Ieri avevamo scritto ( http://ultimocamerlengo.blogspot.it/2012/06/proposito-di-germania.html), alla vigilia del summit europeo che "deciderà le sorti dell'Euro e dell'Unione" (mi avessero dato 10 euro per ogni volta che l'hanno detto e scritto, questa estate andavo in vacanza gratis in un relais di lusso...) , come, a proposito di Germania, le posizioni in campo sono complesse, perché entrambe portatrici di errori e ragioni. Lo dicevo a seguito di una crescente campagna di stampa, italiana e di tutto il sud europeo, aspramente critica contro la Merkel e i tedeschi, indicati come egoisti se non colonizzatori e imperialisti, come da predisposizione genetica. Se questo è l'umore e il tenore dei commenti maggioritari, sono anche molti quelli che all'opposto difendono le posizioni della Cancelliera, secondo un principio non peregrino per il quale chi è causa del suo mal....
Però qui non è un problema astratto, chi ha ragione o no. Qui il problema è concreto. Si vuole o no che l'Unione Europea riprenda il suo faticoso cammino o ci si rassegna alla sua fine, col ripristino dello status pre euro se non addirittura pre Schengen? Il ritorno alle monete e alle frontiere nazionali non più ignorabili dai cittadini membri della Comunità . E se è il salvataggio dell'Europa Unita e Federata che si persegue, allora com'è possibile che la Merkel non veda come i famosi mercati se ne fregano abbastanza dei cammini virtuosi se NON vengono rassicurati sul fatto che, COMUNQUE, i loro soldi saranno garantiti ?
La Grecia pare continui a imbrogliare (assunti 70.000 nuovi statali al posto dei 90.000 prepensionati. Loro diranno che sono 20.000 in meno,ma il patto è che NESSUNO fosse riassunto, perché in meno dovevano essere TUTTI i 90.000). Ma il Portogallo i compiti li fa eccome, e anche la Spagna si è messa a farli, l'Irlanda non ne parliamo, che sono citati ad esempio della Merkel. E noi, a quanto si legge, a nostro volta avremmo imboccato la "direzione giusta". Francamente, non parrebbe, ma insomma lo dicono in diversi.
Eppure, lo Spread non scende sotto quota 400, e soprattutto i tassi di interesse italiani sono tornati al 6%, livello che , senza poter ricorrere alla svalutazione, è dichiarato INSOSTENIBILE.
Non sono solo numeri. L'Italia è come uno che ogni mese incassa 10 e spende 20. Sembrerebbe elementare che dovrebbe tagliare 10, che è quello che ci chiedono i tedeschi (se non 10, almeno 5 ). Ma non si può, perché abituati da decenni a vivere spendendo 20, il taglio sarebbe più che traumatico, MORTALE per la pace sociale. Quindi la soluzione è, da un lato pagare i debiti VENDENDO parte del patrimonio pubblico, soluzione che però NON esclude il taglio delle spese, perché i gioielli di casa, una volta venduti, non ci sono più, e quindi alla prossima tornata con cosa paghiamo le spese che sono rimaste superiori alle entrate ?. Semplicemente rende meno lontano il traguardo del risanamento e magari riduce la pendenza della strada necessaria per raggiungerlo Insomma se il debito dal 120%, attraverso la vendita dei beni pubblici, lo portiamo che so, a 80 (livello Germania) o anche 90 (livello Francia), poi potremmo anche ottenere che la residua riduzione - la meta è quota 60 - possa essere più graduale. Scritto così sembra facile, e anche Monti adesso parla di queste cose, ma intanto, tra il dire e il fare (già c'è chi protesta perché i beni dello Stato siano venduti....i dementi non mancano mai ) ce ne corre, e poi, i famosi mercati non è che aspettano tranquilli gli ANNI che questo modo comporta. Loro vogliono sapere se c'è qualcuno con i SOLDI - e solo la Germania in Europa ce li ha - che è disposto a GARANTIRE durante il tempo della cura. E la Merkel, che non si fida dei malati, questa garanzia NON la dà, a meno che, dice, non si trovi un modo che COSTRINGA i malati a prendere con continuità le medicine prescritte.
E così si torna al cerchio infernale.
Ma qualcosa bisognerà che s'inventino, e non per questioni ETICHE, il sogno europeo, la pace, che pure sono cose importanti ma proprio perché è palese che questa agonia aggrava i problemi , non è che li lascia così come sono.
Di conforto al mio pensiero, ma non certamente allo stato d'animo, sono le considerazioni di Davide
Giacalone che di seguito riporto
Equilibrio infernale
Il vertice europeo si apre con le peggiori premesse. La
ricerca di un compromesso non serve, quando le differenti posizioni rispondono a
modelli culturali incompatibili. Cercando il punto di equilibrio, quel che
consente a ciascuno dei capi di governo di tornare a casa dicendo di avere
ottenuto qualche cosa, non si fa che allungare l’elenco, oramai pericolosamente
lungo, degli errori europei.
