lunedì 26 marzo 2012

IL POTERE TERRIBILE DI GIUDICARE

Cento anni fa....un ragazzo ascolta il padre che parla a cena , a casa (i ristoranti non erano la regola, coi parenti ci si incontrava e si mangiava a casa), e spiega l'ansia grande con la quale deve convivere un Giudice: quella data dalla DECISIONE.
Il Giudice DEVE GIUDICARE, con la consapevolezza che in molte occasioni  il suo giudizio deciderà le sorti di un uomo.
Inutile dire ai lettori affezionati del Camerlengo chi fosse quel ragazzo e chi fosse quel Giudice.
Ora, questa "cosa" del GIUDIZIO, che normalmente si lascia agli DEI e non agli uomini, è una questione evidentemente delicatissima, eppure basta vincere un concorso per arrivare a detenere quel ruolo.
Concorsi anche duri, per carità, ma NON necessariamente per qualità umane. Un notevole  secchione, ancorché emerito imbecille, dotato di nessuna sensibilità e capacità discernitiva, può superarlo.
Vabbé, vecchia polemica di chi sogna ad occhi aperti la creazione di una grande scuola di Stato, come esiste in Francia, dove si dovrebbe forgiare, con anni di formazione, la classe dirigente di un paese.

ENA FRANCESE
L'Ena (Ecole Nationale d'Administration) è da sempre un mito e una segreta aspirazione della nostra burocrazia. Era l'Ena il modello ispiratore che aveva portato sul finire degli anni '70 alla creazione della Scuola Superiore della Pubblica Amministrazione. E' l'Ena il termine di paragone quando si parla di selezione dell'alta dirigenza. 
Ecco, perché non si prevede che i Magistrati escano da una cosa del genere?
Magari sarebbe più facile ottenere dei Giudici che vivano come una RESPONSABILITA' (enorme)  il POTERE di GIUDICARE, e NON una PREROGATIVA (semi regale).
Su questo tema ha scritto Guido Vitiello, ricordando un libro del 1955, autore un magistrato appunto, Dante Troisi. 
Inizia così:
" Ci sono morti che è come se fossero vivi , tanto imperiosa si avverte la loro presenza ; e ci sono vivi che deambulano nel nostro tempo con le orbite spente, come fossero morti. Lo stesso è dei libri, tutto sta ad esercitare il giusto discernimento degli spiriti. Due note recenti di Andrea Camilleri non rivelano un buon discernitore ( d'accordissimo...se non fosse per l'invenzione di Montalbano Camilleri poteva restare l'assoluto sconosciuto che era stato per tutta la vita ...ndC) . La prima è la prefazione ad Assalto alla Giustizia , un pamphlet di Giancarlo Caselli sulla politica e la delegittimazione della magistratura , da cui emerge il ritratto stentoreo di un giudice combattente, lancia in resta, che sa sempre dov'è il male e dov'è il bene. Uscito in libreria a Berlusconi caduto, ha la stessa irrimediabile vecchiaia del giornale di ieri, e gli elogi di Camilleri all' "importante volume" non bastano ad allontanare l'impressione che il  tempo abbia già dato il suo verdetto. La seconda nota è la postfazione al "Diario di un Giudice", di Dante Troisi, un libro uscito nel 1955 che Sellerio riporta ora in libreria. Una postfazione diligente, antiquaria, filologica se non necrologica. Eppure il libro di Troisi non è vecchio, si potrebbe semmai definire "inattuale" : non è a misura del proprio tempo, e forse per questo ne rivela i segreti. Soprattutto circonda di un cono di luce abbagliante un tema che è di questi giorni come di tutti i giorni, passati e futuri : la responsabilità di chi accede al potere più terribile, il potere di giudicare i propri simili. "
Dante Troisi ebbe problemi per il suo diario, Aldo Moro, Ministro della Giustizia, chiese di avviare un provvedimento disciplinare. Ebbe difensori illustrissimi, come Carlo Jemolo e Piero Calamndrei, Galante Garrone. Eppure alla fine fu sanzionato con la Censura....
Cosa aveva detto di così scandaloso??
Aveva denunciato il cinismo e la svogliatezza di parte dei suoi colleghi, sorta di chierici svogliati, la cui coscienza ispessita era resa immune da ogni rimorso. 
Troisi metteva in guardia da questo pericolo, e combatté sempre il pericolo dell'assuefazione al potere di giudicare. Dopo otto anni di tribunale aveva il terrore di calcolare quanti anni di carcere aveva inflitto...
Vitiello s'interroga su quale potesse essere stata l'origine di una coscienza così sensibile e ipotizza che magari venisse dall'esperienza di prigionia fatta tra gli anni 1943 e 1946, dopo essere stato catturato dagli alleati sul fronte africano. 
"La prigionia è una condizione estrema, certo, ma diceva Leonardo Sciascia che ogni giovane magistrato, vinto il concorso, dovrebbe farsi tre giorni in prigione tra i detenuti comuni., per conoscere personalmente la natura e la misura del proprio potere. Enzo Tortora proponeva sei mesi di tirocinio nelle carceri come i giovani medici lo fanno negli ospedali. Forse basterebbe che ogni giovane magistrato fosse costretto a leggere e rileggere, fino a stamparselo nella mente, il Diario di Dante Troisi. " 
 


1 commento:

  1. Bellissimo, verissimo, durissimo. Bravo !!!
    (a parte il giudizio su Camilleri dal quale dissento). UNCLE

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