mercoledì 8 agosto 2012

LA MISERIA DI CHI GIOISCE DELLA CADUTA ALTRUI


Come tutti i pigri (nella mia vita ho fatto sport, soprattutto tennis, ma per amore del Giocare , non per la "gioia" della sana fatica, dello stare in movimento o cose simili ) dell'atletica leggera apprezzo le gare di velocità, mentre il mezzofondo e oltre mi fanno stancare solo a vederli. Figuriamoci quindi discipline come la maratona o la marcia.
Non sono quindi un tifoso deluso di Schwazer ma non è per questo che oggi lo "difendo".
In realtà non si tratta di una difesa per quello che ha fatto. La sensazione personale è che l'agonismo sportivo sia stato portato a tali livelli di esasperazione che ormai la guerra chimica tra scienziati dopanti e coloro che li combattono sia senza fine.
Soprattutto dove la vittoria non è affidata ad una ABILITA', ma prevalentemente alla FISICITA', temo che il doping sia ormai la regola.
Però posso sbagliare, e anzi me lo auguro.
Ma il punto non  è "LO FAN TUTTI" e quindi con questo assolvere o coumunque comprendere Schwazer.
E' averne umana PENA.
Che non è un sentimento negativo, ma al contrario l'umana comprensione per chi umanamente cede alla tentazione.
La conferenza stampa, che riprendo per intero dal Corriere.TV, va seguita .

Stefano Turchetti ha condiviso un link.


 SI vede un uomo distrutto, che prova vergogna e che cerca di assumersi interamente e solitariamente ogni responsabilità.
Io un po' dubito che l'altoatesino abbia veramente fatto tutto da solo, però apprezzo che questa sia la posizione che ha assunto.
Certo, oggi Schwazer chiede scusa e dichiara ripetutamente che il suo è stato un gravissimo errore, ma lo fa DOPO essere stato scoperto.
Insomma, non è uno che si è pentito, è uno che si vergogna perché la gente ora SA.
Ovviamente ci si chiede se nel 2008 l'oro di Pechino sia stato autentico o no, e se ci fosse modo di saperlo con certezza sarebbe un bene per l'atleta , che oggi vede anche la sua impresa di allora  irrimediabilmente macchiata : la gente non gli crede più.
La delusione ci sta, la riprovazione pure. Il linciaggio NO.
In questo condivido assolutamente il pensiero di    Marco Imerisio che sul Corriere di oggi dedica un commento alle reazioni scomposte, specie sul web, alla questione del doping di Schwazer.
Il solito Colosseo, con tutti i pollici rovesciati. Che brutta bestia la "Gente" contro coloro che sono diventati ricchi e famosi e poi hanno qualche disavventura.  Criticare è giusto, anzi inevitabile nella fattispecie, ma qui si parla di insulti, di sarcasmi pesanti, addirittura in qualche caso di razzismo per le origini tedesche dal giovanotto (non è una buona estate per i germanici nel sud europa , si sa).
Scuserete se cito un esempio personale. Il Camerlengo, PRIMA delle Olimpiadi, scrisse "IO NON STO CON LA PELLEGRINI " e spiegò  perché la Diva Federica non gli stesse simpatica. Lo feci PRIMA, quando la bionda sirena poteva vincere 200 e 400 SL e prolungare fama e consenso nazionale e mondiale.
Invece ha perso, ma io non ci sono stato a battere su, limitandomi a ribadire il punto di vista già espresso (più diva che atleta) e anzi apprezzando una sua certa dignità nell'affrontare il flop ( a differenza per esempio del bello ma ormai scarso fidanzato).
STOP. Non altro.
Certo, qui la cosa è grave, si tratta di doping. Però la mia disapprovazione per una certa italica predisposizione al linciaggio resta.
Gli italiani "brava gente" sono sempre di meno. Crescono a dismisura i lividi invidiosi, persone che nella vita vivono mediocremente, il che non è una colpa, ma che per questo sono felici di azzannare i famosi che cadono in disgrazia.
Schwazer ha fatto UNA cosa per la quale OGGI deve vergognarsi , queste persone conducona una intera vita misera. .
Vi lascio al bel commento di MARCO IMARISIO


 Alex Schwazer «linciato» sul web:
è la sindrome italiana di infierire


Alex Schwazer è indifendibile. Imperdonabile, vergognoso, senza dubbio dopato. La lista degli aggettivi potrebbe andare avanti a lungo. Purtroppo se li merita, su questo tutti d'accordo. Ma la scoperta della sua truffa sportiva, di questo alla fine si tratta, ha prodotto un curioso e ormai consueto effetto collaterale. Potremmo definirla come una sindrome italiana, il piacere solo nostro di fare i piccioni sul monumento crollato.

Sui social media si leggono insulti e prese in giro davvero pesanti. Alcuni anche di sfondo razziale: «In fondo non è neppure italiano». E nel 2008 quando vinceva la marcia a Pechino di dov'era, di Bisceglie? Certe invettive non sono soltanto ingiuste. Sono anche stupide e sgradevoli. Non aggiungono nulla alla rovina auto procurata di un ex campione, ma denotano invece un piacere sadico, tanta voglia di infierire.

Meglio ripeterlo ancora una volta: Schwazer ha fatto un errore gigantesco, tradendo la fiducia di tanta gente che vedeva in lui un paladino dello sport pulito. Ammettere la propria colpa, come lui ha fatto con un gesto in effetti poco italiano, non basta. Pagherà un conto salato, con la giustizia sportiva e non solo, come è giusto che sia. Ma infierire su di lui è soltanto sadico. Non vale neppure l'aggravante molto sventolata del leso patriottismo, la figura barbina che ci avrebbe fatto fare agli occhi dell'intero universo. Non è così. A ognuno il suo doping.

Martedì sui giornali inglesi, francesi, americani, la notizia della positività dell'atleta italiano non era neppure tra le brevi dell'Olimpiade. Hanno altro a cui pensare, compresi i loro eventuali problemi in materia di doping, dove storicamente il più pulito ha la proverbiale rogna. In realtà quegli sfregi, a lui, alla sua fidanzata, quelle caricature grottesche e ingiuste, parlano di noi, della nostra ipocrisia. Sono un'altra piccola dimostrazione del rancore e del risentimento che si agitano nella pancia del Paese, del bisogno in crescita costante di trovare qualcuno, meglio se ricco, famoso e in disgrazia, verso cui indirizzare la propria rabbia.

Non è neppure una questione di ironia, per quanto pesante. L'ironia è un'arte che va esercitata sul potente di turno. Gli insulti esagerati contro Alex Schwazer confermano solo la nostra innata tendenza alla gioiosa bastonatura del cane che affoga. Certe volte basta poco per essere felici.

Nessun commento:

Posta un commento