Interessante lo scambio tra un lettore e Sergio Romano, che sul Corriere della Sera cura una apposita rubrica. Il primo è un impiegato statale che sarà colpito dalla soppressione del suo piccolo ufficio giudiziario. Non perderà il posto ovviamente, ma dovrà trasferirsi ad altro ufficio, sicuramente più scomodo. E so brutte cose, lo capisco.....
Io mi rendo conto che per chi ha pianificato la sua vita su un'idea di Stato onnipresente e salvifico, quanto viene ipotizzato di questi tempi deve essere un incubo. Possibilità di essere trasferiti in sedi dove effettivamente serve il personale invece delle più comode raggiunte, l'ipotesi di essere considerati in ESUBERO e messi in mobilità, blocco degli aumenti, tagli delle tredicesime.... In altri paesi, anch'essi ad alto tasso di impiego pubblico, sta già accadendo...
Io non so se questa cosa andrà avanti, se veramente sia impossibile proseguire nella sbornia iniziata negli anni 70 e mai più finita. Forse sì. Il mondo della fabbrica è cambiato, il fordismo è sparito, gli operai decimati. Forse sarà così anche per gli impiegati pubblici, che diminuiranno, saranno utilizzati razionalmente (laddove c'è effettivo bisogno) e saranno eliminate quelle strane prerogative che gli altri impiegati NON hanno, come ad esempio la certezza del posto a prescindere.
Devo dire che rispetto ad un recente passato, già alcuni scandali sono cessati o diminuiti (mi vengono in mente le "cure termali"!!), e le recenti battaglie sull'assenteismo, con controlli più razionali e severi qualche risultato lo hanno prodotto. Chi è giovane vede il Pubblico come un mondo inefficiente e di sprechi, il che è ancora vero, ma non ha idea di cosa potesse essere nei decenni scorsi!!
La resistenza al cambiamento è di tutti, fa parte della natura umana, figuriamoci quando l'innovazione comporta sacrifici e perdita di comodità e/o privilegi.
Solo se costretti lo si fa. E pare sia arrivato il momento delle costrizioni.
Buona Lettura
I TAGLI PER FARE MEGLIO QUELLO CHE OGGI È FATTO MALE
Lavoro in un piccolo ufficio giudiziario soppresso dalla riforma degli scorsi giorni. Comprendo le esigenze di bilancio e sono sempre favorevole a razionalizzare i servizi pubblici, tuttavia faccio una considerazione. Si sostiene che l’italiano medio abbia poco senso dello Stato, percepisca (specie al Sud) le istituzioni come «nemici», riscopra un senso di appartenenza collettivo soltanto se si vincono i Mondiali di calcio. Ma nel contempo, si tagliano ospedali, tribunali, stazioni ferroviarie, luoghi di studio, uffici di ogni tipo e natura. Tra breve, i tre quarti degli italiani che non vivono nelle metropoli, dovranno percorrere 50 o 100 chilometri per raggiungere non solo il tribunale più vicino, ma anche l’ospedale (e le donne con le doglie? e i bambini che si fanno male giocando?), la scuola e un qualsiasi ufficio con cui si abbia necessità di interloquire. Tuttavia, contemporaneamente, si aumentano le imposte e si cerca anche con messaggi pubblicitari di indurre i cittadini a pagare le tasse perché vengono ripagate con i servizi che lo Stato rende ai cittadini. Può darsi che per una volta i risparmi di spesa calcolati dal governo siano esatti, anche se di previsioni sballate ne abbiamo viste tante. Ma qualcuno ha calcolato i costi umani, culturali e sociali di uno Stato che sparisce?
Caro Lentano, potrei risponderle semplicemente che per molti anni la società italiana ha vissuto al di sopra dei propri mezzi e che dovrà fare parecchi sacrifici. Ma vi sono almeno due considerazioni complementari di cui vorrei che lei tenesse conto. In primo luogo quasi tutte le istituzioni citate nella sua lettera sono diventate col passare del tempo, anche per ragioni clientelari, molto più costose di quanto non fossero in passato. In secondo luogo le nuove tecnologie della comunicazione consentono di lavorare in modo alquanto diverso e di ridurre drasticamente il numero delle circostanze in cui il cittadino può risolvere i suoi problemi soltanto mettendosi in coda davanti a uno sportello o di fronte alla porta chiusa di un ufficio. In molti Paesi dell’Unione Europea la riforma informatica degli enti pubblici è cominciata negli anni Ottanta e ha colto tutte le occasioni offerte dalla banda larga per ridurre il tempo perduto dal cittadino. In Italia la pigrizia della pubblica amministrazione, i riflessi corporativi dei dipendenti e la miope battaglia di retroguardia di alcune organizzazioni sindacali hanno enormemente ritardato questo processo. A chi scrive, negli scorsi giorni, un ufficio del ministero delle Finanze ha chiesto di fare personalmente in banca un versamento di quattro euro (4) per avviare una pratica che dovrebbe consentirgli di evitare la doppia imposizione sui diritti d’autore percepiti all’estero. Era davvero impossibile pagare da casa con un bonifico Internet sul sito della banca? Lei potrebbe rispondermi che vi sono circostanze in cui la presenza è necessaria e che le malattie non si curano via Internet. È vero, ma vi sono centri di ricerca, anche in Italia, che hanno già messo a punto metodi di assistenza telematica per molte patologie croniche. Un presidio medico fornito di computer e banche- dati può essere molto più utile di un vecchio ospedale male attrezzato. I tagli, caro Lentano, potrebbero essere il colpo di frusta di cui il Paese ha bisogno per cambiare strutture che sono al tempo costose e inefficienti.
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