Sarà perché è emiliano, e quelli dell'Emilia - Romagna a me stanno simpatici, sarà perché non ha i toni peggiori dei maggiorenti del PD, e quindi l'arroganza di D'Alema, la retorica stucchevole di Veltroni, l'isteria zitella della Bindi, ma anzi , il più delle volte, appare pacato e sinceramente preoccupato dei guai di questo paese...insomma, lo confesso, a me Bersani come persona non dispiace.
Ministro dell'Industria nell'ultimo governo Prodi, fu famoso per essere stato quello della "Lenzuolata" di liberalizzazioni. Niente di che eh! però, fatte da un ex comunista, era sorprendente!
Un tempo era anche più ironico, usava un certo casareccio umorismo, che ora ha un po' perso, stressato credo dalle beghe interne del PD (primarie sì, primarie no, nozze gay, i giovani turchi anti monti e liberal montiani) e dal difficile equilibrio col sindacato rosso e con l'alleato di sinistra, Vendola, che gli vuole imporre l'ormai detestato Di Pietro.
Man mano che si salgono i gradini del "potere" (uso le virgolette perché , in questa situazione di evidente commissariamento nazionale da parte della Germania e della UE, mi viene un po' da sorridere a parlare di potere, attribuito a qualsiasi politico italiano), si è evidentemente costretti a crescenti compromessi, soprattutto al ribasso.E così ci è toccato vedere, in occasione del referendum sull'acqua, che il Bersani di ieri, che intelligentemente spiegava come fosse opportuno, per un effettivo miglioramento del servizio idrico, affidarlo a gestioni private, ancorché attentamente sorvegliate dall'autorità pubblica, si piegava alla demagogia populista tesa a lasciare tutto com'è , con sprechi, disservizi, costi collettivi e inefficienza.
Al momento delle dimissioni di Berlusconi, in molti a sinistra erano fortemente tentati di irrigidirsi col Colle per chiedere quanto prima le elezioni anticipate, certi di vincerle a mani basse. Le volevano l'IDV, la sinistra radicale rimasta nel 2008 fuori dal parlamento (che bella cosa questa...), e anche la parte più fumantina del PD. Bersani, probabilmente temendo la fine di Prodi, vale a dire trovarsi leader di una maggioranza troppo frastagliata e disomogenea, e comunque accogliendo l'accorato appello del Presidente della Repubblica che vedeva ( e vede ) le elezioni come la peste , ha resistito alla tentazione della facile vittoria elettorale e ha accettato la difficile convivenza con il PDL a sostegno del governo Monti.
Ieri pubblicavo un articolo di Giuseppe Turani nel quale era scritto che a Monti sarebbe succeduto MONTI.
E che Bersani mai sarebbe salito a Palazzo Chigi (http://ultimocamerlengo.blogspot.it/2012/07/bersani-si-metta-lanima-in-pace-chi-ha.html).
Il segretario del PD ha altre sensazioni, e le ha illustrate nell'interessante intervista rilasciata ad Aldo Cazzullo del Corriere della Sera.
Buona Lettura
IL LEADER DEL PD E
IL RITORNO DEL CAVALIERE: «PER L'AMOR DI DIO, NIENTE GRANDI INTESE...».
«È tempo di
concentrarci sul Paese, perché si sta facendo dell'Italia il punto di leva per
ribaltare il carro dell'euro. O stringiamo almeno le cose che si sono decise, o
dobbiamo farci dare qualche margine in più per fronteggiare una recessione che
sarà durissima. L'Europa chiede una soluzione al quesito dell'affidabilità
dell'Italia. È tempo che la politica si prenda le sue responsabilità: le
eccezionalità non danno mai una percezione di affidabilità. Si deve smettere di
chiedere: "E dopo Monti cosa succede?". Predisponiamo un percorso e
una competizione: centrodestra contro centrosinistra. Proporrò con le primarie
un'offerta di partecipazione per la scelta del leader. E avanzerò una proposta
di serietà e rigore con dentro il cambiamento: un governo larghissimamente
rinnovato, che dia all'Italia la sensazione di avere energie nuove in campo. Un
colpo di reni».
