Io sono pronto a scommettere che se Fassina, che ha il delicato ruolo di portavoce economico del PD, potesse dire che il suo non è un parlare a vanvera (come è solito fare) ma la LINEA del partito dato vincitore nelle prossime elezioni, lo spread italiano volerebbe verso quote greche. Ma soprattutto, un PD che finalmente gettasse la maschera democratica e riabbracciasse l'antica fede, sarebbe l'unica vera medicina per il campo confuso e disperso del centrodestra, per ricompattarlo fino a farlo vincere ancora una volta.
Tornando a Renzi, come dargli torto quando ricorda la contiuua deroga applicata allo statuto del partito che prevede un massimo di tre legislature per gli iscritti al parlamento? D'Alema e Veltroni sono a SETTE!!!, Marini pure, la Bindi a cinque...
Come non ridere, sia pure masticando anche un po' amaro, alla rievocazione dei Righeira, che trionfavano nell'estate del 1985, quando tutti i soggetti nominati già erano belli e impoltronati a Montecitorio o Palazzo Madama ...?
Certo, non è che dall'altra parte, con Cicchitto, Gasparri, La Russa vadano meglio. E dopo 20 anni e alla vigilia dei 76 anche la velleità di Berlusconi, che ogni tanto pare tentato dal "ritorno" in prima fila, non è che deponga bene sulla predisposizione al ricambio e al rinnovamento della classe dirigente.
E' anche vero che tutto questo darsi da fare, agitarsi, sembra piuttosto inutile.
Monti, poveraccio, è lì che si danna tra un vertice e l'altro per evitarci la fine della Grecia e l'imposizione evidente e palese del controllo straniero. Ed uno "apprezzato in campo internazionale (alemo questo vuole la leggenda) ....figuriamoci se e quando a Palazzo Chigi siederanno i fautori della giustizia sociale come pregiudiziale sulle riforme economiche, della patrimoniale come strumento per il reperimento di risorse, una nuova imbarcata di assunzioni pubbliche per combattere la disoccupazione...Altro che Spread berlusconiano caro Letta!!
Da leggere l'articolo di Battista sulla kermesse renziana
“IL BRICOLAGE DI RENZI CHE CITA I
RIGHEIRA”
Mary Poppins, per quanto antica, appare decisamente post. E
pop. Una icona non nuova, ma rinnovata. Tradizionale, ma non tanto da essere
menzionata, citata e proiettata nel discorso di un aspirante leader di partito.
E invece due minuti di Matteo Renzi sono stati interamente dedicati a lei, a
Mary Poppins. Tra una parabola sulla Polaroid e una citazione dei Righeira. Con
Renzi il Pd, piaccia o no, assume una coloritura post-ideologica. E non si
lascia alle spalle solo l'ideologia pesante e totalizzante, quella dell'èra dei
Togliatti e dei De Gasperi, o dei Berlinguer e dei Moro. No, anche quella,
moderna, disinvolta, dinamica, «di tendenza» di una generazione politica,
quella di Veltroni ma anche di D'Alema, che ai simboli della cultura politica
più tradizionale affiancava richiami al mondo «moderno» del cinema e della
canzone. Veltroni rilanciò l'«I care» di don Milani e l'omaggio alla tradizione
liberal-azionista con la visita torinese a Norberto Bobbio. Ma non risparmiava
citazioni e riferimenti a McEwan, o a De Gregori. Con Renzi la mescolanza tra i
due piani, tra la dimensione pop e quella più consona al vecchio stile del
discorso, si assottiglia fino a scomparire del tutto. Ha cominciato con
Fosbury, l'atleta che ha rivoluzionato la tecnica e lo stile (e l'efficacia)
del salto in alto in atletica leggera: lo avevano preso per pazzo con quel
salto di spalle, poi ogni record venne sbriciolato grazie a un movimento che
sarebbe diventato naturale e imprescindibile per tutti gli atleti impegnati in
quella specialità. Per parlare di innovazione e di coraggio, la vecchia
ideologia, pur resasi moderna e dinamica, avrebbe senza dubbio citato Steve
Jobs. Renzi no: è andato direttamente all'atletica leggera. E va al calcio
quando dice che nessuno è indispensabile, figurarsi una classe politica che è
incapace di farsi da parte. Parla di Guardiola che lascia il Barcellona di
Messi e Iniesta. E pensa a Bersani (oltre che ai maggiorenti del partito) a suo
avviso privi del coraggio di Guardiola. Va direttamente ai Righeira, simboli
del disimpegno canoro anni Ottanta, per criticare i parlamentari (D'Alema,
Veltroni, Bindi, Marini) che sono entrati al tempo dei Righeira, un secolo fa:
«L'estate sta finendo, il loro mandato no».
Cita Aldo Biscardi, nientemeno. Un personaggio
della vecchissima televisione ma è con l'immagine televisiva che la generazione
di Renzi è venuta su. È vero. Menziona un politico, un premio Nobel per la pace
che ha conosciuto le vessazioni del regime birmano ed è un simbolo della
battaglia contro l'oppressione: Aung San Suu Kyi. Ma è un riferimento
sufficientemente non circostanziato dal punto di vita ideologico per
consentirne una fruizione ecumenica e universalistica. Ma prima di tutto cita
la Polaroid, simbolo un po' vecchiotto della fotografia pre-digitale, che ebbe
un successo gigantesco nella generazione che precede quella di Renzi, che ha
conosciuto l'onta dell'obsolescenza, ma che ha saputo rinnovarsi per non
soccombere del tutto. Messaggio: la sfida delle novità tecnologiche va affrontata
con coraggio, altrimenti ci si inabissa nell'inutilità, nella marginalità, in
un oggetto di antiquariato se non addirittura in una cianfrusaglia da
dimenticare in cantina. E poi l'attore citato: Fabio Volo. Il simbolo di un
nuovo cinema, non Bertolucci o addirittura Fellini. Con i partiti all'antica ci
si industriava a costruire Pantheon, ascendenze, paternità, gallerie di
personaggi che dessero il senso di un «progetto» culturale e politico fatto
anche di tradizioni: tradizioni da superare, ma mai da dimenticare. Con Renzi
questo sforzo sembra invece destinato all'inconcludenza o alla frustrazione.
L'essere contemporanei è diverso dall'essere moderni (è uno dei dogmi del
post-moderno). E diventa impossibile prevedere quale tra i mille personaggi
della televisione e della musica «leggera» e dell'oggettistica commerciale
verrà preso a modello e messo su un piedistallo. Un lavoro di bricolage più che
di sistematizzazione ideologica. Un bagaglio leggero che lascia negli armadi le
armature pesanti del «vecchio» discorso politico. Può piacere o non piacere, ma
forse è il salto generazionale decisivo. Con la musica dei Righeira.
Mi e, forse, ti sorprendo quando alla fine della lettura di un tuo pezzo mi viene da dire: giusto, vero, proprio così, ecc.
RispondiEliminaPoi leggo sempre con piacere gli articoli ben scritti a cui fai riferimento ed in fine, purtroppo, traggo delle conclusioni quasi sempre amarissime. Questa volta sono assalito dal fondato timore che alle prossime elezioni, che avranno luogo con la stessa legge elettorale "porcata" che è tutt'ora in vigore, Matteo Renzi non lo candideranno neanche !!! UNCLE