Scherzo naturalmente, non sono così folle da immaginare che questi due grandissimi opinionisti e politologi sappiano che esista il Camerlengo!
Giocavo sulla successione di due articoli benissimo scritti e argomentati, da parte di due persone di livello sia culturale che democratico , e che arrivano alla stessa conclusione : indifferibile il problema del ridimensionamento della magistratura che deve tornare nel suo alveo istituzionale , vale a dire la cura dell'osservanza e dell'applicazione della legge.
Basta con quel movimentismo "pedagogico sociale" per il quale i giudici cessavano di essere "solo" la bocca che pronuncia le parole della legge, ma dovevano assumere un ruolo importante nell'evoluzione della società e della politica. Ma questo è il ruolo dei RAPPRESENTANTI DEL POPOLO, perché vengono eletti e perché ad esso ne rispondono. Un magistrato lo è a VITA, come i monarchi di un tempo.
Inaccettabile.
Scriverlo e dirlo è relativamente facile , farlo....vediamo che accade ai politici che tentano di toccare la Magistratura.
Certo, ai tempi di Berlusconi era tutto facile...bastava che quello alzasse un dito, che subito si alzavano i lai di attentato all'autonomia, all'indipendenza della Magistratura.
Ora che però LUI non c'è più, ci si accorge di quanti danni sono stati fatti in 20 anni di strapotere magistratuale.
Ne ho scritto, certo non bene come i due maestri che ho citato, nel mio http://ultimocamerlengo.blogspot.it/2012/08/basta-con-lassociazione-nazionale.html .
Chi vuole può rileggere l'articolo di Polito qui : http://ultimocamerlengo.blogspot.it/2012/08/il-pd-prigioniero-del-patto-scellerato.html.
Di seguito invece l'articolo del Prof. Panebianco
Il giusto equilibrio perduto da tempo
Siamo in presenza di un nuovo «populismo giudiziario»
impegnato in un attacco frontale contro il presidente della Repubblica come
sostiene Luciano Violante in una intervista alla Stampa di ieri? A giudizio
dell’ex presidente della Camera, sarebbe entrato in azione «un blocco che fa
capo a Il Fatto, a Grillo e a Di Pietro, che sta reindirizzando il risorgente
populismo italiano. Quello di Berlusconi attaccava le Procure. Questo cerca di
avvalersene avendo individuato in quelle istituzioni i soggetti capaci di
abbattere il nemico...».
Violante, ex magistrato e, un tempo, punto di riferimento
dei settori militanti della magistratura, ha assunto ormai da diversi anni una
posizione critica verso gli aspetti patologici del nostro sistema giudiziario.
La sua analisi del conflitto fra la Procura di Palermo e il capo dello Stato,
però non convince del tutto. Ne coglie la valenza politica ma ha il difetto di
non voler vedere le continuità, il nesso fra la situazione presente e la storia
dei rapporti fra magistratura e politica.
Certo, dopo la presidenza di Francesco Cossiga non era più
accaduto che il capo dello Stato diventasse, diciamo così, oggetto di
attenzione da parte di settori del potere giudiziario. E che ciò si
accompagnasse a una campagna politica, a sostegno dei magistrati, contro il
capo dello Stato. Però, chi conserva memoria storica, non può condividere la
tesi secondo cui il «populismo giudiziario» sia un’acquisizione recente. Il
populismo giudiziario, se vogliamo chiamarlo così, ci accompagna da più di un
ventennio. E la sinistra politica e intellettuale, nelle sue componenti
maggioritarie, lo ha sempre giustificato e coperto.
Che cosa è cambiato ora, provocando quelle lacerazioni a
sinistra di cui ha parlato ieri su questo giornale Antonio Polito? Di sicuro
non è cambiato il costume: ora come in passato la bussola, per tanti, resta
sempre l’antico detto secondo cui «le leggi si applicano ai nemici e si
interpretano per gli amici ». A cambiare è stato il quadro politico: fin quando
c’era Berlusconi e l’azione dei magistrati si concentrava su di lui la sinistra
era sostanzialmente unita nel sostenere anche le più spericolate iniziative
giudiziarie. Adesso che c’è Monti, premier di un governo del presidente, un
intervento giudiziario che tocca il Quirinale produce lacerazioni e rotture.
Da un male può nascere un bene, penserà qualche ottimista:
questo conflitto potrebbe essere l’occasione per una nuova politica della
giustizia. Potrebbe permettere di varare una legge adeguata sulle
intercettazioni. Potrebbe poi porre fine al mal costume dello sfruttamento del
circuito mediatico-giudiziario per la costruzione di carriere politiche. E
ristabilire rapporti corretti fra istituzioni rappresentative e ordine
giudiziario. Potrebbe infine portare a un maggior coordinamento fra Procure,
evitando gli accavallamenti delle inchieste, rendendo così anche più efficace
il contrasto alla criminalità.
Ma è possibile che, ancora una volta, gli ottimisti si
sbaglino. Come ha chiarito l’Associazione nazionale magistrati, polemizzando
con Monti, ci sono cose che in questo Paese non si possono fare e una di queste
è rendere i rapporti fra politica e magistratura meno squilibrati di quanto non
siano da venti anni.
Gli ottimisti rischiano delusioni soprattutto perché non è
mai diventato patrimonio condiviso il principio liberale secondo cui il potere
corrompe ma il potere assoluto corrompe in modo assoluto. Il che significa che
siccome noi uomini siamo da questo punto di vista tutti uguali (non importa
quale mestiere facciamo), se ci troviamo ad avere troppo potere saremo
facilmente portati, prima o poi, ad abusarne. È per questa ragione che il
potere, sia esso politico, amministrativo, giudiziario, o di altro tipo, deve
essere sempre soggetto a divisioni, vincoli, paletti e bilanciamenti. È la
debolezza del sistema di bilanciamenti del potere delle Procure il vero
problema. Finché non verrà affrontato, senza spirito punitivo ma con realismo,
non usciremo dalla trappola in cui la storia e il costume ci hanno fatto cadere.
Nel decretare anche a Panebianco la standing ovation, devo dire che quasi mi commuove leggere su un giornale come il Corriere della Sera, una critica così dure e nella dell'Associazione Nazionale dei Magistrati.
E so' belle cose...
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