sabato 6 ottobre 2012

LA PARTE D'ITALIA SANA SENZA RAPPRESENTANZA . PER PARTE DI QUESTA RENZI è UNA SPERANZA



Tutti gli occhi oggi sono puntati sull'assemblea nazionale del PD. Ieri sera, a Linea Notte di Rai 3, Orsini , uno dei due capi della sinistra piddina, i giovani turchi, e Reggi, responsabile della comunicazione di Renzi, hanno usato parole di miele. Non ci sarà nessuno scontro, ma mero confronto. Chiunque vinca avrà poi l'appoggio dell'intero partito. Vendola farà ciò che meglio crede ma si dovrà adattare alle regole che verranno partorite dall'assemblea PD (curioso questo visto che non si elegge il segretario di quel partito ma in teoria si stabiliscono le norme per scegliere il leader della coalizione, di cui pure SEL dovrebbe far parte).
Staremo a vedere come andranno veramente le cose, perché la vigilia è stata assai più elettrica.
L'attenzione è molta, e infatti non a caso nei sondaggi il PD è in risalita : essere sotto la luce dei riflettori mediatici paga sempre. Oltretutto, i liberal e progressisti dello schieramento di centro sinistra, con Renzi hanno ripreso fiato, e anche parte dell'elettorato moderato oggi potrebbe rispondere che è disposto a votare il PD , qualora il leader fosse il giovane sindaco di Firenze.
E così tutti i giornali dedicano prime pagine e spazio alla kermesse odierna democratica. Antonio Polito sul Corriere, Adriano Sofri su Repubblica...
Il primo esorta Bersani a non assecondare l'oligarchia vecchia del partito che anela trucchi e paletti per sfavorire la corsa di Renzi.

" Vedremo oggi se Bersani fermerà la mano di chi preferirebbe buttare il bambino fiorentino e tenersi l'acqua sporca, e se firmerà un compromesso accettabile anche per lo sfidante. D'altra parte è già singolare che le regole siano decise a partita cominciata da tempo. Senza contare che andranno poi sottoposte al placet di Vendola, il concorrente esterno. E senza contare che tutto questo ambaradan potrebbe rivelarsi puramente virtuale se, come è probabile, la prossima legge elettorale svuoterà di senso la candidatura alla premiership, restituendo al Parlamento la scelta dopo il voto."
Il bravo opinionista osserva peraltro che il problema politico vero del PD in realtà è come porsi rispetto al recente passato, e quindi all'appoggio dato al governo Monti nell'anno trascorso. 
Rinnegare tutto ? Come dice di voler fare Vendola, ma come anche sostiene la sinistra piddina ?
O " rivendicare con orgoglio di aver partecipato da protagonista allo sforzo per salvare l'Italia ?... 
 Invece di prendersi il merito della popolarità di Monti in Europa, si accredita come chi lo manderà a casa dopo il voto. Rischiando così, nella migliore delle ipotesi, di consegnarsi alla contraddizione di sempre: dover poi agire, una volta al governo, a dispetto dei propri elettori, illusi e subito delusi, e dunque ben presto smarriti."
Così Polito. 
Davide Giacalone tenta invece, in un suo fondo, un'analisi più allargata, dando sì attenzione al renzismo e al suo corretto guardare agli elettori moderati, cercando di conquistarne il voto, ma anche a ciò che prova a muoversi a destra, Oscar Giannino in particolare.
E' assurda, osserva Giacalone, l'idea della sinistra di provare a vincere ignorando che l'Italia è stata ed è ancora paese prevalentemente di centro, che non ama le estreme. Certo, stavolta potrebbe approfittare del collasso avversario, e prevalere non tanto per i propri voti, che sempre un terzo sono,  quanto per quelli persi dal centro destra.
Può accadere. Ma il risultato sarebbe un governo debole, con un'opposizione forse non sufficiente in Parlamento, specie grazie al fin qui odiato Porcellum ( ma ora animale molto caro ai dirigenti PD...) , ma forte nel Paese. Se poi al senato accade quanto accaduto nel 2006, ecco che il Monti bis , tanto temuto dalla sinistra, sarebbe l'unica realtà possibile.
Buona Lettura


