giovedì 19 luglio 2012

BERSANI: "NEL 2013 NESSUNA GRANDE COALIZIONE. TORNERA' LA POLITICA"


Sarà perché è emiliano, e quelli dell'Emilia - Romagna a me stanno simpatici, sarà perché non ha i toni peggiori dei maggiorenti del PD, e quindi l'arroganza di D'Alema, la retorica stucchevole di Veltroni, l'isteria zitella della Bindi, ma anzi , il più delle volte, appare pacato e sinceramente preoccupato dei guai di questo paese...insomma, lo confesso, a me Bersani come persona non dispiace.
Ministro dell'Industria nell'ultimo governo Prodi, fu famoso per essere stato quello della "Lenzuolata" di liberalizzazioni. Niente di che eh! però, fatte da un ex comunista, era sorprendente!
Un tempo era anche più ironico, usava un certo casareccio umorismo, che ora ha un po' perso, stressato credo dalle beghe interne del PD (primarie sì, primarie no, nozze gay, i giovani turchi anti monti e liberal montiani) e dal difficile equilibrio col sindacato rosso e con l'alleato di sinistra, Vendola, che gli vuole imporre l'ormai detestato Di Pietro.
Man mano che si salgono i gradini del "potere" (uso le virgolette perché , in questa situazione di evidente commissariamento nazionale da parte della Germania e della UE, mi viene un po' da sorridere a parlare di potere, attribuito a qualsiasi politico italiano), si è evidentemente costretti a crescenti compromessi, soprattutto al ribasso.E così ci è toccato vedere, in occasione del referendum sull'acqua, che il Bersani di ieri, che intelligentemente spiegava come fosse opportuno, per un effettivo miglioramento del servizio idrico, affidarlo a gestioni private, ancorché attentamente sorvegliate dall'autorità pubblica, si piegava alla demagogia populista tesa a lasciare tutto com'è , con sprechi, disservizi, costi collettivi e inefficienza.
Al momento delle dimissioni di Berlusconi, in molti a sinistra erano fortemente tentati di irrigidirsi col Colle per chiedere quanto prima le elezioni anticipate, certi di vincerle a mani basse. Le volevano l'IDV, la sinistra radicale rimasta nel 2008 fuori dal parlamento (che bella cosa questa...), e anche la parte più fumantina del PD. Bersani, probabilmente temendo la fine di Prodi, vale a dire trovarsi leader di una maggioranza troppo frastagliata e disomogenea, e comunque accogliendo l'accorato appello del Presidente della Repubblica che vedeva ( e vede ) le elezioni come la peste , ha resistito alla tentazione della facile vittoria elettorale e ha accettato la difficile convivenza con il PDL a sostegno del governo Monti.
Ieri pubblicavo un articolo di Giuseppe Turani nel quale era scritto che a Monti sarebbe succeduto MONTI.
E che Bersani mai sarebbe salito a Palazzo Chigi (http://ultimocamerlengo.blogspot.it/2012/07/bersani-si-metta-lanima-in-pace-chi-ha.html).
Il segretario del PD ha altre sensazioni, e le ha illustrate nell'interessante intervista rilasciata ad Aldo Cazzullo del Corriere della Sera.
Buona Lettura


IL LEADER DEL PD E IL RITORNO DEL CAVALIERE: «PER L'AMOR DI DIO, NIENTE GRANDI INTESE...».
«È tempo di concentrarci sul Paese, perché si sta facendo dell'Italia il punto di leva per ribaltare il carro dell'euro. O stringiamo almeno le cose che si sono decise, o dobbiamo farci dare qualche margine in più per fronteggiare una recessione che sarà durissima. L'Europa chiede una soluzione al quesito dell'affidabilità dell'Italia. È tempo che la politica si prenda le sue responsabilità: le eccezionalità non danno mai una percezione di affidabilità. Si deve smettere di chiedere: "E dopo Monti cosa succede?". Predisponiamo un percorso e una competizione: centrodestra contro centrosinistra. Proporrò con le primarie un'offerta di partecipazione per la scelta del leader. E avanzerò una proposta di serietà e rigore con dentro il cambiamento: un governo larghissimamente rinnovato, che dia all'Italia la sensazione di avere energie nuove in campo. Un colpo di reni».

