L'articolo, con il video che pure propongo, è del Corriere
della Sera, un giornale che non si caratterizza per la "caccia al
magistrato" e quindi una certa attendibilità ce l'ha.
Però il fatto che la condanna di questa ragazza per stalking
- la denuncia fu fatta dall'ex fidanzato - sia stata confermata fino in
Cassazione mi lascia perplesso.
Da noi il sistema giudiziario è irrimediabilmente lento, in
modo nocivo fino alla denegata giustizia, e la Pubblica Accusa è scivolata
verso una deriva troppo spesso manettara, col vizietto della pena anticipata
e/o della confessione estorta con il carcere "cautelare". Però io conservo
fiducia che quando finalmente i giudici DECIDONO, e quindi finalmente STUDIANO
il processo, le risultanze, le prove, poi siano seri e preparati, almeno per la
maggioranza.
Questa almeno è la mia esperienza nel civile, e mi piace
sperare che sia anche così nel penale (dove è ancora più importante , visto che
in ballo c'è la libertà delle persone).
Per questo motivo invito a prendere con prudenza questa
notizia. Qui sono sentiti Natascia, il padre di lei, il suo difensore,
concittadini che la conoscono e che giurano sulla sua bontà.
Non c'è nessuna domanda al PM (eppure mica che sono timidi
con la stampa, ANZI!!!), all'avvocato dell'ex fidanzato, per confrontare le
versioni, per chiedere loro come mai dopo "35 consulenze
psichiatriche", di cui ben 7 volte a valutarne la pericolosità, favorevoli
a Natascia, la stessa sia stata non solo condannata ma anche reclusa in
carcere e spedita in un manicomio criminale.
Magari una qualche spiegazione c'è, oppure, come non di rado
accade, le cose non stanno esattamente come sono state riportate.
Ad oggi, dopo 106 giorni, Natascia è stata scarcerata,
essendo stato ritenuto che il regime carcerario fosse incompatibile con
le cure di cui lei ha bisogno
Due elementi significativi : 1) Natasha non accoglie la
possibilità di patteggiare la pena, con i relativi benefici, ritenendo di
essere innocente ( il periodo di aggressività e non controllo sarebbero da
attribuire agli effetti collaterali di un farmaco da lei assunto contro il
Parkinson), e che ora che la medicina sbagliata è stata eliminata, lei è
tornata la brava ragazza che i suoi conoscenti e compaesani descrivono 2) Non
si rassegna alla condanna della giustizia italiana e si è rivolta alla Corte
Europea dei diritti dell'uomo a Strasburgo.
Insomma, sembra l'atteggiamento di una molto sicura di avere
ragione.
Come vedete, molte domande da questa storia, molti dubbi.
Che spessissimo la cronaca lascia irrisolti.
Però il Corriere è un giornale seguito, e magari, dopo aver
letto l'articolo denuncia, qualcuno dei soggetti coinvolti e qui criticati (i
giudici, in primis) potrebbero fornire qualche delucidazione utile.
Al momento, questo è.
Ecco l'articolo di Antonio Crispino
Stefano Turchetti ha condiviso un link.
«Io rinchiusa in un manicomio criminale per un
farmaco e per la malagiustizia»
La storia di Natascia Berardinucci, malata di Parkinson e condannata per stalking - di Antonio Crispino
Una bellissima ragazza dagli occhi leonini, i capelli lunghi
castani e un fisico statuario. La più bella, la più corteggiata del paese ma
anche la più brava. Perché Natascia Berardinucci è anche un'infermiera
professionale dell'Asl di Chieti, «una delle più brave», dicono i colleghi.
«Lei sa come prendere i pazienti».
