Brutta storia quella che Davide Giacalone racconta in un suo articolo pubblicato il 29 aprile scorso.
DAVIDE GIACALONE |
Alla barzelletta dell'azione penale obbligatoria non crede e infatti coerentemente ne chiede l'abrogazione, come sostenuto da molti che con realismo pensano di affrontare i tanti problemi del nostro sistema giudiziario.
E a testimonianza di come più spesso si traduca veramente il principio processuale suddetto racconta la vicenda del Procuratore di Torino, Marcello Maddalena, ai tempi di Tangentopoli
Maddalena dava a Cesare
Concetti come “notizia di reato” e “obbligatorietà
dell’azione penale” valgono solo quando sconfinferano ai signori della procura,
altrimenti possono tranquillamente essere considerati al pari della spazzatura.
Quella che segue non è la solita (mia) tiritera garantista, ma la denuncia di
un reato. Grave. Sebbene resti da stabilire se a commetterlo sia stato Marcello
Maddalena o Cesare Romiti.
Leggendo il libro-intervista di Romiti, incalzato da Paolo
Madron, Filippo Facci aveva trovato una perla: l’ex capo della Fiat ricorda che
quando pubblicò un articolo, sul Corriere della Sera, destinato a
sollecitare gli imprenditori a recarsi presso la procura di Milano e
confessare, non lo fece spontaneamente, ma su richiesta di Antonio Di Pietro,
Gherardo Colombo e Piercamillo Davigo. Escluso che fra i compiti d’ufficio dei
procuratori ci sia quello d’indurre i cittadini a scrivere quale che sia cosa,
posto che Romiti ha il pudore di non dirlo esplicitamente, ma fu in quel senso
costretto, resta il fatto che quel ricordo è rivelatore, benché non
sorprendente.
Ho trovato un’altra perla. Questa volta è nera. Secondo
quanto racconta Romiti il procuratore di Torino, Marcello Maddalena, in quei
giorni caldi in cui le inchieste producevano arresti di massa e qualche
suicidio, chiamò il responsabile dell’ufficio legale della Fiat, Ezio Gandini,
e gli disse (virgolettato nel libro, quindi frase testuale): “Basta, non si può
più andare avanti così, bisogna che le lotte interne finiscano, perché qui ogni
giorno arrivano soffiate anonime da parte di alcuni manager interni alla Fiat”.
Strane queste soffiate anonime, che vengono da manager. Perché non impiegati,
debitori, mitomani? Come faceva Maddalena a sapere che erano manager? Ecco la
risposta: Gandini gli chiese da che ambiente arrivavano e lui, serafico, lo
informò che i mittenti erano riconducibili all’entourage di Umberto Agnelli. Il
che vuol dire, in buona sostanza, che non erano anonime manco per niente.
In tutti questi anni, quando ci lamentavamo d’indagini nate
dalle chiacchiere e alimentate con anni d’intercettazioni e spese inutili, ci
rispondevano: la procura deve cercare ovunque le notizie di reato, è la legge
che impone di non trascurare alcun dettaglio. Bene. Quando rilevavamo o
l’accanimento su certi soggetti, o la insensatezza di certe accuse ci
rispondevano: la legge impone l’obbligatorietà dell’azione penale, il
procuratore non sceglie quali indagini fare, non è lui a decidere chi indagare
e chi no, ma si limita ad attenersi alla legge. E va bene. Difatti sono
favorevole alla cancellazione dell’obbligatorietà dell’azione penale, che è una
gran presa in giro. Come anche questi ricordi confermano, perché, di grazia, in
quale articolo del codice è previsto che il procuratore chiami il capo
dell’ufficio legale dell’azienda sulla quale dovrebbe indagare, chiedendogli di
mettere il bavaglio e legare le mani a quei quattro sciamannati di suoi
dipendenti che continuano a spedirgli denunce, mettendolo nel grave imbarazzo
di dovere dare loro corso? Non c’è, nel codice. Non c’è da nessuna parte.
Se così stanno le cose, però, ci sono due conseguenze: a.
Maddalena commise un reato, violando i doveri d’ufficio e informando la parte
indagata, addirittura suggerendo un preventivo inquinamento delle prove (che è
una delle sole tre ragioni per cui si può mettere in galera un cittadino ancora
innocente, vale anche per la procura?); b. la notizia di tale reato è contenuta
nel libro e nelle parole di Romiti e, per maggiore sicurezza, qui messa in
evidenza. Prego, si proceda.
Naturalmente è possibilissimo che il reato lo abbia commesso
Romiti, distorcendo le parole di Maddalena e diffamandolo. Il signor
procuratore sa cosa deve fare, in questo caso. Confesso, però, di essere un po’
prevenuto, e avendo letto un meraviglioso libro di Maddalena, nel quale si
descriveva con estasi mistica l’arresto degli innocenti e si strologava di
processi fatti fuori dai tribunali, so che ha una visione molto personale della
legge. Raramente collimante con il diritto. Sicché, fra i due, tendo a credere
a Romiti. Ma è solo un problema di gusti e d’estetica, sebbene sia pronto a
risponderne ovunque me ne sia chiesto conto.
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