Segretario Bersani, partiamo dall'inizio. Sta dicendo che, se non scattano le misure anti-spread, l'Italia deve poter spendere di più per la ripresa?
«È senza ripresa che spendiamo di più! Noi siamo la cavia dell'attacco all'euro. Lo dice il governatore Visco: 200-250 punti di spread ce li meritiamo; gli altri vengono dall'attacco mirato contro di noi. O troviamo un meccanismo europeo che ci protegga, oppure, siccome siamo gli unici vincolati al pareggio di bilancio in tempi così rapidi, dobbiamo ottenere un margine per fronteggiare la recessione. Saprei anche dove mettere le risorse».

Dove?
«Negli investimenti che portano subito lavoro e innovazione: ossigeno agli enti locali per le piccole opere, casa, efficienza energetica, agenda digitale».

Lei parla di un «governo larghissimamente rinnovato». Questo significa che in caso di vittoria del centrosinistra non ci sarebbe spazio per gli attuali ministri?
«A parte alcuni presìdi essenziali di esperienza, punteremo su una nuova classe dirigente, una nuova generazione. Non sarà un salto nel buio: è gente che ha già fatto esperienza amministrativa».

Nomi?
«Non ne faccio. Ma ce li ho in testa tutti».

E Monti che farà? Potrebbe avere un futuro alla Ciampi, che fu premier di un «governo del presidente» e poi ministro dell'Economia di un governo di centrosinistra?
«Come si dice in questi casi, Monti è una grande risorsa per il Paese. Non spetta a me stabilire quel che farà, ma a lui. La questione "quanto di Monti deve restare dopo il 2013", che viene posta anche nel mio partito, non tiene conto che questa maggioranza parlamentare non ha un indirizzo univoco. Monti intanto va ringraziato per aver preso in mano un Paese sull'orlo del precipizio. Fa i suoi errori, come tutti. Io gli sono leale; anche per questo credo di aver diritto di segnalarli. Ma Monti è il pompiere. L'incendiario è un altro».

Il ritorno di Berlusconi rende impossibile le grandi intese nel 2013?
«Per l'amor di Dio! Qualunque sia il leader della destra, l'Italia ha diritto a una democrazia che funzioni con due polmoni, a uscire dall'eccezionalità. Il fatto poi che ci sia Berlusconi è grave perché il mondo ci guarda, e può pensare: davvero gli italiani ritornano lì? Vorrei tranquillizzare tutti: Berlusconi non vincerà. Né vogliamo passare mesi a pane e Berlusconi, con le sue donne e i suoi processi. L'Italia ha altri problemi».

Quando si faranno le primarie? E come?
«Vediamo di dire una parola definitiva. Io voglio le primarie. Le voglio di coalizione: partiti, associazioni. Benché sia il candidato statutario del Pd, non pretendo di essere il candidato esclusivo. La data non la decidiamo da soli. Immagino che non sarà né troppo lontana né troppo vicina al voto: diciamo entro fine anno».


Farete primarie a doppio turno, come in Francia?
«Anche le regole non le decidiamo da soli. Non lo escludo affatto. Ne discuteremo».


Quali sono i suoi sentimenti nei confronti di Renzi?
«Io gli voglio bene. Vorrei che pure lui volesse bene, non pretendo a me, ma al Pd. E venisse a dire in casa le cose che invece dice fuori».

E di Grillo?
«Grillo è dentro le insorgenze populiste e semplificatrici che da due anni emergono in tutta Europa. Partono da istanze anche giuste e crescono ammucchiando cose indistinte, in cui non c'è più destra né sinistra. Quel che ha detto Grillo della Bindi non è "voce dal sen fuggita". Si mette in rete quel che si pensa solleciti la pancia del Paese. Io rifiuto in radice questo schema. E ricordo che le prossime elezioni non saranno solo una scelta politica ed economica. In qualche misura saranno anche una scelta di civiltà. E allora bisogna combattere. Se farò un governo io, la sua prima norma riguarderà il diritto dei figli di immigrati nati qui e che studiano qui in Italia a chiamarsi finalmente italiani».