Segretario Bersani,
partiamo dall'inizio. Sta dicendo che, se non scattano le misure anti-spread,
l'Italia deve poter spendere di più per la ripresa?
«È senza ripresa che
spendiamo di più! Noi siamo la cavia dell'attacco all'euro. Lo dice il
governatore Visco: 200-250 punti di spread ce li meritiamo; gli altri vengono
dall'attacco mirato contro di noi. O troviamo un meccanismo europeo che ci
protegga, oppure, siccome siamo gli unici vincolati al pareggio di bilancio in
tempi così rapidi, dobbiamo ottenere un margine per fronteggiare la recessione.
Saprei anche dove mettere le risorse».
Dove?
«Negli investimenti
che portano subito lavoro e innovazione: ossigeno agli enti locali per le
piccole opere, casa, efficienza energetica, agenda digitale».
Lei parla di un
«governo larghissimamente rinnovato». Questo significa che in caso di vittoria
del centrosinistra non ci sarebbe spazio per gli attuali ministri?
«A parte alcuni
presìdi essenziali di esperienza, punteremo su una nuova classe dirigente, una
nuova generazione. Non sarà un salto nel buio: è gente che ha già fatto
esperienza amministrativa».
Nomi?
«Non ne faccio. Ma
ce li ho in testa tutti».
E Monti che farà?
Potrebbe avere un futuro alla Ciampi, che fu premier di un «governo del
presidente» e poi ministro dell'Economia di un governo di centrosinistra?
«Come si dice in
questi casi, Monti è una grande risorsa per il Paese. Non spetta a me stabilire
quel che farà, ma a lui. La questione "quanto di Monti deve restare dopo
il 2013", che viene posta anche nel mio partito, non tiene conto che questa
maggioranza parlamentare non ha un indirizzo univoco. Monti intanto va
ringraziato per aver preso in mano un Paese sull'orlo del precipizio. Fa i suoi
errori, come tutti. Io gli sono leale; anche per questo credo di aver diritto
di segnalarli. Ma Monti è il pompiere. L'incendiario è un altro».
Il ritorno di
Berlusconi rende impossibile le grandi intese nel 2013?
«Per l'amor di Dio!
Qualunque sia il leader della destra, l'Italia ha diritto a una democrazia che
funzioni con due polmoni, a uscire dall'eccezionalità. Il fatto poi che ci sia
Berlusconi è grave perché il mondo ci guarda, e può pensare: davvero gli
italiani ritornano lì? Vorrei tranquillizzare tutti: Berlusconi non vincerà. Né
vogliamo passare mesi a pane e Berlusconi, con le sue donne e i suoi processi.
L'Italia ha altri problemi».
Quando si faranno le
primarie? E come?
«Vediamo di dire una
parola definitiva. Io voglio le primarie. Le voglio di coalizione: partiti,
associazioni. Benché sia il candidato statutario del Pd, non pretendo di essere
il candidato esclusivo. La data non la decidiamo da soli. Immagino che non sarà
né troppo lontana né troppo vicina al voto: diciamo entro fine anno».
Farete primarie a
doppio turno, come in Francia?
«Anche le regole non
le decidiamo da soli. Non lo escludo affatto. Ne discuteremo».
Quali sono i suoi
sentimenti nei confronti di Renzi?
«Io gli voglio bene.
Vorrei che pure lui volesse bene, non pretendo a me, ma al Pd. E venisse a dire
in casa le cose che invece dice fuori».
E di Grillo?
«Grillo è dentro le
insorgenze populiste e semplificatrici che da due anni emergono in tutta
Europa. Partono da istanze anche giuste e crescono ammucchiando cose
indistinte, in cui non c'è più destra né sinistra. Quel che ha detto Grillo
della Bindi non è "voce dal sen fuggita". Si mette in rete quel che
si pensa solleciti la pancia del Paese. Io rifiuto in radice questo schema. E
ricordo che le prossime elezioni non saranno solo una scelta politica ed
economica. In qualche misura saranno anche una scelta di civiltà. E allora bisogna
combattere. Se farò un governo io, la sua prima norma riguarderà il diritto dei
figli di immigrati nati qui e che studiano qui in Italia a chiamarsi finalmente
italiani».
