Siccome mi piace attraverso questo blog che , chi desidera, possa leggere direttamente quanto scritto dalle persone che cito, ecco di seguito i due ultimi interventi in materia dei due brillanti editorialisti.
Buona Lettura
Troppi equivoci sul governo Monti
Altro che «democrazia sospesa». Il rischio è l'
autoritarismo
Con lo Stato che esige subito le tasse - anche quando ha
torto: paga e poi si vedrà se hai ragione (solve et repete) - e onora i suoi
debiti con anni di ritardo, e di fronte ai sempre più numerosi suicidi, il
rifiuto del professor Monti della ragionevole (civile) proposta Alfano di poter
scalare dalle tasse (dovute) i crediti (pretesi) rivela un totale disprezzo dei
diritti dei cittadini. Ci volevano dei non eletti per dimostrare che un governo
che non debba rispondere agli elettori è automaticamente dispotico. Altro che
«democrazia sospesa»; qui siamo in pieno autoritarismo, mascherato da
efficientismo, che sta distruggendo quel poco di democrazia liberale che c'
era. Confesso che, conoscendolo come persona intellettualmente onesta, ed
essendogli amico, mi ero illuso che il cattolico-liberale Monti, se non proprio
propenso a far prevalere l' umanesimo cristiano sulla (disumana) Ragion di
Stato - che, peraltro, è teoria di un cattolico (Botero) - fosse almeno incline
a ricordarsi di essere liberale. Invece, per dirla con lord Acton, «se il
potere corrompe, il potere assoluto (incontrollato) corrompe
assolutissimamente». Ho l' impressione che questi professori si prendano un po'
troppo sul serio nel ruolo di «salvatori della Patria» e tendano a comportarsi
con i cittadini come, probabilmente, si comportavano con i propri studenti. La
politica, in una democrazia liberale, non è «prendere o lasciare», ma rispetto
(costituzionale) dei diritti e delle libertà individuali, nonché delle
minoranze. Ma qui chi controlla? Non lo fanno i partiti in Parlamento, ormai
supini - per incultura, debolezza e provincialismo - «a quelli che sanno». Non
i media - che dovrebbero legittimare l' Ordinamento esistente, ma anche fornire
al cittadino gli strumenti per capire e giudicare - e sono una sorta di
neoMinculpop: «il Duce ha sempre ragione»; anche se Monti non sempre ce l' ha.
Non un' opinione pubblica frastornata cui è stato fatto credere di essere in
guerra - contro lo spread - le si nasconde che questo governo non è «la
soluzione», ma sta diventando «un problema», e inclina verso un «fascismo di
popolo». Sono rimasto il solo a dirlo e mi spiace ripeterlo: è, nelle parole di
Piero Gobetti sul fascismo, «l' autobiografia di una nazione». Altro caso. L'
esenzione fiscale della prima casa non sarebbe una forma di «evasione fiscale»
come sostiene il governo; ecco un altro (suo) tratto antidemocratico, per non
dire illiberale. La prima casa - spesso frutto del risparmio di una vita sul
quale si sono già pagate le tasse - è un «bene primario» per i meno abbienti;
che non hanno l' alternativa fra la casa e andare a dormire sotto i ponti.
Dovrebbe essere la soglia minima oltre la quale il Fisco non dovrebbe andare in
uno Stato che voglia essere davvero sociale. Invece, la sua esenzione è
sprezzantemente equiparata a un reato; mentre, in nome della giustizia sociale,
si sta massacrando di tasse (soprattutto) i ceti meno abbienti.
PIERO OSTELLINO
Terrore fiscale
Non basta la pressione, non son paghi del moralismo, siamo
giunti al terrore fiscale. C’è chi perde la testa abbandonandosi,
inammissibilmente, alla violenza su altri o su sé, ma non è che la testa di chi
amministra la faccenda sia del tutto fredda e razionale. Dirlo sarà anche
fastidioso e urticante, ma necessario, perché le ricadute di questa stagione,
dei suoi riti e delle sue arroganze, ce le trascineremo dietro per anni, al
termine dei quali vedo già lo sbocco forzato: il condono. Il terrore fiscale
prende corpo proprio quando il governo pensa di mostrare il volto umano, quando
tende la mano verso i cittadini presi in ostaggio: e va bene, suvvia, se si
commetteranno degli errori nel calcolo dell’Imu stiamo prendendo in
considerazione l’ipotesi (notare la modalità espressiva) di non mettere
sanzioni; e va bene, dai, introduciamo in legge fiscale l’abuso di diritto, ma
ne depenalizziamo gli effetti. Sono delle aggravanti, non dei passi in avanti.
