Si, infatti. A distanza di 7 mesi abbiamo lo Spread intorno a quota 500, gli interessi sul debito al 6%, e in compenso le entrate fiscali sono, come ben si poteva immaginare, diminuite a causa della recessione.
Un capolavoro!
Ma non basta. Ripetuto sul piano fiscale il peggio di ogni governo passato ( accisa della benzina alle stelle, poi tabacco, ovviamente la casa attraverso l'IMU) , cosa sul piano delle privatizzazioni? NULLA. Non ne parlano proprio. Liberalizzazioni? Chiedete ai tassisti, ancora ridono. Riforma del lavoro? Per farla così, era meglio non farla. Sburocratizzazione? Semplificazione fiscale? Spending review?
La Spesa pubblica non è diminuita di un'euro, anzi, è aumentata.
Ma per questi brillanti risultati, c'era bisogno di un mini golpe costituzionale? Mandare al governo un premier e ministri non eletti, non scelti dall'elettorato?
Nell'antica Roma Repubblicana, quando lo Stato era in pericolo mortale, si ricorreva ai dittatori, per un periodo di tempo delimitato. Però a me Monti non mi pare efficiente come Cincinnato, tutt'altro.
Dicono che abbiamo guadagnato stima in Europa, che adesso la Merkel ci tratta con rispetto...
E sarà pure, però resta che siamo l'unico paese a cui è stato imposto il pareggio di bilancio per il 2013. L'UNICO. Perché abbiamo il debito pubblico più alto ? Probabile.
Però le nostre banche non sono (ancora) al collasso come quelle spagnole, e probabilmente meglio di quelle francesi (pericolosissimamente esposte con la Grecia), e se si sommano il nostro debito pubblico, con quello privato, siamo a livelli tedeschi (e molto meglio quindi di tutti gli altri, paesi nordici esclusi). La nostra industria manifatturiera, ancora oggi che siamo in stagnazione da tre lustri, è sempre la terza in Europa, e l'export conserva punti di eccellenza. Insomma, è vero che stiamo messi male ma nemmeno che non ci siano risorse su cui fare leva per migliorare le cose.
Parliamo di interventi noti: tagliare con l'accetta il debito, con dismissioni di parte del patrimonio statale , snellire il pachiderma allontanandolo da compiti NON suoi, come la gestione dell'economia tramite società partecipate e municipalizzate, riformare quei settori, come giustizia e amministrazione pubblica, per rendere più EFFICIENTE il paese, iniziare a ridurre le tasse almeno per le imprese, per ridare loro competitività.... ecco, queste cose il Governo Monti ha dimostrato di NON saperle fare.
Non vuole? Non può?
Non ha importanza. Non le fa.
E allora si accomodi. Non serve.
Alesina e Giavazzi, i professori bococniani e di università di oltre oceano, sono appunto tra quelli che di pazienza (e di fiducia) non ne hanno più.
Leggere per credere
LE FALSE PRIORITÀ DEL PAESE
La direzione è sbagliata
Sono giorni cruciali per l’euro e per l’Europa. Mario Monti
è al centro delle discussioni in cui sono impegnati i leader europei e questo
ruolo contribuisce a ridare prestigio al nostro Paese. Ma la riguadagnata
reputazione internazionale non sopravvivrebbe alla percezione che lo sforzo
riformatore del suo governo rischi il fallimento. Già molti osservatori sono
rimasti perplessi per i passi indietro compiuti sulle liberalizzazioni e sulla
riforma del mercato del lavoro. Ora si chiedono in che direzione si muoverà il
governo Monti. A noi pare si vada in quella sbagliata.
Il provvedimento più importante che il governo si appresta a
varare riguarda le infrastrutture fisiche. Lo abbiamo detto più volte, ma è
bene ripeterlo: non è questa la priorità dell’Italia. Che beneficio arreca a
un’impresa risparmiare mezz’ora fra Civitavecchia e Grosseto se poi deve
attendere dieci anni per la risoluzione di una causa civile, due per sapere da
un giudice se dovrà reintegrare sul posto di lavoro un dipendente che aveva
licenziato, oltre un anno per essere pagata da un’amministrazione pubblica?
A un Paese post industriale come l’Italia non servono più
infrastrutture fisiche. Servono infrastrutture di altro tipo: una giustizia
veloce, certezza del diritto, regolamenti snelli, un’amministrazione pubblica
che faccia il suo dovere e non imponga costi enormi a cittadini e imprese,
un’università che produca buon capitale umano e buona ricerca, e una lotta
efficace alla criminalità organizzata. Certo, più strade non impediscono di
riformare la giustizia, l’amministrazione pubblica o il mercato del lavoro. Ma
in realtà quando i politici progettano infrastrutture lo fanno perché non sanno
che cosa altro fare, bloccati dai mille vincoli che impediscono le vere
riforme. Più facile costruire strade e ferrovie aumentando le tasse, che fare
quelle riforme a costo zero che però toccano lobby potenti. Purtroppo non è
ubriacandoci di asfalto e traverse ferroviarie che il Paese ricomincerà a
crescere. Senza contare che con tassi sul debito pubblico al 6 per cento non è
certo un buon momento per indebitarsi.
Il governo pare si appresti a varare un provvedimento per
favorire il merito. Si concederanno benefici fiscali alle imprese che assumono
i «primi della classe». Perché mai? Vogliamo premiare gli imprenditori solo
perché fanno il loro interesse, assumendo i migliori? Si dice che questo
permetta più informazione sul merito dei laureandi: ma basterebbe obbligare
tutte le università a pubblicare sui loro siti i voti degli studenti e la
valutazione dei professori che hanno dato loro quei voti.
Pare poi che il ministro dell’Università, Francesco Profumo,
voglia mettere mano con vari ritocchi alla riforma Gelmini. Si rischia, fra
l’altro, di smontare gli incentivi introdotti da quella legge, ponendo un
limite a quanti fondi pubblici un ateneo può perdere se risulta fra i peggiori:
l’opposto di ciò che si dovrebbe fare. Finché le università non pagheranno di
persona per le scelte non meritocratiche che effettuano, ma saranno sempre e
comunque salvate dal contribuente, non c’è ritocco che quadri il cerchio.
Ciò che il governo oggi sta discutendo ci pare, purtroppo,
molto più simile alla vecchia politica che alla ventata innovatrice che
respirammo per qualche settimana lo scorso novembre.
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