mercoledì 18 luglio 2012

BERSANI SI METTA L'ANIMA IN PACE. CHI HA I SOLDI CHE CI SERVONO, NON LO VUOLE

Sono in molti a sostenere che, nel 2013, quando, malgrado il dispiacere di molti, in Italia e all'estero, torneremo a votare per finita legislatura, a Monti succederà...MONTI.
Quando si hanno 2000 miliardi di debiti e poche idee proprie per pagarli, tocca stare alle condizioni di chi quel debito ti da una mano a sopportarlo.
Comincia ad essere piuttosto chiaro che i provvedimenti, le riforme che lentamente e faticosamente si vanno delineando sono piuttosto omogenee per tutti (Spagna, Grecia, Portogallo, Irlanda e Italia, appunto), e da un momento all'altro mi aspetto anche da noi qualcosa tipo sforbiciata alle tredicesime (solo per fare un esempio). I sacrifici, ho forte l'idea, sono solo iniziati.
Le proteste ci sono e aumenteranno, ma guardate cosa sta per accadere in Sicilia.
Una politica clientelare e assistenziale che ha portato, sempre per essere esemplificativi, all'assunzione di 28.000 guardie forestali. In CANADA ce ne sono di MENO!! E anche i pochi esperti in Geografia hanno presente le dimensioni di quel paese e la sua consistenza boschiva!!
Adesso che il fiume dei soldi si è arrestato, il rischio è che per quei 28.000 forestali i soldi per lo stipendio non ci saranno più. E allora? La parola Default, usata per la Grecia, in Italia fa le prove partendo dalla Sicilia.
Chissà che effetto fa.
In questa situazione possiamo anche rompere il termometro che ci segnala che il paese è moribondo, ma se vogliamo tenerlo in vita abbiamo bisogno di medicine COSTOSE.
Adda passà a nuttata...come nella bella e triste commedia di De Filippo, e qui, vicini disposti a perdonare e a regalare la medicina salva vita non se ne vedono.
Per cui tocca stare alle condizioni di chi ce la può dare.
E tra queste, c'è che la politica avviata da Monti, debba proseguire anche dopo il 2013.
Così è, anche se non pare.
Istruttivo l'articolo di Giuseppe Turani sulla rivista U&B, anche in rete.


Il dopo-Monti è già deciso


 Pier Luigi Bersani è ancora convinto (o mostra di essere convinto) che sarà lui il prossimo presidente del Consiglio, nella primavera del 2013. Ma in realtà si sbaglia. E per più di un motivo. Intanto c’è la questione della coalizione con la quale vorrebbe arrivare a palazzo Chigi: Da Casini a Vendola. Si tratta di una formazione che non è d’accordo quasi su niente e che resisterebbe probabilmente solo alcune settimane. In sostanza: Bersani da solo non ha i voti per andare a palazzo Chigi e l’unica coalizione che forse riuscirà a mettere insieme è talmente dissonante da risultare quasi ridicola. Vendola vuole la pelle di Monti (e della politica di Monti e dell’Europa). Bersani e Casini invece hanno sostenuto l’attuale premier sino a oggi.

Senza trascurare il fatto che il Pd ha parecchie divisioni anche al suo interno: non si può dire che Fassina e i suoi amici siano proprio allineati sulla linea di Monti o dell’Europa. In più c’è l’ipoteca della Cgil, e questa è la questione più grave. Oggi il Pd appare come una formazione politica succube della Cgil. Solo che il sindacato di Susanna Camusso non è qualcosa che rappresenta interessi generali: ormai è una specie di scatolone con dentro qualche milione di pensionati, molti statali e enti locali e quel che resta dei metalmeccanici (peraltro tenuti sempre eccitati da una direzione Fiom fuori dal mondo).

In queste condizioni e con queste premesse il governo di Bersani verrebbe bocciato dai mercati (e sonoramente) ancora prima di aver ottenuto la fiducia delle Camere. La questione è molto seria perché i dirigenti del Pd sembrano molto decisi a voler mettere insieme questo governo.

In realtà comunque, non se ne farà nulla. L’organigramma dell’Italia posto elezioni 2013 è già stato messo insieme e già ottenuto tutte le possibili approvazioni planetarie. Nel senso che sono contenti i principali paesi europei, la Germania, l’America, il Fondo monetario e tutto il resto.

L’organigramma è molto semplice e in pratica rappresenta un aggiornamento di quanto è avvenuto da novembre in Italia. Si prosegue, cioè, sulla linea già impostata da Napolitano, con i partiti tradizionali abbastanza sullo sfondo più che in primo piano.

Al Quirinale, al posto di Giorgio Napolitano, che è in scadenza e che non vuole un reincarico, andrà proprio Mario Monti. E questa è una specie di garanzia per il resto dell’Europa. Un segnale che la politica italiana non farà i capricci e che la linea del risanamento andrà avanti.

Al posto di Mario Monti, a palazzo Chigi, andrà Corrado Passera, l’attuale ministro dello sviluppo economico. E anche questa è una garanzia di fatto richiesta dagli altri paesi europei per continuare a dare fiducia all’Italia.

In sostanza, anche dopo le elezioni della primavera prossima alla politica-politica italiana non resterà molto spazio. La politica economica italiana dovrà muoversi su un binario molto stretto e nessuno (nel mondo) ha voglia di vedere Vendola al welfare o Fassina all’economia.  

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