La sanzione per chi commette un errore di calcolo, o di
compilazione, semplicemente non dovrebbe mai esistere. Non è che, carinamente,
ci si mostra disponibili a discuterne, no: è un tema osceno, perché tradisce
una mentalità da Stato dispotico, secondo cui è il cittadino a doversi
adoperare per comprendere e ossequiare la norma, non la legge a dovere essere
chiara e gli obblighi che ne derivano non prestarsi ad equivoci. L’errore, poi,
non nasce perché il cittadino è un deficiente, ma, semmai, per la deficienza
con cui si compilano gli editti fiscali. Costringendo ciascuno a vivere nel
terrore di non essere in regola.
Io, come tantissimi altri, non solo pago le tasse, ma ne
pago anche per riuscire a pagarle, portando lavoro al commercialista. Può darsi
che sia cretino alla nascita, ma non saprei adempiere a nessuno dei
numerosissimi obblighi e onorare le continue scadenze, da solo. Il che non è
affatto normale, tanto più che l’ottimo professionista che mi segue spesso mi
aggiorna dicendo: adesso dobbiamo pagare la gabella tale, ma non so dirti a quanto
ammonta perché non ci hanno ancora detto come si calcola. E’ vero che
“ignorantia legis non exusat”, ma neanche l’ignoranza di chi le scrive dovrebbe
essere ammessa.
In uno Stato di diritto, abitato da cittadini e non da
sudditi, si paga non l’errore, ma il tentativo di sottrarsi ai propri doveri o
l’avere infranto la legge. Quello di cui si sente il bisogno non è la
benevolenza dell’esattore, ma la certezza del diritto e del dovere. Se così non
è la colpa ricade sul governante e sul legislatore, non sul cittadino.
Il fatto è che a chi governa, oggi, il terrore piace. Torno
sul tema dell’abuso di diritto, perché è gravissimo. Si è fatta una gran
confusione con la depenalizzazione dell’elusione fiscale, dimenticando (o non
sapendo, per ignoranza), che mentre in uno Stato di diritto si scrivono le
sentenze aderendo alla legge da noi sta succedendo il contrario: si scrivono le
leggi copiando dalle sentenze. E non contenti di questo, non contenti di volere
dare valore di legge al principio che il cittadino (e l’impresa) non solo deve
rispettare la legge, ma deve stare bene attento a scegliere, nel bordello di
norme e regolamenti, quelle per lui più onerose, giacché il rispettare la legge
e il farlo traendone convenienza diventa un “abuso”, non contenti di questo
abominio si sono spinti a sostenere che il professionista che ti abbia
assistito in tale operazione, che ti abbia guidato nel rispetto della legge e
nella ricerca della convenienza, ne risponde personalmente e patrimonialmente.
E’ pazzesco. E’ terrorismo. Così si trasforma il commercialista nell’ennesimo
esattore al servizio di uno Stato teocratico, nel quale non vale la regolarità
formale (l’unica controllabile), ma anche quella dell’animo, dell’intenzione,
del pensiero recondito.
Non accetto il ricatto. So benissimo in che condizioni ci
troviamo, anche perché le vedemmo e descrivemmo per tempo. So che a chi governa
in funzione commissariale non si possono chiedere miracoli. Che senza tagli e
vendite c’è la sola strada dell’imposizione. Lo so, ed è per questo che
preferisco le altre due. Ma so anche che se per far cassa si scassa il diritto
e si umiliano i diritti, alla fine del percorso non c’è lo Stato risanato: c’è
la distruzione dello Stato.
DAVIDE GIACALONE
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