Qualcosa non mi torna.
Monti, nel giustificare la stangata di tasse e imposte che hanno caratterizzato il suo esordio governativo, disse che bisognava salvare l'Italia. Vabbè, se si tratta di salvarci....Ma le riforme ? A parte quella sulle pensioni ?
DOPO.
Ok. Arrivano le Liberalizzazioni....non ne voglio nemmeno parlare. Basta pensare che i tassisti ancora festeggiano l'ennesimo scampato pericolo !
Poi la riforma del lavoro, e abbiamo visto com'è stato VERTICAL l'Hombre di Palazzo Chigi di fronte alla Camusso.
Quando anche l'Economist ha iniziato a dirsi deluso - in molti avevano iniziato da tempo - finalmente il Premier ha pensato che era ora di pensare ai TAGLI della Spesa Pubblica.
E quindi ad accelerare la cd. spending review, l'analisi del malato per capire dove e come meglio intervenire.
Bene, nel 2011 la nostra spesa è stata di circa 800 miliardi. Quello che si potrebbe ridurre , dai primi conti eh...stiamo ancora studiando, con fatica potrebbe portare a circa 4 miliardi.....
Ora, io spero di aver capito male, il che è possibilissimo, e magari questa cifra direi piuttosto modesta, rispetto all'intero ovvio, si riferisca a quanto si possa ottenere IN BREVE TEMPO, mentre i risparmi e quindi i tagli VERI richiedono una ristrutturazione dello Stato - si pensi alla mitica abolizione delle province, una di quelle cose che doveva avvenire dal 1970, con l'introduzione delle Regioni.... - e tempi più lunghi. Plausibile, però intanto si potrebbe indicare gli obiettivi e iniziare.
Se invece VERAMENTE si ritiene che tutta la spesa pubblica è NECESSARIA, bé allora siamo rovinati. Perché qui non bastano certo i soliti 120 miliardi di evasione fiscale e risolvere la questione ! Come ormai spesso ripeto, se questi 120 li aggiungiamo ai 350 circa che lo Stato incassa da quelli che le tasse le pagano, si arriva ad entrate per meno di 500 milioni ? E gli altri 300 ? A debito !! E così di debito in debito, siamo arrivati ai 2000 miliardi e al 123%.
Dunque ?
Sul problema della mancanza di coraggio in materia di tagli alla spesa pubblica che resta invece il PROBLEMA dei problemi, tornano Alesina e Giavazzi nell'editoriale di oggi.
Da notare che Giavazzi è stato anche incaricato da Monti a depositare una relazione relativa ai trasferimenti di Stato alle imprese.
Quindi un esperto che gode di grande stima anche nelle stanze dove si subiscono gli sproni critici del professore del MIT di Boston.
Va anche detto, e infatti Giavazzi come PS lo sottolinea, che Monti ha mostrato in questo un lodevole spirito di superiorità a possibili sentimenti di risentimento verso chi non gli ha certo lesinato critiche severe anocrché con spirito costruttivo.
Buona Lettura
LA DIFFICILE RIDUZIONE DELLE SPESE
Buone intenzioni e acqua fresca
La spending review , e cioè l'analisi e
revisione della spesa pubblica, ha partorito un timido topolino, un risultato
quasi imbarazzante per il governo.
La spesa (escludendo interessi sul debito, pensioni
e sussidi ai meno abbienti) ammontava lo scorso anno al 23,5 per cento del
reddito nazionale (Pil). Con sussidi e pensioni la spesa sale al 45,6 per
cento; con gli interessi raggiunge la metà dell'intero reddito nazionale. Meno
che in Francia e Danimarca, ma solo un punto e mezzo meno che in Svezia, dove i
servizi offerti dallo Stato alle famiglie sono di qualità un po' diversa dalla
nostra.
In poche settimane dopo il suo insediamento, il
governo Monti ha alzato la pressione fiscale di tre punti, dal 42,5 al 45,4%
del Pil (era il 40% sette anni fa). Sulla spesa invece non ha fatto quasi
nulla, tranne gli interventi sulle pensioni, certo importanti, ma i cui effetti
si verificheranno in modo graduale nei prossimi anni. I tetti agli stipendi più
elevati dei dirigenti pubblici, la cancellazione della maggior parte dei voli
di Stato, i limiti all'uso delle auto di servizio, la rinuncia al compenso per
alcuni membri del governo, hanno un significato etico assai importante, ma
nessun effetto macroeconomico.
La spending review parte dall'ipotesi che sia
«rivedibile» solo la spesa che non riguarda i trasferimenti sociali: ma se non
si rimette mano in qualche modo anche al nostro stato sociale, rendendolo più
efficace nel contrastare la povertà, anziché disperdersi in sussidi alle classi
medie (si pensi all'università) non si fanno passi avanti. Su questa materia
sarebbe utile rileggere il rapporto della Commissione Onofri scritto oltre un
decennio fa.
In realtà è ancor peggio. Secondo la spending review
annunciata lunedì dal governo, non solo la spesa previdenziale non è
rivedibile, ma in tempi ravvicinati non lo sono neppure i tre quarti di quella
non previdenziale: e all'interno di questa non più di 80 miliardi, ossia il 5%
del Pil. A fronte di una spesa che raggiunge il 50% del Pil ed è in gran parte
evidentemente inefficiente, l'obiettivo è di «rivederne» (si evita
accuratamente di usare il verbo «ridurre») non più di un decimo, e questo in un
Paese in cui i contribuenti onesti sono soffocati dalla pressione fiscale. E
ciò senza indicare nulla di concreto. In quel 5% ad esempio non pare rientri
l'abolizione delle Province: si pensa di «concentrare in alcune Province poche
funzioni operative di larga scala»: un modo sicuro per finire con non abolirne
nessuna. Nemmeno la loro eliminazione produrrebbe effetti macroeconomici forti,
ma è deludente che perfino su questa decisione il governo sembri aver fatto un
passo indietro («Il riordino delle competenze delle Province può essere
disposto con legge ordinaria..., consentendone la completa eliminazione, così
come prevedono gli impegni presi con l'Europa», aveva detto il presidente del
Consiglio presentando il suo programma in Parlamento).
Il governo sembra non rendersi conto che
l'Italia rischia di avvitarsi in una spirale di tasse, recessione, deficit e
ancor più tasse. Purtroppo i dati sulla crescita del primo trimestre potrebbero
essere una brutta sorpresa per i mercati.
Ma soprattutto il governo non sembra aver
riflettuto con sufficiente attenzione all'evidenza storica, dalla quale si
possono trarre due lezioni: 1) le correzioni dei conti pubblici che funzionano
sono quelle che riducono le spese, aprendo così la strada a riduzioni del
carico fiscale; 2) tanto meglio funzionano quanto più sono accompagnate da
riforme che stimolino la crescita. Invece il presidente del Consiglio ripete
che non può escludere un aumento dell'Iva. Non ci siamo proprio.
Ps: ad uno di noi (Giavazzi) il presidente del
Consiglio ha chiesto di scrivere un rapporto su un aspetto emblematico della
spesa: i trasferimenti dello Stato alle imprese. Poiché non abbiamo risparmiato
critiche al suo governo, questo dimostra che Mario Monti è una persona pronta
ad ascoltare anche chi lo critica, tratto non comune in Italia.
Nessun commento:
Posta un commento