Per la Procura, specie per quella di Palermo, il dubbio non sorge mai : TUTTI gli avvenimenti della vita sociale e politica HANNO connotati penalmente rilevanti, Se siano in mala fede o solo ossessionati questo io non lo so. E' comunque così.
STavolta però hanno toccato il "cane" sbagliato, perché di pentito in pentito, di intercettazione in intercettazione, oltre a infangare vari morti, hanno lanciato schizzi che sono arrivati, come ricordavamo, fino al Capo dello Stato. Che in questo momento è più che intoccabile : SACRO.
Dal PD, all'UDC, al PDL, è uno scudo solido che si leva contro i magistrati.
E' anche piacevole da vedere, se non fosse che non lo si fa per tutelare il DIRITTO, i confini e i rapporti tra Istituzioni, per arginare la deriva e tracimazione magistratuale, cosa buona e giusta. NO, succede perché stavolta il bersaglio è AMICO.
E questo francamente fa un po' vomitare.
Ecco le considerazioni in merito di Davide Giacalone, che sottoscrivo in toto.
Dovremo essere grati a Nicola Mancino, che inguaiando il
Colle ha scatenato un diluvio di articoli pensosi, vergati da costituzionalisti
preoccupati e commentatori affranti, sicché, infine, si son trovati a dover
sostenere quel che noi scrivevamo solitari: così non si può andare avanti.
Leggendoli, dopo un sorriso, trovo conferma di un fatto rilevante: sappiamo
tutti benissimo quel che si dovrebbe fare, per raddrizzare l’Italia, ma ogni
volta non ci si riesce perché i problemi si preferisce usarli come armi contro
gli avversari, piuttosto che risolverli. Speriamo che il rossore quirinalizio,
l’affannoso tentativo di minimizzare quel che è gigantesco, propizi il senso di
responsabilità, mettendo da parte l’innata italica faziosità.
Ora si mette in dubbio che sia sensato istruire un processo
sulla presunta trattativa fra lo Stato e la mafia. Ora si dice che, ove mai ci
sia stata, se ne deve valutare la portata politica, non penale. Ancora non hanno
preso abbastanza coraggio, non riescono a mettere nero su bianco il nome di
Mario Mori, ancora è troppo forte la vergogna per averlo abbandonato, ma sono
sulla buona strada. Noi li aiutiamo da anni. Si facciano tornare alla mente
anche il nome di un altro carabiniere, Carmelo Canale: era il braccio destro di
Paolo Borsellino e fu abbandonato a un processo, durato anni lunghissimi, in
cui lo si accusava di mafia. Lo pronuncino, perché la vergogna odierna non sia
onta storica.
Comunque, se ne sono accorti: quel processo non sta in
piedi. Ben arrivati. Peccato ci siano riusciti solo perché quello sventurato di
Mancino ci ha trascinato dentro la presidenza della Repubblica. Il punto è: non
si chiede e non si deve chiedere impunità per nessuno, ma uno Stato che lascia
i propri servitori nelle mani dell’accusa penale, che continua nei tribunali la battaglia della mafia, non
merita rispetto. I politici che non sono all’altezza di capirlo ne meritano
ancora meno. Fa piacere leggerlo, ma era evidente da molti anni, come le nostre
parole, nel tempo, dimostrano.
Ora si accorgono che le intercettazioni telefoniche possono
essere un piede di porco con il quale si svelle ogni cosa, perché, come
giustamente, ma tardivamente e nell’occasione sbagliata, dice Giorgio
Napolitano: si tolgono frasi dal contesto, non si chiarisce l’insieme e si
specula sulle parole. Peccato che, fin qui, sia stato uno sport nazionale.
Praticato da quanti oggi lo rimproverano agli altri. Il che ha un lato divertente:
è irresistibilmente ridicolo vedere Repubblica che si scapicolla a sostenere
che in tal modo non si possono massacrare le istituzioni. Perbacco, da che
pulpito!
Solo che ancora non hanno il coraggio di imboccare la via
giusta: non si devono limitare le intercettazioni, che sono strumenti
d’indagine e prevenzione, ma si deve cancellarne l’uso giudiziario, quindi il
deposito delle trascrizioni e l’immediata pubblicazione sui numerosi mattinali
di polizia, quali si sono ridotti a essere i giornali italiani.
Ora dicono che i magistrati devono accertare i reati, non
scrivere o riscrivere la storia. Ci sono arrivati dopo avere pubblicato non so
quante “verità” dei questurini, non so quante “rivelazioni” provenienti dalle
celle, salvo poi nascondere con due righe in cronaca l’unica verità vera: erano
boiate. Comunque: ben venuti. Adesso si tratta di passare dalle parole ai
fatti: le sentenze sociologiche sono abominevoli, la letteratura giudiziaria è
deviazionista, la magistratura combattente una violazione del diritto, quindi
della legalità.
Ora si dice che, in un così grave momento di crisi, è da
irresponsabili indebolire il vertice dello Stato. Quello del governo fu
spolpato nel mentre i titoli del nostro debito pubblico finivano sotto attacco.
Ma, ancora una volta, non si tratta di non potere o dovere pubblicare quel che
emerge, o tacere quel che si pensa, ma di disporre di un sistema giudiziario
che liberi in fretta gli innocenti dal sospetto, condannando i colpevoli. Si
deve diffondere la cultura del diritto, secondo cui ciascuno è innocente, fino
a condanna. (A tal proposito, tra parentesi, avere consentito l’arresto di un
senatore, senza che sussista la benché minima esigenza cautelare, è segno di
tale incommensurabile viltà, è confessione di una tale chilometrica coda di
paglia, che la permanenza di una tale classe politica è nocumento alla
Repubblica).
Fin qui questi mali ce li si è tirati dietro, sperano
d’annientarci l’avversario. Lo ha fatto la sinistra contro la destra e la
destra contro la sinistra. L’ultimo (in ordine di tempo) pugnale ha trafitto
l’uomo del Colle. Forse ci siamo: continuare così è suicida. Quel che
Napolitano non capì ieri, quando si metteva di traverso, e non capisce oggi,
quando cerca di mettersi di sguincio, è che servono le riforme, serve la
giustizia, serve il diritto. Non serve a nulla pretendere di salvarsi da soli.
Oltre tutto è impossibile.
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