domenica 24 giugno 2012

L'ESTATE DEI RIGHEIRA FINì, IL MANDATO DEI DINOSAURI POLITICI ITALIANI NON FINISCE MAI.

A Firenze Renzi, con una nuova edizione del Big Bang , prepara le sue  truppe per le primarie del PD. Non si è ancora capito se saranno aperte a tutti, come lo furono quelle di Prodi e Veltroni, se di coalizione - ma quale? nessuno ancora lo sa - o di partito. Quello che si immagina è che la formula che verrà adottata sarà quella più favorevole al segretario, Pierluigi Bersani, lo smacchiatore di giaguari. Io ho simpatia per Renzi, sul Camerlengo ho dedicato quattro post alla recensione del suo libro, e se fosse lui il candidato del PD, con un centrodestra così disastrato, gli darei tranquillamente il voto. Meglio lui di Grillo, di Vendola, DI Pietro e quel doppiop triplo giochista che è Casini (per non parlare di Fini). Il fatto poi che sia attaccato in modo scomposto da gente come Fassina e i cd. "giovani turchi" del PD me lo rende ancora più apprezzato. Fassina l'ha definito un porta borse (??) e un ripetitore di formule di centro destra. Capisco che per i comunisti del PD, perché questo sono i giovani turchi, Renzi sia inviso quasi quanto il vecchio Berlusc : non era ossessionato dal Caimano, parla di Merito, di liberalizzazioni, di decisionismo al posto della concertazione. Roba brutta per dei veri comunisti.  A me francamente una settimana di mano libera a Fassina per vedere la reazione dei mercati mi divertirebbe.Enrico Letta ha fatto la sua pessima figura pronosticando che l'uscita di Berlusconi dal governo avrebbe comportato l'immediato calo dello spread di 100 punti...(oggi, dopo 7 mesi di governo Monti, siamo felici di stare sotto quota 500...).
Io sono pronto a scommettere che se Fassina, che ha il delicato ruolo di portavoce economico del PD, potesse dire che il suo non è un parlare a vanvera (come è solito fare) ma la LINEA del partito dato vincitore nelle prossime elezioni,  lo spread italiano volerebbe verso quote greche. Ma soprattutto, un PD che finalmente gettasse la maschera democratica e riabbracciasse l'antica fede, sarebbe l'unica vera medicina per il campo confuso e disperso del centrodestra, per ricompattarlo fino a farlo vincere ancora una volta.
Tornando a Renzi, come dargli torto quando ricorda la contiuua deroga applicata allo statuto del partito che prevede un massimo di tre legislature per gli iscritti al parlamento? D'Alema e Veltroni sono a SETTE!!!, Marini pure, la Bindi a cinque...
Come non ridere, sia pure masticando anche un po' amaro,  alla rievocazione dei Righeira, che trionfavano nell'estate del  1985, quando tutti i soggetti nominati già erano belli e impoltronati a Montecitorio o Palazzo Madama ...?
Certo, non è che dall'altra parte, con Cicchitto, Gasparri, La Russa vadano meglio. E dopo 20 anni e alla vigilia dei 76 anche la velleità di Berlusconi, che ogni tanto pare tentato dal "ritorno" in prima fila, non è che deponga bene sulla predisposizione al ricambio e al rinnovamento della classe dirigente.
E' anche vero che tutto questo darsi da fare, agitarsi, sembra piuttosto inutile.
Monti, poveraccio, è lì che si danna tra un vertice e l'altro per evitarci la fine della Grecia e l'imposizione evidente e palese del controllo straniero. Ed uno "apprezzato in campo internazionale (alemo questo vuole la leggenda) ....figuriamoci se e quando a Palazzo Chigi siederanno i fautori della giustizia sociale come pregiudiziale sulle riforme economiche, della patrimoniale come strumento per il reperimento di risorse, una nuova imbarcata di assunzioni pubbliche per combattere la disoccupazione...Altro che Spread berlusconiano caro Letta!!
Da leggere l'articolo di Battista sulla kermesse renziana

  “IL BRICOLAGE DI RENZI CHE CITA I RIGHEIRA”

