domenica 6 maggio 2012

SULL'AUTORITARISMO FISCALE DELLO STATO ITALIANO

Ho riportato spesso in questi giorni i pareri di Piero Ostellino e Davide Giacalone sul carattere oppressivo e ormai tendente al dispotico del sistema fiscale italiano.
Siccome mi piace attraverso questo blog che , chi desidera, possa leggere direttamente quanto scritto dalle persone che cito, ecco di seguito i due ultimi interventi in materia dei due brillanti editorialisti.
Buona Lettura


Troppi equivoci sul governo Monti
Altro che «democrazia sospesa». Il rischio è l' autoritarismo
Con lo Stato che esige subito le tasse - anche quando ha torto: paga e poi si vedrà se hai ragione (solve et repete) - e onora i suoi debiti con anni di ritardo, e di fronte ai sempre più numerosi suicidi, il rifiuto del professor Monti della ragionevole (civile) proposta Alfano di poter scalare dalle tasse (dovute) i crediti (pretesi) rivela un totale disprezzo dei diritti dei cittadini. Ci volevano dei non eletti per dimostrare che un governo che non debba rispondere agli elettori è automaticamente dispotico. Altro che «democrazia sospesa»; qui siamo in pieno autoritarismo, mascherato da efficientismo, che sta distruggendo quel poco di democrazia liberale che c' era. Confesso che, conoscendolo come persona intellettualmente onesta, ed essendogli amico, mi ero illuso che il cattolico-liberale Monti, se non proprio propenso a far prevalere l' umanesimo cristiano sulla (disumana) Ragion di Stato - che, peraltro, è teoria di un cattolico (Botero) - fosse almeno incline a ricordarsi di essere liberale. Invece, per dirla con lord Acton, «se il potere corrompe, il potere assoluto (incontrollato) corrompe assolutissimamente». Ho l' impressione che questi professori si prendano un po' troppo sul serio nel ruolo di «salvatori della Patria» e tendano a comportarsi con i cittadini come, probabilmente, si comportavano con i propri studenti. La politica, in una democrazia liberale, non è «prendere o lasciare», ma rispetto (costituzionale) dei diritti e delle libertà individuali, nonché delle minoranze. Ma qui chi controlla? Non lo fanno i partiti in Parlamento, ormai supini - per incultura, debolezza e provincialismo - «a quelli che sanno». Non i media - che dovrebbero legittimare l' Ordinamento esistente, ma anche fornire al cittadino gli strumenti per capire e giudicare - e sono una sorta di neoMinculpop: «il Duce ha sempre ragione»; anche se Monti non sempre ce l' ha. Non un' opinione pubblica frastornata cui è stato fatto credere di essere in guerra - contro lo spread - le si nasconde che questo governo non è «la soluzione», ma sta diventando «un problema», e inclina verso un «fascismo di popolo». Sono rimasto il solo a dirlo e mi spiace ripeterlo: è, nelle parole di Piero Gobetti sul fascismo, «l' autobiografia di una nazione». Altro caso. L' esenzione fiscale della prima casa non sarebbe una forma di «evasione fiscale» come sostiene il governo; ecco un altro (suo) tratto antidemocratico, per non dire illiberale. La prima casa - spesso frutto del risparmio di una vita sul quale si sono già pagate le tasse - è un «bene primario» per i meno abbienti; che non hanno l' alternativa fra la casa e andare a dormire sotto i ponti. Dovrebbe essere la soglia minima oltre la quale il Fisco non dovrebbe andare in uno Stato che voglia essere davvero sociale. Invece, la sua esenzione è sprezzantemente equiparata a un reato; mentre, in nome della giustizia sociale, si sta massacrando di tasse (soprattutto) i ceti meno abbienti.
PIERO OSTELLINO 

