Ho sempre sostenuto che Renzi perderà la sua sfida contro Bersani, e continuo a pensarlo ancora oggi che i sondaggi lo danno in rimonta - ma sempre dietro - e la regola del doppio turno è lì a tagliargli le gambe definitivamente. La sinistra dura e pura , con Vendola schierato, voterà il governatore pugliese, e questo potrebbe indebolire Bersani fino a farlo clamorosamente perdere. MA col doppio turno, eliminato il leader di SEL dalla contesa, gli elettori vendoliani correrebbero in soccorso del segretario del PD.
Questo è talmente chiaro a tutti da far scrivere a Davide Giacalone un fondo nel quale si domanda il perché di questa "corsa a perdere" del sindaco di Firenze .
Avrebbe dovuto scatenare la bagarre, opporsi al rivoluzionamento delle regole finora osservate nelle primarie della sinistra, correre il rischio della spaccatura per giustificare , del caso, il suo andarsene sdegnato e con i suoi formare un cartello veramente progressista e riformista, che OGGI, con un elettorato astensionista e indeterminato che tocca il 50% delle intenzioni (o non) di voto, potrebbe essere veramente il colpo a sorpresa delle elezioni 2013. Non lo fa, deciso a rimanere dentro ad un partito nel quale la vecchia oligarchia non si limita ad avversarlo : lo odiano proprio. Sentire la Iervolino, il disastroso sindaco di Napoli per due legislature, dire : Renzi è un cialtrone...beh, fa pensare che il gianburrasca toscano ha veramente ragione nel denunciare la demenza senile regnante a via del Nazzareno.
Prima di lasciarvi all'articolo di Giacalone, un dubbio : Ma che mi succede se, pensando di votare Renzi alle politiche del 2013, partecipo alle primarie per sostenerlo e poi, visto che lui perderà, il voto al PD non lo do' più ? Ho inquinato o semplicemente Renzi leader è l'unica garanzia che sento di avere per votare i cosiddetti progressisti ?
Buona Lettura
PRIMARIE A PERDERE
Le primarie nascono come trovata propagandistica, senza
reale competizione, per poi divenire una trappola politica. Perché praticate in
assenza di regole, in mancanza di reale oggetto del contendere (non esiste il
candidato presidente del Consiglio) e senza valore programmatico. L’impressione
è che Matteo Renzi si renda ben conto che una sua vittoria farebbe esplodere la
sinistra, destinandola forse ad una campagna effettivamente vittoriosa, ma
provocando la fine di un equilibrio e di una storia. Per questo sembra
accettare di competere per non prevalere, consegnando la sinistra ad una
probabile vittoria, ma effimera, in modo da posizionarsi a futura memoria. Se
avesse avuto in mente qualche cosa di più sostanziale e immediato avrebbe rotto
adesso, una volta appreso che le regole cambiano in corso d’opera.
Se le primarie fossero una cosa seria non si stabilirebbe
che i votanti prima accettano la piattaforma programmatica e poi scelgono il
loro beniamino. Cos’è, un concorso di bellezza? I candidati incarnano linee
politiche diverse e non sono intercambiabili. E’ chiaro che se vincesse Renzi i
seguaci di Niki Vendola si troverebbero a disagio. E’ evidente che se vincesse
Vendola i moderati farebbero fatica a seguirlo. Mi sono sentito dire, anche in
pubblici dibattiti: lei si sbaglia, perché non esisterà mai un’alleanza fra Pd
e Udc prima del voto e non ci sarà una spaccatura fra il Pd e Sel. Chi lo
sostiene manca di senso della realtà: è già avvenuto. Non è un’ipotesi, ma un fatto:
in Sicilia il Pd è alleato con l’Udc (avendo in comune l’avere fatto nascere e
l’avere sostenuto Raffaele Lombardo), mentre Sel presenta una proposta
concorrente, in accordo con Idv. E’ già storia.
La sottoscrizione preventiva del programma, quindi l’accordo
preventivo con un’alleanza che contiene insanabili incoerenze programmatiche,
così come la scelta di adottare il doppio turno, sono cose che hanno una sola
motivazione: concentrare i voti sul punto d’equilibrio, sulla posizione mediana
(direi “dorotea”), quella di Pier Luigi Bersani. Chi accetta questa premessa
accetta anche il risultato annunciato. Perché, allora, Renzi china il capo,
chiudendo la partita via sms?
Al sindaco di Firenze non manca il coraggio e il piglio. Lo
ha dimostrato. S’è mosso nell’evidente convinzione che lo spazio elettorale da
occupare non è ideologico, né cementato dall’appartenenza o tenuto assieme
dall’odio verso l’avversario, ma raccolto attorno a un’idea non plumbea e
rassegnata del futuro italiano. Purtroppo, a quel che sembra, ritiene che tale
disegno sia perseguibile solo dall’interno di un partito esistente. Né mi sento
di dargli tutti i torti, solo osservo che se non si ritiene libero e
aggredibile il mercato elettorale ne consegue che non si avrà mai la forza di
affermare programmi men che ripetitivi dell’esistente.
Molti richiamano l’esperienza di Tony Blair, che non pensò
mai di uscire fuori dai binari del Labour. Semmai lo portò a cambiare binario.
E’ vero, ma il paragone non regge: lì c’era una tradizione secolare e un
sistema istituzionale concepito per garantire la stabilità governativa, da noi
i partiti cambiano nome di continuo, sperando di far dimenticare anche quel che
sono (il partito più antico, in Parlamento, è la Lega, roba da pazzi!), e il
sistema istituzionale è bollito, sicché le elezioni non fanno nascere governi,
ma premiano coalizioni destinate a sfasciarsi.
La destra di oggi ha anticipato i tempi, sfasciandosi ancor
prima del voto. La sinistra, però, non salverà la propria scombiccherata
coalizione, in caso di vittoria. Succederà quel che è già avvenuto e che non
potrà che ripetersi. Forse Renzi pensa di conservarsi per quel momento. Peccato
che nel frattempo il mondo se ne fa un baffo delle nostre beghe e ci spingerà
verso gli aiuti europei, così vincolando il programma dei governi futuri. Quel
momento, insomma, rischia di arrivare troppo tardi. Sarà, allora, patetico
pensare che l’Italia si preparò a quell’appuntamento giocando con i soldatini
delle primarie, facendo tutti finta di credere a uno dei più clamorosi
illusionismi berlusconiani: che gli italiani eleggano il capo del governo.
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