sabato 4 agosto 2012

IL PRIMATO DELLA POLITICA (QUELLA VERA) SULLA TECNOCRAZIA

Davide Giacalone dopo le montagne russe del fine settimana, con l'isteria dei mercati del giovedì, determinata dal discorso di Draghi considerato inferiore alle attese, e l'entusiasmo da ripensamento del venerdì, frutto della rimeditazione di quelle stesse parole, interviene per ribadire il pensiero che esprime da ormai più di un anno :  non possono essere i tecnici e i burocrati a risolvere questa crisi , che è sistemica, ma occorrono i POLITICI.
Sembra una bestemmia, di questi tempi, pure il suo ragionameno segue una logica ferrea.
E' l'idea Europea che deve ripartire, con nuova spinta e maggior respiro rispetto a quello finora prevalentemente commerciale.
Altrimenti continueremo ad assistere a questi balletti continui, agli intrighi tra banchieri e cancellerie, con l'adozione di palliativi che funzionano per un po' ma non risolvono il nodo cruciale della crisi.
Buona Lettura

L’attesa salvifica, la speranza che un qualche tecnico o una qualche tecnicalità ci porti fuori dall’incubo sono prive di senso. Stiamo perdendo tempo, pagandolo a carissimo prezzo. Mentre un coro unanime cantava le lodi di Mario Draghi, supponendo avesse trovato il modo di fermare la speculazione contro i debiti sovrani, noi avvertivamo che le sue parole, benché giuste, sarebbero state perse al vento se non incorporanti il consenso dei tedeschi. Che non c’era, sicché si sono volatilizzate. E scrivemmo anche che la missione del governo Monti è finita, che dovrebbe dimettersi, non perché sia finito il tempo degli sforzi, ma perché non sono affatto sufficienti, sono male impostati e non sarà certo la fiducia acritica di un Parlamento che si genuflette nel votare roba inutile a risolvere alcunché. I fatti ci danno ragione.

L’idea di delegare alle banche centrali le sovranità nazionale, supponendo che un accordo fra gli dei della moneta possa dissolvere la crisi politica e istituzionale dell’euro, è una sciocchezza. Aggravata dal fatto che quell’accordo non c’è, perché quelli non sono dei, ma emanazione d’interessi nazionali. E al tavolo di quegli interessi manca chi rappresenti i nostri, perché nel mentre noi e gli spagnoli stiamo pagando per la salvezza dell’euro s’è affermato l’equivoco che a salvarlo sarebbero i tedeschi, che, invece, non solo non pagano, ma anzi guadagnano sulle difficoltà altrui. L’estate scorsa sostenemmo che questa è una guerra, combattuta a colpi di tassi d’interesse. Non s’è mai vista una guerra risolta dai tecnici.

La difficoltà in cui si trova Mario Monti è solare. Un giorno dice che siamo vicini alla fine del tunnel, il giorno dopo che chiederemo aiuto e quello appresso che non lo faremo. Se non vigesse l’equilibrio del terrore, basato sul fatto che le forze politiche temono le elezioni più di ogni altra cosa, tale condotta sarebbe commentata come merita. E non è colpa di Monti, sia chiaro, perché lui un po’ parla per il fuori e un po’ per il dentro, ma parla al muro, perché l’Italia non rappresentata politicamente diventa la discarica delle colpe altrui. Che si aggiungono alle nostre, già notevoli.

Draghi annuncia che la Bce agirà “senza tabù”, poi aggiunge che si è pronti “a tutto”, infine ripiega nell’attesa di settembre, quando i giudici costituzionali tedseschi diranno la loro e, comunque, ammette che gli aiuti non saranno automatici, non fermeranno il fuoco della speculazione, ma dovranno essere richiesti da paesi che, in quello stesso momento, operano una rinuncia alla sovranità assai simile al commissariamento. Anche in questo caso non è colpa sua, ma tali oscillazioni sono frutto dell’equivoco secondo cui si possa delegare a sedi tecniche, o monetarie, la soluzione di una crisi politica. La reazione positiva dei mercati, alle parole di Draghi, è stata la conferma che solo l’iniziativa politica può affrontarli. Salvo il fatto che non può essere surrogata.

E’ tutta colpa dei tedeschi? Il governo della signora Merkel ha responsabilità enormi, che saranno scontate anche dalla Germania, ma no, la colpa non è dei tedeschi: è di governanti europei che non si sono dimostrati all’altezza del compito, è del credere che il mondo possa essere regolato dai trattati, è del supporre che le forze della storia possano essere imbrigliate dalle clausole. L’enorme forza economica dell’Unione monetaria europea è finita sotto scacco di potenze finanziarie minori, le quali hanno colto e colpito il bersaglio della sua enorme debolezza istituzionale e politica.

Dice Monti che se non si rimedia va a finire che in Italia prevarrà un governo euroscettico, se non direttamente nemico dell’euro. A Monti devono essere sfuggiti i referendum contro la costituzione europea, non votati dagli italiani, e sfugge il rapporto di causa-effetto: è il far credere che la faccenda sia tecnica a generare l’infezione della fuga dalla politica, dalle responsabilità e dalla storia. La tecnocrazia era, un tempo, la bestia nera dei democratici e della sinistra. Le tecnicalità erano miti da cui la politica fuggiva (fin troppo). Ora sono divenuti rifugi per politicanti privi d’idee e incapaci di dare rappresentanza agli interessi produttivi, nazionali ed europei. E’ necessario porre fine a questa fuga.

Sono cose che abbiamo scritto e argomentato molte volte, proponendo strumenti concreti per rendere effettive le idee che esponiamo. Noi si è ignoranti, innamorati dell’Italia e dell’Europa, ma vorrei osservare che abbiamo indovinato assai più di chi pretende sempre di dar lezioni. Purtroppo prive di passione e visione.


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