Con quali alleanze affronterà il voto? Non crede che dovrà scegliere tra Casini e Vendola?
«Io sono progressista. Organizzo il campo dei progressisti. Sono sicuro che Vendola sarà dentro questo quadro, che non è solo dei partiti ma anche dei civismi. E mi rivolgo ai moderati. A chi si oppone a Berlusconi, Lega e Grillo, che ci vorrebbero fuori dall'euro, dicono che non si devono pagare i debiti, sono contro gli immigrati».


Ma l'alleanza si farà prima o dopo il voto?
«Casini organizzi il suo campo. Quando ci saranno le elezioni, e quando conosceremo il meccanismo elettorale, vedremo le condizioni concrete di questa proposta. Quando lanciai, due anni fa, un'alleanza tra progressisti e moderati, mi guardavano come se fosse lunare. Invece ci avevo visto».


Tra i moderati c'è anche Fini?
«Non voglio ammucchiate, non sposo nessuno. Vedremo come si organizzerà il loro campo. Propongo un patto di legislatura, per salvare il Paese e riformare la Costituzione senza stravolgerla».


Ci sarà una lista civica a fianco del Pd?
«Non penso a una lista civica. Penso a un patto con i civismi e le cittadinanze attive: la politica si concentra sui grandi temi, e si ritira dai luoghi impropri. Quel che abbiamo fatto alla Rai lo faremo negli altri Cda, nelle Asl, nelle giunte. Perché dev'essere un partito a nominare gli assessori? Dove è possibile sostituiamo al controllo politico quello sociale, partecipativo, democratico. Decidano i cittadini, gli utenti».


Siete disposti al ritorno al proporzionale?
«Noi siamo per il doppio turno. Ma gli altri non lo vogliono. Non vogliono neppure i collegi uninominali maggioritari. Però non ci arrendiamo al Porcellum. Siamo pronti a discutere. Con due paletti. La sera delle elezioni gli italiani devono capire chi governerà, se no sarebbe un disastro, anche per l'Europa; questo implica un premio di governabilità a chi arriva primo, che sia una lista o che siano liste collegate. E i cittadini devono poter scegliere i loro rappresentanti».


Anche con le preferenze?
«Le preferenze fanno aumentare enormemente i costi e questo non piacerebbe agli italiani. E costruiscono un rapporto cittadino-parlamentare molto labile. Meglio piuttosto il sistema delle provinciali, con base significativamente proporzionale ma con i collegi, in cui il partito si presenta con il volto di una persona che può radicare un rapporto con il territorio».


Tra gli errori di Monti c'è anche qualche capitolo della «spending review»?
«Sì. La semplificazione istituzionale e della Pubblica amministrazione si può addirittura rafforzare, ma alcuni meccanismi su sanità e servizi locali rischiano di punire i virtuosi e premiare quelli che sforano. Chiedo di essere ascoltato, come quando lanciai l'allarme sugli esodati. A volte possiamo dare una mano a evitare guai. Fermi restando i saldi, propongo un confronto tra regioni, enti locali e governo per correggere i meccanismi e scrivere entro due mesi un patto da recepire nella legge di stabilità».


Vista la situazione drammatica del Paese, non è un errore che il Pd metta in scena una rissa su un tema pur importante come le nozze gay?
«Siamo l'unico partito che discute sul serio. Non sempre i modi di discutere mi piacciono. Ho visto forzature e personalismi. La chiudo lì: noi proponiamo le unioni gay, nei dintorni della soluzione tedesca. A chi dice che è troppo, rispondo che non possiamo restare fermi alla legislazione di Cipro e Turchia. A chi dice che è poco, rispondo che chi vuol saltare tre scalini alla volta rischia di rimanere al palo. Ricordo che viviamo in un Paese dove non è stato ancora possibile approvare una legge contro l'omofobia». 

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