Dunque, vediamo i termini del trionfo di Bersani. In Sicilia, grazie all'UDC, che comunque il suo decisivo 10% di voti, all'interno del 47% dei votanti (l'astensione stavolta registra il record della maggioranza assoluta...), lo ha portato, che se no vinceva Cancelleri di Grillo, il PD ha visto un onesto ex comunista arrivare alla poltrona più alta di Palazzo dei Normanni.
Andando a vedere più da vicino questa magnifica vittoria, abbiamo :
1) UDC decisiva e SEL spazzata via. A livello nazionale, che si fa ?
2) Il Governatore c'è, ma non c'è la maggioranza. Micciché e Lombardo sono pronti a correre in soccorso al vincitore , ma quei voti non odorano di buono...e poi, a che prezzo ?
3) Il PD ha perso il 50% dei voti presi alle ultime consultazioni, quelle del 2008.
Ora, secondo me Pirro era più onesto intellettualmente di Bersani, eppure era considerato un precursore dei barbari invasori già nell'anno 280 A.C. !
A due anni dalla crisi del PDL, con la diaspora di Fini e tutto quello che è venuto dopo, con un Berlusconi ormai abbandonato dai suoi, il PD PERDE voti. Quelli VERI, non quelli dei SONDAGGI.
Del resto, il PD non vota insieme a TUTTI gli altri quando si tratta di arginare "la demagogia" popolare ? Dicesi demagogia e populismo, becera anti politica, la richiesta della gente comune che privilegi, stipendi da favola, indennità, benefit cessino per una classe dirigente incapace e ingorda , e questo in anni (basta parlare di "momenti") in cui vengono richiesti sacrifici continui in nome della crisi, dei conti in ordine ordinati dall'Europa , di disoccupazione crescente .
In questo senso non ha torto Grillo quando esorta i partiti a "continuare così", realizzando la migliore sponsorizzazione elettorale possibile per il suo movimento.
Quanto accade in Sicilia si teme possa avvenire in primavera, alle elezioni nazionali : una vittoria stentata, un astensionismo record, una maggioranza ottenuta solo attraverso la droga del sistema elettorale.
Per ANNI quello attuale è stato DEMONIZZATO dalla sinistra, e non certo solo per la questione delle liste bloccate (che sono i primi a guardare di pessimo occhio la reintroduzione delle preferenze) , ma per il troppo generoso premio di maggioranza, per il quale chi arriva primo, con QUALUNQUE percentuale, si prende il 55% dei seggi in Parlamento. Ora, credo che tutti in astratto si sia d'accordo che per governare si dovrebbe avere la maggioranza
dei voti degli elettori aventi diritto. Però questo non sempre è possibile, e da noi anzi è impossibile, divisi come siamo in bande partigiane da sempre. Per tutelare la
governabilità si è pensato quindi di istituire un premio al primo piazzato. Ok. Ma
questo premio non deve stravolgere il concetto di legittimazione a governare.
Se io prendo l'11% dei voti , e tutti gli altri il 10....è giusto che quell'11%
si traduca nel 55% dei seggi ? Il no credo sia scontato, eppure col Porcellum
questo può accadere. Ed è per questo che la Corte Costituzionale ha sollevato
dubbi di costituzionalità e ha sollecitato il Parlamento a modificare questa
regola. All'epoca il PD questa sentenza la sbandierava, ora gli dà un gran fastidio che la ricordi Napolitano.
Nel bell'articolo di Pierluigi Battista, editoriale di oggi del Corsera, viene ripreso proprio questo tema. Apparentemente i partiti esprimono preoccupazione per il fenomeno dell'astensione, per la disaffezione (??? io vedo insofferenza fino alla nausea ) ai partiti politici, alla crescita di Grillo come capo della protesta.
Ma in realtà questa consapevolezza, veramente, NON C'E'. SI perdono voti, consensi ? Che importa ? L'importante è averne uno più dell'avversario ! E questo vale per il PD che perde 250.000 voti, la metà !!, ma si consola perché il PDL ne ha persi 3 volte tanti .....E l'UDC, che nonostante il crollo dei moderati di centro destra, perde a sua volta (oltre 100.000 voti, - 40% circa !!), pensa che però la debolezza del PD, il non appeal di SEL, gli consentiranno comunque di entrare nel prossimo governo con il suo piccolo 5% dei voti (ma deve stare attenta, che se scivola un altro po'....fa la fine che hanno fatto SEL e IDV in Sicilia, che sono rimasti FUORI).