Sul fronte degli interessi le posizioni contrapposte possono
essere così semplificate: da una parte la Germania, con altri nordici, che rifiutano
di pagare gli sperperi altrui; dall’altra i più indebitati, fra i quali noi,
impiccati a una moneta unica che consente ai tedeschi un ingiustificato
vantaggio di credito. Hanno ragione entrambe ed entrambe torto. Non si
capiranno mai, se non rileggeranno la storia. Cominciamo dalla Germania: il
dramma storico consiste nel fatto che l’Europa giunge alla sua prima,
durissima, crisi istituzionale avendo un capo del governo tedesco che non crede
nell’Europa, che non ricorda a chi deve (anche economicamente) l’unificazione,
che ha vissuto la guerra fredda dalla parte comunista e, quindi, subordina ogni
cosa alla grande Germania. E’ un incubo, di cui devono liberarsi i tedeschi. Il
guaio è che le posizioni della Merkel sono popolari, perché solleticano il lato
gretto dell’elettore-contribuente, lisciano il verso ottuso di chi guarda il
portafoglio, ma non ricorda come si è riempito. Se gli altri avessero ragionato
allo stesso modo oggi l’Europa sarebbe più piccola, l’area della Comunità più
coesa, e la signora Merkel sarebbe sindaco di una città povera e tetra, come lo
era il Paese nel quale è cresciuta.
Non per questo hanno ragione gli indebitati. Abbiamo uno
Stato sprecone, che al momento in cui entra in crisi il debito allunga le mani
sul mio patrimonio privato, anziché liquidare il suo, preleva ricchezza dal mio
reddito, anziché diminuire le sue spese dissennate e criminogene. Da questo
punto di vista Mario Monti ha sbagliato tutto, come, del resto, ha totalmente
fallito il governo precedente, guidato da Silvio Berlusconi, che ha
responsabilità enormi. E’ vero che con l’euro e gli spread che si divaricano i
tedeschi ci ammazzano, è vero che facendolo allargano lo spazio delle loro
aziende, ma il debito e la spesa pubblica fuori controllo sono colpe nostre.
Dobbiamo rimediare noi.
Questi due torti non possono essere mediati, perché così
andando producono solo i mille miliardi della Bce alle banche, destinati al
finanziamento del debito pubblico, salvo poi, come nel caso della Spagna,
allargare il debito pubblico per salvare le banche. E’ un circolo demenziale,
ma, appunto, frutto della mediazione. Il vertice che si apre oggi dovrebbe
averlo chiaro: il punto d’equilibrio si trova all’inferno. Così procedendo
salta tutto, perché ci vorrà tempo prima che i tedeschi scoprano il lato
masochista della loro posizione, e quando ne saranno consapevoli non ci sarà
più l’euro. Quindi sarà esplosa l’Unione.
Oggi Monti può ritagliarsi un posto nella storia. Come
governante italiano ha fallito, ma come europeo ha la sua occasione. La signora
Merkel deve rimangiarsi la frase sugli eurobond. E’ una dichiarazione di
guerra, sebbene finanziaria. Non abbiamo bisogno di una seconda conferenza di
Monaco (settembre 1938, l’anno successivo scoppiava la seconda guerra
mondiale). I francesi devono ammettere che non può esistere Unione senza
ulteriore cessione di sovranità. E noi, come altri, dobbiamo accettare che
l’abbattimento del debito non può farsi in venti anni, a carico dei cittadini e
delle imprese, ma va fatto subito, a carico dello Stato. Monti ha un vantaggio:
è stato insediato per applicare la ricetta tedesca è ora sa benissimo che non
funzionerà mai. Monti, quindi, deve mettere sul tavolo le sue dimissioni, non
per parlarne con truschinatori politicisti mentecitoriocentrici, ma per
avvisare i colleghi statisti che il prossimo passo cieco conduce alla
perdizione. Lasci stare le mozioni parlamentari, che contano quanto il due di
coppe mentre gli altri giocano a poker, avverta che la storia, i legami
internazionali e gli interessi faranno a pezzi un’Europa dimentica di quel che,
alla fine del secolo scorso, la portò a non essere più un protettorato della
guerra fredda e divenire un potenziale giocatore globale.
Accontentarsi di quel poco che si può raccattare
innescherebbe la crisi di governo. Ma questo sarebbe il meno. Sarebbe
trascurabile, a tratti ozioso. Quel che accadrebbe fuori è di gran lunga peggio.
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