venerdì 16 marzo 2012

IL GARANTE E LA CORTE DEI CONTI SI SVEGLIANO TARDI. DILEMMA : MEGLIO CHE MAI O MEGLIO ELIMINARLI E RISPARMIARE ?

Ancora non si sono spenti i clamori suscitati dalle esternazioni del Garante della Privacy che, nel lamentare l'impatto sul diritto alla riservatezza di ogni cittadino conseguente alle nuove norme fiscali, spiegava come fosse proprio di un paese di SUDDITI essere considerati dei fuori legge a priori....( così il Camerlengo riportava la notizia: http://ultimocamerlengo.blogspot.com/2012/03/e-proprio-dei-sudditi-essere.html).
Ovviamente a sinistra sono in tanti che si sono fatti venire il mal di pancia, sindacalisti per primi, mentre l'ineffabile Dr. Befera, capo di Equitalia e dell'Agenzia delle Entrate (due enti che si affannano a distinguere ma guarda caso con lo stesso direttore....) spiega che lui è sereno perché si limita ad applicare le norme. A parte il fatto che quelle norme, contestate dal Garante, è LUI, Befera, ad averle sollecitate, non è che se determinate leggi sono ingiuste e liberticide cambia perché qualcuno le ha varate, e di questi esempi infami nella storia   ce ne sono fin troppi! (http://ultimocamerlengo.blogspot.com/2012/03/dott-befera-agivano-nella-legge-anche.html ).
Sul tema delle tasse si è espresso sovente Davide Giacalone , uno degli scrittori più cari al camerlengo, e non poteva mancare il suo parere su questa puntata della querelle fiscale. Un intervento come al solito molto peculiare il suo, dove da una parte viene ribadita la condanna dell'oppressione fiscale che affligge il nostro paese, con danni gravi sia sul piano delle libertà individuali che dello sviluppo economico, dall'altra si osserva come la soluzione di questo problema passa inevitabilmente per altre strade tra cui, in primis,  il taglio delle spese superflue, e tra queste colloca sia l'Ufficio di garanzia della Privacy, sia la Corte dei Conti. Niente male no? E in effetti, se guardiamo all'utilità di questi due organismi....
Buona Lettura

No tasse no privacy
La privacy ha a che vedere con il contrasto dell’evasione fiscale, come con il contrasto del crimine, quanto i cavoli con la merenda. Il garante che ha taciuto sulle intercettazioni telefoniche, che non si muove quando gli atti giudiziari (non le sentenze, si badi) sono pubblicati a puntate, s’è svegliato. Sebbene io non abbia capito in che consista la privacy nell’aggirarsi su vetture che non ci si può ufficialmente permettere, avere un tenore di vita incompatibile con la dichiarazione dei redditi e movimentare in banca più soldi di quanti se ne dichiarano al fisco. In un Paese in cui la pressione fiscale è intollerabilmente alta, al punto da rendere più grave la recessione, in cui il governo non ha altri rimedi che renderla ancora più opprimente, in cui i sistemi di riscossione sono da regime dispotico e in cui l’evasione fiscale è il degno compare di tale situazione, allarmarsi per la privacy mi pare l’ultima delle necessità. Non manca il rispetto per i dati personali, manca la giustizia.
E’ evidente che evadere il fisco comporta un’offesa agli interessi di chi si comporta onestamente, ed è quindi evidente che tale comportamento va scoperto e sanzionato. Ma è altrettanto evidente che se tutti pagassero tutto noi avremmo un mercato ridotto alla miseria, una riduzione del lavoro e un crollo dei consumi. Tale constatazione non serve per giustificare l’evasione fiscale, ma per condannare la pressione esagerata. Né è minimamente credibile che se pagassimo tutti ciascuno pagherebbe meno, perché l’incapacità di controllare e comprimere la spesa pubblica, unita ai bisogni finanziari di uno Stato che è tanto gigantesco quanto inefficiente, oltre ad essere il più disonesto (non) pagatore in circolazione, fanno sì che l’aumento del gettito andrebbe a incremento della spesa o diminuzione del debito. Non, invece, dove è bene che vada: al calo delle tasse.
Non mi preoccupa minimamente che il fisco guardi i miei movimenti bancari, o valuti il modo in cui spendo i soldi. Visto che le macchine le compero dal concessionario, e non dallo spacciatore, non mi preoccupa che incroci il mio codice fiscale con il pubblico registro automobilistico (stando comodamente in ufficio). M’interessano due cose, del tutto diverse: a. che quelli restino rigorosamente affari miei, riservati, mentre l’amministrazione fiscale ha il diritto-dovere di chiedermi ragione di quel che, eventualmente, non quadra; b. che se mi contestano qualche cosa e io credo, invece, di avere ragione, a stabilire chi è nel giusto sia un giudice. Invece capita l’opposto: 1. la spettacolarizzazione della lotta all’evasione, in stile ampezzano, somiglia più ad una specie di educazione di massa, modello rivoluzione culturale maoista, che non al rispetto che si deve a cittadini la cui onestà deve essere data per certa, fin quando non si dimostra il contrario; 2. quando l’Agenzia delle entrate o Equitalia sostengono di avere ragione agiscono con inqualificabile violenza e arroganza, prendendomi i soldi anche dopo che ho già chiesto l’intervento di un giudice e prima che quello si pronunci. Questo è lo scandalo.
E’ lo stesso ragionamento che abbiamo svolto sulle intercettazioni telefoniche: non mi sento minacciato nella privacy se le forze incaricate della sicurezza pubblica ascoltano quel che dico, per prevenire reati, mi sento offeso nei miei diritti quando quelle carte finiscono sui giornali, passate e segnalate da procure il cui mestiere principale è inciuciarsi i giornalisti, farsi fare le interviste e farsi ritrarre in pose vigliaccamente eroiche. Non confondiamo, allora, la contestazione del sopruso con la giutificazione del reato o dell’evasione.
E siccome vedo che la Corte dei Conti discetta di pressione fiscale, ma non contrasta il danno erariale che deriva dall’ingiustizia subita dai cittadini e il garante della privacy discetta sul nulla, dopo non aver fatto nulla per anni, ne deduco che ci sarebbe una prima cosa da fare, per favorire la diminuzione della spesa pubblica: chiuderli
 

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