In un mondo sensato la sinistra guidata da Matteo Renzi cercherebbe di vincere prendendo voti alla destra e una destra guidata da Oscar Giannino cercherebbe di vincere prendendo voti alla sinistra. Nessuno dei due è omologabile a “destra” e “sinistra”, ma, insomma, cerchiamo di capirci. E piantiamola anche con i personalismi egolatrici e l’attesa dei salvatori: se non fossero loro due potrebbero essere altri, ma quel che conta è che possano confrontarsi due programmi, senza partire dall’idea che se vince l’avversario l’Italia finisce in preda alle squadracce, nell’orbita della mafia o in fondo a un pozzo. Invece gente così conquista una ribalta mediatica, ma è considerata corpo estraneo da quanti pretendono di vincere le elezioni e governare. Segno che s’è perso il lume della ragione.
Renzi è costretto a dire, e a far dire, che non conta sui voti della destra. E perché? Non so se ci hanno fatto caso, ma i moderati sono maggioranza dal 1948 ad oggi. La sinistra ha vinto le elezioni nazionali solo due volte, ma guidata da un democristiano. In un mondo sensato se ti annunciano che i tuoi competitori potrebbe perdere consensi, guadagnandoli tu, si festeggia. Qui ci si vergogna, perché è ancora radicata una visione moralistica e antropologica dello scontro politico. Che non è il trionfo dell’etica sugli interessi, ma del selvatico sul razionale. Altra accusa a Renzi: se si aprono le primarie gli elettori di destra vanno a votarlo. In che senso? Se vanno a votarlo per poi eleggerlo è segno che la destra è finita (e credo che lo sia). Se, invece, vanno a scegliere per gli altri il candidato perdente, allora sono scemi, perché dovrebbero votare Niki Vendola, estremizzando l’avversario, oppure stare a casa, lasciando che Pier Luigi Bersani si cucini nell’insanabile contraddizione fra contenuti e alleanze.
A destra la testa gira non meno che a sinistra. Un programma più recessivo di quello Monti non è concepibile, però fanno fatica a differenziarsi (ora il professore sostiene che già da subito di potrebbe abbassare la pressione fiscale, ma giusto ieri davamo conto del Def, presentato dal governo, nel quale si sostiene in contrario, con pressione che aumenta anche nel 2013, la domanda è: lo hanno letto, oltre a firmarlo?). Qual è l’alternativa? Dismissioni, abbattimento del debito, abbattimento della spesa pubblica, diminuzione della pressione fiscale, meritocrazia, legge e ordine. La base sociale di una destra sana sono i produttori di ricchezza, non i foraggiati dalla spesa pubblica. Siccome in diciotto anni di seconda Repubblica il centro destra ha vinto tre volte le elezioni e la propria classe di governo è sempre stata la stessa (almeno quella che conta), nonché decisamente al di sotto delle speranze, o  anche solo delle ragionevoli aspettative, risulta ovvio che per proporre un programma di quel tipo, volendo anche andare a prendere i voti della sinistra riformista e occidentale, devi cambiare classe dirigente. Si fa così ovunque ci sia la democrazia.
Invece no, gente come Giannino deve perdere metà del tempo e dello spazio mediatico per ribadire che non intende stare con soggetti i quali, del resto, neanche sanno stare fra di loro. Il tutto con un sistema dell’informazione che ha della politica la stessa lucida visione che la mitologia greca aveva della natura: il mero frutto delle bizze degli dei. Ma, almeno, quelli erano dei. Dalle nostre parti abbondano i nei.
Se, alla fine della fiera, riproponessimo il fenomenale scontro fra Berlusconi (in memoria delle promesse che furono) e Bersani (in memoria dei rossi che furono), all’indomani di primarie bidone, con le quali si elegge il candidato a una carica che non esiste (oramai il gramsciano trionfo del berlusconismo è decretato: credono tutti che gli italiani votino per eleggere il capo del governo), se riusciamo in ciò, va a finire che le urne restano vuote, o si riempiono di voti beffardi e spregiativi. La verità è che le primarie sostituiscono, anche nei trucchi e negli imbrogli, quelli che erano i congressi dei partiti, che, infatti, non si fanno più. E sapete perché? Perché sono morti, i partiti. Ma senza riforme istituzionali è rimasto il loro potere formale, il loro ruolo parlamentare, privo di quella vivacità democratica, di quello scontro fra interessi, che li rendeva utili. Ora sono ridotti a corpi vuoti, abitati da una fauna improbabile, a cavallo fra l’arroganza e la disperazione, fra la supponenza e l’ignoranza. Eppure l’Italia che corre e vince c’è ancora, quella che soffre pure, quella che spera anche. Ma ha perso rappresentanza. Questo è il problema.







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