Concludo prima di lasciarvi a Battista. Non è ammissibile che i partiti pensino di risolvere il problema del crollo dei consensi con opere di ingegneria elettorale. Sotto una certa quota di voti NON è ammissibile far scattare il premio di maggioranza. Si dessero quindi da fare per raggiungere quella quota. Se no si rivota, finché non capiranno.
Buona Lettura
Il senso perduto
dell'emergenza
Forse i partiti non hanno ascoltato bene il messaggio
siciliano. Certo, ammettono che c'è qualche problema se oltre la metà
dell'elettorato non si reca alle urne. Si dicono sensibili al disagio che si
esprime nel massiccio voto a Grillo. Promettono di cambiare. Assicurano che
saranno «concreti». Si mostrano pensierosi sui «problemi della gente». Ma è
tutto qui. Non hanno capito che un astensionismo rivendicato così esteso è un
segnale di rivolta. Che siamo prossimi al ripudio globale. E che manca
pochissimo per raggiungere il livello più basso della credibilità dei partiti.
Non di un partito, ma dell'intero sistema dei partiti.
Forse non hanno capito che qualche partito è leggermente
messo meglio di un altro ma non è che se il Pdl è alla dissoluzione, gli altri
non esibiscano una debolezza che fa spavento quando c'è da affrontare, senza
l'ausilio di un governo tecnico, una crisi che moltiplica tensioni e rabbia.
Dovrebbero tenere aperto a oltranza il Parlamento per prendere nei tre mesi che
restano provvedimenti drastici. Ridurre al minimo i finanziamenti
scandalosamente elevati e senza rendiconti ai partiti vivi e ai partiti defunti
ancora gratificati delle risorse pubbliche. Non mettere ostacoli al
ridimensionamento delle Province. Calmierare le spese delle Regioni. Fare una
legge elettorale decente. E invece, dopo aver ritualmente mostrato di
comprendere l'inquietudine dell'elettorato, si sentono finalmente liberi dai
vincoli del governo Monti. Si sentono in libera uscita. Sospirano fiduciosi al
prossimo «ritorno della politica». Pensano che l'emergenza sia conclusa. Che si
possa tornare come prima. Costringono il governo a fare retromarcia sulla
riduzione dei costi della politica. Fanno ostruzionismo sulla spending review .
Si gingillano con le più astratte soluzioni per riformare sul serio la legge
elettorale.
I partiti stanno diventando la fabbrica del qualunquismo
nazionale: si comportano in modo tale da acuire il senso di estraneità che il
loro linguaggio suscita nella stragrande maggioranza dei cittadini. La loro
totale incapacità di reagire impedisce di capire che i numeri hanno un loro
valore incancellabile, e che oramai i principali partiti tradizionali godono di
percentuali sempre più irrisorie.
Vincerà chi perderà di meno: non è normale.
I
vincitori diranno che hanno «tenuto», come a evocare un naufragio, ma non fanno
nulla per evitarlo. Manca loro il senso di un'emergenza. Di un allarme vero.
Cosa devono aspettare ancora per capire che un astensionismo così rabbioso ed
esteso è il sintomo di un rapporto spezzato e che il compito di una politica
responsabile è di ricucire un filo, un legame, il superamento di un disprezzo
tanto corale?
In Sicilia si è rotto un tabù.
Finora l'astensionismo è stato visto come disaffezione
contenuta. Ma in Sicilia la disaffezione ha voluto parlare. E ha parlato in una
lingua che non lascia spazio a interpretazioni indulgenti. Ora i partiti hanno
davanti a sé meno di cento giorni. Possono far finta di niente. O addirittura
illudersi di trarre reciprocamente vantaggio dalle difficoltà di tutti. O
possono affrontare l'emergenza. L'ultima chiamata. Ecco il messaggio siciliano.
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