sabato 3 marzo 2012

E SE IN VAL DI SUSA CI FOSSE UNA MAGGIORANZA DI FAVOREVOLI OSTAGGIO DEI VIOLENTI?

Confesso che la questione della TAV non la conosco bene e quindi non entro nel merito. Potrei dire che c'è una legge dello stato contro la quale è lecita la contestazione, il tentativo legale (ricorsi ai vari organi giuridici) e politico ( revoca della legge, riforma della stessa in Parlamento) di contrastarla, ma NON la guerriglia che è stata montata su.
Ed è francamente imbarazzante che 500 giovanotti, per quanto decisi e organizzati, riescano a tenere in scacco le forze dell'ordine. Ma del resto, noi ce lo scordiamo sempre, ma abbiamo almeno 4 regioni italiane assolutamente in balia della criminalità organizzata (Sicilia Campania, Calabria e ormai anche Puglia), senza contare che le diramazioni di queste organizzazioni si ramificano ormai anche al nord.
Insomma abbiamo un grosso problema con l'ordine pubblico, a garantire la legalità sul territorio.
Quello che viene adombrato ormai da molti è che alla conta i NO TAV potrebbero essere minoranza anche nelle valli dove il movimento è forte. Solo che, come più spesso accade, su tratta di minoranze rumorose e, in alcuni casi, minacciose. E in questo caso non ci riferiamo agli "esterni", ai delinquenti di professione che si spostano ovunque c'è da menare le mani in nome del no allo Stato, ovunque e comunque sia, ma proprio a parte dei valligiani stessi.
Con la sensazione che questi ultimi però si facciano forza di avere contiguità con queste frange violente, da cui si distinguono al momento degli scontri, ma senza mai prendere veramente le distanze, isolandoli. Anzi.
Ecco l'articolo pubblicato sulla Stampa.it che fa un po' il quadro della situazione in Val di Susa.

Insulti, minacce e paura
La dura vita di quelli del Sì
accerchiati in casa loro


  Diamo per scontato che siano solo tre piccole storie senza regia. Eppure... Pochi giorni fa un bambino delle elementari è tornato a casa piangendo, perché un suo compagno lo tormentava con questa cantilena: «Tuo padre è un mafioso... Tuo padre è un mafioso...». Il presidente dell’Ascom della Val di Susa da una settimana non rilascia dichiarazioni: «Purtroppo non ci sono più le condizioni di sicurezza per farlo, il nostro negozio ha la porta sulla strada». Il figlio del sindaco di Chiomonte, Renzo Pinard, va in giro scortato perché ha ricevuto minacce da altri ragazzi: «Dobbiamo spiegarti un po’ di cose a proposito del treno...».


Non è facile essere favorevoli alla Tav in Valle di Susa. Ora come ora, i veri indiani sono loro. Carabinieri, figli di carabinieri, operai e tecnici che lavorano al cantiere, commercianti e residenti convinti che il treno veloce porti vita e non morte. È dura stare dall’altra parte delle barricate. È complicato persino prendere le distanze dalle violenze di questi giorni, a quanto pare.

«Si è creato un clima tesissimo e pericoloso», ammette persino Nilo Durbiano, sindaco di Venaus, da sempre contrario alla «grande opera». Poi però dovreste sentire anche i suoi equilibrismi per non scontentare nessuno. «Certo, condanno le violenze, ma tutte le violenze, anche quelle di Ltf». Scusi, lei mette sullo stesso piano un blocco autostradale e un ricorso al Tar? «Non dico questo, però...». Non è imbarazzante per un amministratore stare con gli anarchici e gli autonomi di Askatasuna? «Ma io non posso dire che siano proprio i ragazzi di Askatasuna a commettere le violenze». Scusi sindaco, guardi che «i ragazzi di Askatasuna» dichiarano i loro programmi in piazza al megafono. «Ma io non li ho mai visti lanciare le pietre». Ci perdoni sindaco, guardi che Giorgio Rossetto, uno dei fondatori di Askatasuna, è in carcere per aver lanciato un estintore contro gli agenti: «Lei ci sopravvaluta. Noi non abbiamo il potere di fermare i violenti. Noi siamo sul bordo del fiume. Siamo come vigili urbani che devono dirigere il traffico senza paletta». E allora perché restate lì a farvi travolgere? «Ma guardi che noi non andiamo in mezzo ai tafferugli». Però tornate in scena appena si spengono i fuochi. «Mi passi la metafora: io tifo Toro e certe volte vado in curva. Questo non significa condividere i comportamenti degli ultrà». Trentadue minuti di conversazione così. Sudatissima. Cercando di stare in equilibrio sul crinale di questa storia incancrenita. La cosa che colpisce di più è la sopraggiunta impossibilità di essere oggettivi. L’altro giorno tre ragazzi del comitato di lotta popolare sono venuti a rimproverarci per aver scritto che durante gli scontri erano presenti molti anarchici: «Voi giornalisti avete gli anarchici nel cervello! Siete degli schifosi! Vedete black bloc ovunque...».
Noi abbiamo visto ragazzi incappucciati lanciare pietre, e farlo molto prima di qualsiasi carica. Noi abbiamo visto la devastazione lasciata ieri notte sull’autostrada A32, dove è stato incendiato anche un mezzo della Sitaf. Abbiamo visto colleghi insultati, intimiditi e picchiati, perché ormai non tutti nel movimento concordano sull’opportunità di lasciare documentare quello che accade qui. E poi ci siamo chiesti chi fossero i ventisei irriducibili che mercoledì sera si erano stesi sull’autostrada per farsi portare via a forza dagli agenti. Fra gli altri: due antagonisti tedeschi e due francesi, Baldassare Marceca, vicepresidente della comunità montana, Maurizio Piccione di Askatasuna, Nicoletta Dosio di Rifondazione Comunista, Alberto Perino e Giorgio Cremaschi accanto al ragazzo diventato famoso per aver provocato il carabiniere impassibile: «Pecorella..... Ce l’hai la pistola?». E poi c’era Massimo Passamani, leader della cellula anarchica di Rovereto, un gruppo con una lunga scia di inchieste alle spalle: aggressioni, molotov, attentati incendiari, manifestazioni violente. Nel 2006 è stato Passamani a strappare la fiaccola olimpica dalle mani della campionessa italiana dei 1500 metri Eleonora Berlanda. È questa la foto di famiglia, se può servire.

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