Per la Sanità italiana invece Natascia è una ragazza che ha
scoperto presto il dolore sulla propria pelle: un Parkinson precoce che se non
curato bene rende difficile ogni movimento. Alcuni luminari le prescrivono un
medicinale a base di pramipexolo che lei inizia a prendere dal 2005. Ma nel
2007, dopo tre richiami dall'Enea (Ente Europeo del farmaco) la casa
farmaceutica che lo produce è indotta a descrivere nel bugiardino anche alcuni
effetti collaterali devastanti che interessano una piccola percentuale di
pazienti (3-4%) intaccando in loro tutti quelli che sono i sensori
dell'appagamento e della felicità. Nessuno però provvede a informare i pazienti
che hanno preso quel farmaco dal 2005 al 2007 dei possibili rischi che può
arrecare: shopping compulsivo, gioco d'azzardo compulsivo, ipersessualità e
iperbulimia. Natascia rientra in quel 3-4% secondo Flavia Valtosta, farmacologa
del San Raffaele di Milano. Si sveglia la notte per mangiare e per giocare al
gratta e vinci on line. Arriva a perdere circa 40mila euro, diventa bulimica e
aggressiva. Il compagno con cui programmava le nozze non capisce o finge di non
capire cosa succede. La denuncia per maltrattamenti arriva in seguito a uno
schiaffo di troppo: lui l'accusa di stalking, danneggiamento e lesioni. «Erano
lesioni reciproche ma per la giustizia Natascia diventa una stalker da
condannare. I giudici ignorano che la colpa principale di questi comportamenti
violenti è un effetto collaterale del farmaco che lei prendeva» dice il suo
avvocato Danielle Mastrangelo. Natascia viene sottoposta a 35 consulenze
psichiatriche in 90 giorni, 7 perizie per pericolosità, di cui tre ordinate dal
tribunale. Pur risultando tutte a suo favore (e benché incensurata), i giudici
le rifiutano la sospensione della pena o gli arresti domiciliari.
Cambia tre
carceri in tre mesi. Per 23 giorni viene tenuta in isolamento dai parenti.
La giustizia italiana decide che tutto questo non basta.
Natascia viene trasferita in un Opg, ossia un manicomio criminale. A Pisa le
sbagliano la cura antiParkinson. «Le somministrano un altro medicinale che ha
una durata di 21 giorni. Serve solo a tenerla ferma a letto - racconta
sbalordito il papà Antonio -. Quando sono andato a Pisa a trovarla ho avuto
paura. Nella sala colloqui ci è arrivata sotto braccio a due agenti carcerari,
non riusciva a camminare o a portare il bicchiere d'acqua alla bocca». Mentre
lo racconta, il papà ha gli occhi lucidi. Ha solo la forza di biascicare
«...sono stati i giorni più brutti della mia vita, i più duri». Scuote la testa
e si copre il volto.
Solo dopo 106 giorni di carcere i periti del tribunale di
Sorveglianza accertano l'incompatibilità con il regime carcerario e la
scarcerano. La decisione coincide anche con una manifestazione del padre di
Natascia: per la disperazione si incatena al tribunale chiedendo giustizia per
la figlia. Tuttavia i giudici la condannano anche in Cassazione per stalking.
«Natascia viene considerata una persona violenta, diventano irrilevanti del
tutto o quasi effetti del medicinale sui suoi comportamenti. Ne esce fuori
un'immagine che stride troppo con quella reale» dice l'avvocato difensore. Ma
soprattutto i giudici sembrano ignorare il dolore, l'umiliazione e la
frustrazione provati da una ragazza che lavora - apprezzata da tutti - come
infermiera e d'estate si reca in Africa per aiutare i bambini del Kenya, che fa
volontariato presso la Croce Rossa, che «non ha mai fatto mal a una mosca» come
la descrive uno dei suoi amici più cari. «All'improvviso si vede dipinta dalla
giustizia come una carnefice».
Natascia tuttavia crede nella giustizia, quella con la
maiuscola: rifiuta ogni patteggiamento con l'ex fidanzato; ripete «che non deve
patteggiare niente perché non ha fatto niente». La giustizia italiana ritiene
che il farmaco abbia solo esasperato uno stato di depressione avanzato. E lei
oggi, ancora in piedi - pur di avere un po' di giustizia dopo i tre gradi che
l'hanno condannata - ha deciso di rivolgersi alla Corte suprema per i diritti
dell'Uomo a Strasburgo. Nel frattempo ha in corso anche una maxi causa legale
per risarcimento danni con la casa farmaceutica produttrice del farmaco «che mi
ha tolto il sorriso per tutta la vita».
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