STATO LIBERALE
Magari è una mia sensazione, una disperazione ottimista, però leggendo vari interventi in rete e anche alcuni articoli sulla stampa liberale e non statalista, un qualche fermento, una volontà di reagire alla depressione della crisi e alla feroce delusione del berlusconismo e delle promesse libertarie fatte per quasi 20 anni e poi tradite, mi sembra di coglierla. Sarà che il governo Monti ci ha fatto capire cosa ci potrebbe capitare se finissimo in mano alla sinistra ( e il premier di sinistra non è, figuriamoci...) , sarà che la convinzione che solo attraverso MENO STATO e MENO DEBITO si potrà finalmente realizzare una società con più libertà e meno tasse. Resta che la scoppola delle amministrative, nel suonare la campana a morto per PDL e Lega, ha anche dimostrato che la sinistra NON sfonda, e che se qualcuno di credibile risollevasse la bandiera liberale, con un programma fondato sui pochi principi detti, bé non sarebbe affatto impossibile far fare a Bersani e co. la "gioiosa" fine di Occhetto, che con la sua "macchina da guerra" nel 1994 era convinto di stravincere e invece perse contro l'esordiente parvenu della politica, Silvio Berlusconi.
STATO SOCIALISTA |
Troppe persone, nel leggerlo, si sono soffermate su questo ultimo aspetto, per me appunto provocatorio, ma invece l'articolo va letto tutto, e con attenzione.
Eccolo
MARIA GIOVANNA MAGLIE |
La grande novità è il presidenzialismo alla francese. Bella
proposta, anche se con quattro anni di ritardo, ma oggi non sembra interessare
a nessuno, si capisce già dalle prime reazioni. Servono altre facce, servono
altre parole. Meno stato, meno tasse, più libertà. Un movimento con questi
propositi, destinato fino a ieri alla sconfitta e all’ emarginazione nell’
Italia del tassa e spendi e sii suddito, diventa oggi l’unica alternativa al
vuoto e allo sfacelo del centro destra, e può nel giro di pochi mesi, in tempo
per le elezioni politiche, fermare l’involuzione della democrazia. I voti ci
sono, lo dimostrano tutti i sondaggi, i think tank libertari, il Tea party
Italia, la rete, i social network, la strada, la richiesta è quasi ossessiva;
serve la forma partito, la più leggera possibile, rigorosamente autofinanziata,
con un leader aggregatore, molto popolare proprio perché non viene dalla
politica sputtanata, che avrà intorno alcuni consiglieri esperti e competenti,
nel solco della tradizione che fu americana e che oggi è anche italiana. Ci
deve mettere la faccia. Ho anche il nome, non può che venire dalla televisione,
dal mondo dello spettacolo, ma è una persona seria, affidabile, quello che con
termine brutto ma utile si definisce un uomo per bene. E’ Gerry Scotti. Ho
anche un giornale che vanta le credenziali giuste, che le cose le ha dette per
tempo, è Libero.
Non sto scherzando, c’è poco da scherzare, c’è da piangere a guardare le cifre
della crisi, mille aziende al mese che chiudono per dirne una, a sentire quello
che dicono partiti e dirigenti dei partiti sbaragliati dal voto. Non solo non
si dimettono e fanno le vittime, ma stanno lì a elaborare nomi nuovi di
fantasiosi schieramenti, che dovrebbero risolvere il problema, liste civiche
fasulle, divisioni artefatte per età, e si litigano annunciando e smentendo
coalizioni, un po’ più al centro, un po’ più a destra, tutte tra sconfitti, e
indietro march. Bobo Maroni sembra l’unico in questa desolazione di cervelli ad
aver capito che deve ricominciare da capo, ma non basterà. Le elezioni
amministrative, come era giusto e perfino prevedibile, non hanno segnato solo
la sconfitta, anzi lo sfacelo del centro destra identificabile in Pdl e Lega, e
del centrismo moderato identificabile nell’Udc, ma hanno segnalato la fine di
un ciclo politico che, a meno di un cambiamento totale, sarà confermato nelle
elezioni politiche del 2013.