Con quali alleanze
affronterà il voto? Non crede che dovrà scegliere tra Casini e Vendola?
«Io sono
progressista. Organizzo il campo dei progressisti. Sono sicuro che Vendola sarà
dentro questo quadro, che non è solo dei partiti ma anche dei civismi. E mi
rivolgo ai moderati. A chi si oppone a Berlusconi, Lega e Grillo, che ci vorrebbero
fuori dall'euro, dicono che non si devono pagare i debiti, sono contro gli
immigrati».
Ma l'alleanza si
farà prima o dopo il voto?
«Casini organizzi il
suo campo. Quando ci saranno le elezioni, e quando conosceremo il meccanismo
elettorale, vedremo le condizioni concrete di questa proposta. Quando lanciai,
due anni fa, un'alleanza tra progressisti e moderati, mi guardavano come se
fosse lunare. Invece ci avevo visto».
Tra i moderati c'è
anche Fini?
«Non voglio
ammucchiate, non sposo nessuno. Vedremo come si organizzerà il loro campo.
Propongo un patto di legislatura, per salvare il Paese e riformare la
Costituzione senza stravolgerla».
Ci sarà una lista
civica a fianco del Pd?
«Non penso a una lista
civica. Penso a un patto con i civismi e le cittadinanze attive: la politica si
concentra sui grandi temi, e si ritira dai luoghi impropri. Quel che abbiamo
fatto alla Rai lo faremo negli altri Cda, nelle Asl, nelle giunte. Perché
dev'essere un partito a nominare gli assessori? Dove è possibile sostituiamo al
controllo politico quello sociale, partecipativo, democratico. Decidano i
cittadini, gli utenti».
Siete disposti al
ritorno al proporzionale?
«Noi siamo per il
doppio turno. Ma gli altri non lo vogliono. Non vogliono neppure i collegi
uninominali maggioritari. Però non ci arrendiamo al Porcellum. Siamo pronti a
discutere. Con due paletti. La sera delle elezioni gli italiani devono capire
chi governerà, se no sarebbe un disastro, anche per l'Europa; questo implica un
premio di governabilità a chi arriva primo, che sia una lista o che siano liste
collegate. E i cittadini devono poter scegliere i loro rappresentanti».
Anche con le
preferenze?
«Le preferenze fanno
aumentare enormemente i costi e questo non piacerebbe agli italiani. E
costruiscono un rapporto cittadino-parlamentare molto labile. Meglio piuttosto
il sistema delle provinciali, con base significativamente proporzionale ma con
i collegi, in cui il partito si presenta con il volto di una persona che può
radicare un rapporto con il territorio».
Tra gli errori di
Monti c'è anche qualche capitolo della «spending review»?
«Sì. La
semplificazione istituzionale e della Pubblica amministrazione si può
addirittura rafforzare, ma alcuni meccanismi su sanità e servizi locali
rischiano di punire i virtuosi e premiare quelli che sforano. Chiedo di essere
ascoltato, come quando lanciai l'allarme sugli esodati. A volte possiamo dare
una mano a evitare guai. Fermi restando i saldi, propongo un confronto tra
regioni, enti locali e governo per correggere i meccanismi e scrivere entro due
mesi un patto da recepire nella legge di stabilità».
Vista la situazione
drammatica del Paese, non è un errore che il Pd metta in scena una rissa su un
tema pur importante come le nozze gay?
«Siamo l'unico
partito che discute sul serio. Non sempre i modi di discutere mi piacciono. Ho
visto forzature e personalismi. La chiudo lì: noi proponiamo le unioni gay, nei
dintorni della soluzione tedesca. A chi dice che è troppo, rispondo che non
possiamo restare fermi alla legislazione di Cipro e Turchia. A chi dice che è
poco, rispondo che chi vuol saltare tre scalini alla volta rischia di rimanere
al palo. Ricordo che viviamo in un Paese dove non è stato ancora possibile
approvare una legge contro l'omofobia».
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