremonti. Cambiano i governi, l`emergenza finanziaria è un 8 settembre permanente, la spesa pubblica e la pressione fiscale crescono, si moltiplicano le manovre finanziarie; e Pantalone paga.
«Converrebbe convincersi che le due cose vanno insieme. Cresciamo poco perché tassiamo tanto e tagliamo male», scrive Porro, uno dei pochi giornalisti economici liberali di questo Paese;
uno che non crede che Hayek sia un giocatore del Bayern Monaco, Einaudi una casa editrice, ma li ha letti e capiti. Siamo finiti nei guai finanziari perché abbiamo tassato molto e tagliato poco;
s`è parlato sempre di «riforme strutturali» e non sono mai state fatte. Se, poi, i quattro gatti liberali lo ricordano, molti patrioti sempre-«pronti alla morte» allorché «la Patria chiamò» - li accusano di non avere amor di Patria e, confondendo il ministero del Tesoro per El Alamein, corrono, felici e contenti, a versare il loro sangue in euro contro l`assalto della speculazione intemaziona- lé, nuova versione della «congiura plutocratico-massonica».
Perché, invece di taglieggiare i cittadini, la politica non taglia lo Stato? Non sfronda la foresta di leggi, regolamenti, divieti, l`enorme macchina burocratica? Non la smette di pretendere di fare più di quanto dovrebbe, e ne lascia il compito a una società civile liberata dai lacci e laccioli? Perché ogni «manovra» è sempre, bene che vada, per due terzi, di tasse e, per un terzo, di tagli alla spesa e non si inverte il rapporto, riducendo spesa pubblica e pressione fiscale dell`analoga proporzione? Perché non si ricorre alla sussidiarietà (della quale parla persino il Papa)? Come possono i governi di ogni colore - compreso quello cenere in carica - cianciare di crescita se si confisca al Paese ogni anno più del cinquanta per cento della ricchezza prodotta? Perché non la smettono tutti - establishment politico, economico, sociale, culturale, media - di prendere gli italiani per i fondelli, di contare sulla loro ignoranza di come stanno le cose e sulla loro remissività (fin che dura), e non si pongono essi stessi gli interrogativi che solo i quattro gatti liberali sollevano, sistematicamente inascoltati? Coraggio. Almeno, ci spieghino onestamente perché non si sia potuto, finora, tagliare la spesa e ridurre le tasse.
alan rikman "lo sceriffo di Nottingham"

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