Gli elettori del centro destra, con qualche defezione tra i leghisti affascinabili da Grillo, non sono andati a votare, sono diventati il partito dell’astensione, ma questa scelta è avvenuta troppo tardi per dare la sveglia al Pdl. Il resto è una sinistra tornata indietro alle sue incrostazioni stataliste e forcaiole; ed è un movimento di protesta contro i partiti, le caste, il sistema, ma anche qualsiasi forma di progresso e conquista di mercato, che Grillo e il suo movimento si sono trovati soli a rappresentare, dunque a intitolarsi, ma che è stato alimentato negli ultimi mesi un po’ da tutti, compresi i giornali vicini agli elettori moderati e liberali. Che questi elettori non siano caduti in bocca a Grillo, che abbiano scelto di stare a casa, è da un lato un miracolo, dall’altro la prova che i consensi perduti negli ultimi due anni, di malgoverno prima di tradimento dopo, possono essere recuperati.
Il vuoto attuale viene paragonato alla caduta tremenda dei partiti della Prima Repubblica; allora l’inevitabile vittoria di sinistra e magistratura contigua, a destra e contro il sistema solo l’emergente e brutale Lega, fu fermata a sorpresa, in pochi mesi, dalla creazione di un movimento, Forza Italia, e dalla discesa in campo di un non politico, Silvio Berlusconi. Anche la Seconda è finita, e c’è poco da cambiare cavallo o misurare l’eventuale ritorno del vecchio capo, perché il centrodestra berlusconiano e leghista è ritenuto responsabile tutto della crisi economica e sociale. Lo scontento naturalmente riguarda anche il Partito Democratico, che ha co -appoggiato il governo tecnico e i suoi drastici, convenzionali rimedi, ma che prima, negli ultimi tremendi anni, era all’opposizione, che ha mantenuto una qualche forma di coalizione, e dunque paga un pegno minore, per ora. Il Pd i suoi guai li ha, ma non è questo oggi che mi interessa. Quel che mi interessa è che la destra, i moderati, i liberali, i conservatori europei si sono dimenticati la lezione straordinaria della grande Thatcher e si sono messi a gonfiare lo Stato, ad aumentare le tasse, a finanziare il mostro di Bruxelles, Strasburgo e Lussemburgo, la burocrazia dell’Unione, che così facendo hanno per forza indotto maggiore corruzione. Hanno tradito e ora, Paese dopo Paese, non solo in Italia, stanno perdendo.
Il partito leggero che ho in mente taglierà, ridurrà, abolirà: leggi, spesa pubblica, tasse, patrimonio pubblico, intervento dello Stato. Restituirà all’individuo libertà naturali, agli italiani la creatività che tutti ci riconoscono, che la storia dimostra, che abbiamo perduto finché restiamo in patria. Il programma si scrive in poco tempo, l’Italia è piena di liberali straordinari giunti al lumicino della speranza. Gli altri, i reduci del carrozzone che fu il glorioso centro destra, si possono unire, meglio accodare, siamo liberali, non giacobini.
Gli elettori del centro destra, con qualche defezione tra i leghisti affascinabili da Grillo, non sono andati a votare, sono diventati il partito dell’astensione, ma questa scelta è avvenuta troppo tardi per dare la sveglia al Pdl. Il resto è una sinistra tornata indietro alle sue incrostazioni stataliste e forcaiole; ed è un movimento di protesta contro i partiti, le caste, il sistema, ma anche qualsiasi forma di progresso e conquista di mercato, che Grillo e il suo movimento si sono trovati soli a rappresentare, dunque a intitolarsi, ma che è stato alimentato negli ultimi mesi un po’ da tutti, compresi i giornali vicini agli elettori moderati e liberali. Che questi elettori non siano caduti in bocca a Grillo, che abbiano scelto di stare a casa, è da un lato un miracolo, dall’altro la prova che i consensi perduti negli ultimi due anni, di malgoverno prima di tradimento dopo, possono essere recuperati.