Terrore fiscale
Non basta la pressione, non son paghi del moralismo, siamo giunti al terrore fiscale. C’è chi perde la testa abbandonandosi, inammissibilmente, alla violenza su altri o su sé, ma non è che la testa di chi amministra la faccenda sia del tutto fredda e razionale. Dirlo sarà anche fastidioso e urticante, ma necessario, perché le ricadute di questa stagione, dei suoi riti e delle sue arroganze, ce le trascineremo dietro per anni, al termine dei quali vedo già lo sbocco forzato: il condono. Il terrore fiscale prende corpo proprio quando il governo pensa di mostrare il volto umano, quando tende la mano verso i cittadini presi in ostaggio: e va bene, suvvia, se si commetteranno degli errori nel calcolo dell’Imu stiamo prendendo in considerazione l’ipotesi (notare la modalità espressiva) di non mettere sanzioni; e va bene, dai, introduciamo in legge fiscale l’abuso di diritto, ma ne depenalizziamo gli effetti. Sono delle aggravanti, non dei passi in avanti.
La sanzione per chi commette un errore di calcolo, o di compilazione, semplicemente non dovrebbe mai esistere. Non è che, carinamente, ci si mostra disponibili a discuterne, no: è un tema osceno, perché tradisce una mentalità da Stato dispotico, secondo cui è il cittadino a doversi adoperare per comprendere e ossequiare la norma, non la legge a dovere essere chiara e gli obblighi che ne derivano non prestarsi ad equivoci. L’errore, poi, non nasce perché il cittadino è un deficiente, ma, semmai, per la deficienza con cui si compilano gli editti fiscali. Costringendo ciascuno a vivere nel terrore di non essere in regola.
Io, come tantissimi altri, non solo pago le tasse, ma ne pago anche per riuscire a pagarle, portando lavoro al commercialista. Può darsi che sia cretino alla nascita, ma non saprei adempiere a nessuno dei numerosissimi obblighi e onorare le continue scadenze, da solo. Il che non è affatto normale, tanto più che l’ottimo professionista che mi segue spesso mi aggiorna dicendo: adesso dobbiamo pagare la gabella tale, ma non so dirti a quanto ammonta perché non ci hanno ancora detto come si calcola. E’ vero che “ignorantia legis non exusat”, ma neanche l’ignoranza di chi le scrive dovrebbe essere ammessa.
In uno Stato di diritto, abitato da cittadini e non da sudditi, si paga non l’errore, ma il tentativo di sottrarsi ai propri doveri o l’avere infranto la legge. Quello di cui si sente il bisogno non è la benevolenza dell’esattore, ma la certezza del diritto e del dovere. Se così non è la colpa ricade sul governante e sul legislatore, non sul cittadino.
Il fatto è che a chi governa, oggi, il terrore piace. Torno sul tema dell’abuso di diritto, perché è gravissimo. Si è fatta una gran confusione con la depenalizzazione dell’elusione fiscale, dimenticando (o non sapendo, per ignoranza), che mentre in uno Stato di diritto si scrivono le sentenze aderendo alla legge da noi sta succedendo il contrario: si scrivono le leggi copiando dalle sentenze. E non contenti di questo, non contenti di volere dare valore di legge al principio che il cittadino (e l’impresa) non solo deve rispettare la legge, ma deve stare bene attento a scegliere, nel bordello di norme e regolamenti, quelle per lui più onerose, giacché il rispettare la legge e il farlo traendone convenienza diventa un “abuso”, non contenti di questo abominio si sono spinti a sostenere che il professionista che ti abbia assistito in tale operazione, che ti abbia guidato nel rispetto della legge e nella ricerca della convenienza, ne risponde personalmente e patrimonialmente. E’ pazzesco. E’ terrorismo. Così si trasforma il commercialista nell’ennesimo esattore al servizio di uno Stato teocratico, nel quale non vale la regolarità formale (l’unica controllabile), ma anche quella dell’animo, dell’intenzione, del pensiero recondito.
Non accetto il ricatto. So benissimo in che condizioni ci troviamo, anche perché le vedemmo e descrivemmo per tempo. So che a chi governa in funzione commissariale non si possono chiedere miracoli. Che senza tagli e vendite c’è la sola strada dell’imposizione. Lo so, ed è per questo che preferisco le altre due. Ma so anche che se per far cassa si scassa il diritto e si umiliano i diritti, alla fine del percorso non c’è lo Stato risanato: c’è la distruzione dello Stato.
DAVIDE GIACALONE 

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