  Mary Poppins, per quanto antica, appare decisamente post. E pop. Una icona non nuova, ma rinnovata. Tradizionale, ma non tanto da essere menzionata, citata e proiettata nel discorso di un aspirante leader di partito. E invece due minuti di Matteo Renzi sono stati interamente dedicati a lei, a Mary Poppins. Tra una parabola sulla Polaroid e una citazione dei Righeira. Con Renzi il Pd, piaccia o no, assume una coloritura post-ideologica. E non si lascia alle spalle solo l'ideologia pesante e totalizzante, quella dell'èra dei Togliatti e dei De Gasperi, o dei Berlinguer e dei Moro. No, anche quella, moderna, disinvolta, dinamica, «di tendenza» di una generazione politica, quella di Veltroni ma anche di D'Alema, che ai simboli della cultura politica più tradizionale affiancava richiami al mondo «moderno» del cinema e della canzone. Veltroni rilanciò l'«I care» di don Milani e l'omaggio alla tradizione liberal-azionista con la visita torinese a Norberto Bobbio. Ma non risparmiava citazioni e riferimenti a McEwan, o a De Gregori. Con Renzi la mescolanza tra i due piani, tra la dimensione pop e quella più consona al vecchio stile del discorso, si assottiglia fino a scomparire del tutto. Ha cominciato con Fosbury, l'atleta che ha rivoluzionato la tecnica e lo stile (e l'efficacia) del salto in alto in atletica leggera: lo avevano preso per pazzo con quel salto di spalle, poi ogni record venne sbriciolato grazie a un movimento che sarebbe diventato naturale e imprescindibile per tutti gli atleti impegnati in quella specialità. Per parlare di innovazione e di coraggio, la vecchia ideologia, pur resasi moderna e dinamica, avrebbe senza dubbio citato Steve Jobs. Renzi no: è andato direttamente all'atletica leggera. E va al calcio quando dice che nessuno è indispensabile, figurarsi una classe politica che è incapace di farsi da parte. Parla di Guardiola che lascia il Barcellona di Messi e Iniesta. E pensa a Bersani (oltre che ai maggiorenti del partito) a suo avviso privi del coraggio di Guardiola. Va direttamente ai Righeira, simboli del disimpegno canoro anni Ottanta, per criticare i parlamentari (D'Alema, Veltroni, Bindi, Marini) che sono entrati al tempo dei Righeira, un secolo fa: «L'estate sta finendo, il loro mandato no».



 Cita Aldo Biscardi, nientemeno. Un personaggio della vecchissima televisione ma è con l'immagine televisiva che la generazione di Renzi è venuta su. È vero. Menziona un politico, un premio Nobel per la pace che ha conosciuto le vessazioni del regime birmano ed è un simbolo della battaglia contro l'oppressione: Aung San Suu Kyi. Ma è un riferimento sufficientemente non circostanziato dal punto di vita ideologico per consentirne una fruizione ecumenica e universalistica. Ma prima di tutto cita la Polaroid, simbolo un po' vecchiotto della fotografia pre-digitale, che ebbe un successo gigantesco nella generazione che precede quella di Renzi, che ha conosciuto l'onta dell'obsolescenza, ma che ha saputo rinnovarsi per non soccombere del tutto. Messaggio: la sfida delle novità tecnologiche va affrontata con coraggio, altrimenti ci si inabissa nell'inutilità, nella marginalità, in un oggetto di antiquariato se non addirittura in una cianfrusaglia da dimenticare in cantina. E poi l'attore citato: Fabio Volo. Il simbolo di un nuovo cinema, non Bertolucci o addirittura Fellini. Con i partiti all'antica ci si industriava a costruire Pantheon, ascendenze, paternità, gallerie di personaggi che dessero il senso di un «progetto» culturale e politico fatto anche di tradizioni: tradizioni da superare, ma mai da dimenticare. Con Renzi questo sforzo sembra invece destinato all'inconcludenza o alla frustrazione. L'essere contemporanei è diverso dall'essere moderni (è uno dei dogmi del post-moderno). E diventa impossibile prevedere quale tra i mille personaggi della televisione e della musica «leggera» e dell'oggettistica commerciale verrà preso a modello e messo su un piedistallo. Un lavoro di bricolage più che di sistematizzazione ideologica. Un bagaglio leggero che lascia negli armadi le armature pesanti del «vecchio» discorso politico. Può piacere o non piacere, ma forse è il salto generazionale decisivo. Con la musica dei Righeira.




1 commento:

  1. Mi e, forse, ti sorprendo quando alla fine della lettura di un tuo pezzo mi viene da dire: giusto, vero, proprio così, ecc.
    Poi leggo sempre con piacere gli articoli ben scritti a cui fai riferimento ed in fine, purtroppo, traggo delle conclusioni quasi sempre amarissime. Questa volta sono assalito dal fondato timore che alle prossime elezioni, che avranno luogo con la stessa legge elettorale "porcata" che è tutt'ora in vigore, Matteo Renzi non lo candideranno neanche !!! UNCLE

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