Il vuoto attuale viene paragonato alla caduta tremenda dei partiti della Prima Repubblica; allora l’inevitabile vittoria di sinistra e magistratura contigua, a destra e contro il sistema solo l’emergente e brutale Lega, fu fermata a sorpresa, in pochi mesi, dalla creazione di un movimento, Forza Italia, e dalla discesa in campo di un non politico, Silvio Berlusconi. Anche la Seconda è finita, e c’è poco da cambiare cavallo o misurare l’eventuale ritorno del vecchio capo, perché il centrodestra berlusconiano e leghista è ritenuto responsabile tutto della crisi economica e sociale. Lo scontento naturalmente riguarda anche il Partito Democratico, che ha co -appoggiato il governo tecnico e i suoi drastici, convenzionali rimedi, ma che prima, negli ultimi tremendi anni, era all’opposizione, che ha mantenuto una qualche forma di coalizione, e dunque paga un pegno minore, per ora. Il Pd i suoi guai li ha, ma non è questo oggi che mi interessa. Quel che mi interessa è che la destra, i moderati, i liberali, i conservatori europei si sono dimenticati la lezione straordinaria della grande Thatcher e si sono messi a gonfiare lo Stato, ad aumentare le tasse, a finanziare il mostro di Bruxelles, Strasburgo e Lussemburgo, la burocrazia dell’Unione, che così facendo hanno per forza indotto maggiore corruzione. Hanno tradito e ora, Paese dopo Paese, non solo in Italia, stanno perdendo.
Il partito leggero che ho in mente taglierà, ridurrà, abolirà: leggi, spesa pubblica, tasse, patrimonio pubblico, intervento dello Stato. Restituirà all’individuo libertà naturali, agli italiani la creatività che tutti ci riconoscono, che la storia dimostra, che abbiamo perduto finché restiamo in patria. Il programma si scrive in poco tempo, l’Italia è piena di liberali straordinari giunti al lumicino della speranza. Gli altri, i reduci del carrozzone che fu il glorioso centro destra, si possono unire, meglio accodare, siamo liberali, non giacobini.
Come detto, una sorta di MANIFESTO, a cui aderisco totalmente.
Il commento è di Fabrizio Rondolino.
RispondiEliminaLo riporto perché merita di essere letto e meditato.
Con Maria Giovanna condivido, da un po' di tempo, quasi tutto: tranne, forse, l'urgenza di fare un partito, o una lista, o una 'cosa' che si presenti alle elezioni. Mi piace l'idea situazionista di prendere uno che non c'entra niente e mandarlo in giro a prendere i voti delle casalinghe che cucinano il risotto (con tutto il rispetto per Scotti, s'intende); ma non mi convince il resto, e cioè il 'partito'. Per fare una cosa liberale in Italia bisognerebbe, come si diceva una volta, condurre prima una lunga battaglia culturale, senza la quale, temo, ogni proposta politica rischia di naufragare. Ma il tempo, obietta giustamente MGM, non c'è. E allora - non è una proposta, ma un argomento su cui sto riflettendo - meglio puntare su cause esterne al sistema per provocarne il crollo: il default, l'uscita dall'Euro. Quando lo Stato non avrà più soldi per pagare milioni di parassiti, la spending review diventerà una cosa seria: non prima. Se il Trio di Vasto prende nel 2013 la maggioranza alla Camera, e al Senato i grillini impediscono ogni maggioranza, il crollo finanziario (se già non è avvenuto prima) sarà a portata di mano. Sulle macerie dello statalismo andato in bancarotta, proprio come è accaduto nei paesi dell'Est, si potrà forse costruire una forza liberale. Forse...