Una volta, una divertente ragazza di FB, nell'andare a curiosare sul mio profilo ( lo facciamo tutti, colpiti da un commento, da un post, e, sì, ammettiamolo, anche da una foto carina) in maniera divertente commentò "avvocato, liberale e cattolico. se hai anche il Suv ci metto una croce subito...".
A me l'ironia mi piace da morire, anche con quel pizzico di sarcasmo...E infatti ho riso.
Ho quindi rassicurato che il Suv non ce l'avevo (in questo la penso come Di Carlo, il comico romano, che si domanda che cacchio ce fanno i romani col SUV ...una città dalle vie strette e dal traffico sempre congestionato, in più con due euro al litro !) , e che col mio indicare il cattolicesimo alla voce religione, mi riferivo all'educazione ricevuta più che al mio stato attuale che temo , ahimè, sia molto più vicino a quello dell'agnostico. Invidio chi ha Fede, quella vera. Non parlo dei talebani, autentici e imitatori nel mondo ( ogni religione ha i suoi, anche se feroci come quelli per fortuna non sono tanti) . Quelli che hanno il conforto di una guida interiore, per questa vita, confortati dal pensiero di un passaggio.
Troppo Volterriano, sto lontano da questi argomenti, apprezzando gli scritti di grandi atei che, sofferenti, hanno cercato per tutta la vita la Fede attraverso la Ragione, senza trovarla (tra tutti, Augusto Guerriero, in arte "Ricciardetto", grandissimo giornalista di Epoca , e veneratore della santità umana di Madre Teresa).
Non sono quindi un cattolico praticante, osservante, non seguo i precetti della Chiesa perché tali, ma, qualche volta, solo perché sono di giusta umanità. Non amo la Chiesa. Non la odio.
In questa ottica, mi stanno sulle palle i "baciapile " ma forse ancora di più gli anti clericali militanti, quelli che si sentono offesi dai Crocefissi nelle scuole e dai presepe, che infatti sono o scomparsi o in via di esserlo.
Con questo background, ho letto la notizia della situazione difficile dell'Istituto Salesiano causa una lunghissima vicenda giudiziaria con gli eredi del cd. marchese di Dio, il ricchissimo Alessandro Gerini.
La complessa vicenda è illustrata da Fiorella Sarzanini, giornalista di punta delle cronache giudiziarie del Corsera, e non è che dopo aver letto l'articolo si capisca molto di più (forse perché non sono un estimatore della cronista ? ). Certo, il fatto che il mediatore prenda il doppio e poi 10 volte di più di una delle parti in campo, suona piuttosto strano. Allo stesso tempo, l'istituto dei Salesiani esiste dal 1854, grazie a Don Bosco. Il Marchese Gerini è morto nel 1990...quindi una ventina d'anni fa. La guerra per la sua fortuna lasciata in eredità alla omonima fondazione ecclesiastica, e gestita dall'Istituto Salesiano, inizia praticamente subito. Quindi la domanda che mi sorge è : come mai dei provvedimenti giudiziari, ancorché discutibili, possono creare questo effetto devastante ? Era il patrimonio Gerini nel 1990 che garantiva la sopravvivenza dell'Istituzione ? Si era così ridotta dopo quasi 150 anni di vita ?
Ma sicuramente mi mancano troppi pezzi. Dopo la lettera del Carinal Bertone, il Giudice del Tribunale di Roma ha preso tempo per riflettere prima di decidere se archiviare o no l'accusa contro i "nemici" dell'Istituto. Lo credo bene....
Vabbè, in attesa di saperne di più, tra un faccendiere e Don Bosco, io sto col secondo. All'oratorio ci andavo anche da bambino e ragazzino, ne ho un buon ricordo. E leggo che ce ne sono ancora tantissimi, che fanno bene la loro missione.
La scelta empatica quindi è facile (la legge è altra cosa, ma vedremo).
Buona Lettura
L'ammissione di Bertone: io truffato sui Salesiani
L'Ordine religioso che si ispira a don Giovanni Bosco
rischia il fallimento per il sequestro di beni per 130 milioni
L'eredità contesa
Si deve tornare al 5 giugno 1990 quando a Roma muore
Alessandro Gerini, conosciuto come il «marchese di Dio». Il suo immenso
patrimonio fatto di immobili, terreni, denaro contante, preziose opere d'arte
viene lasciato in eredità alla «Fondazione Gerini» ente ecclesiastico
riconosciuto dal Pontefice Paolo VI nel 1967 e posto sotto il controllo della
Congregazione Salesiana. I nipoti del nobiluomo decidono però di impugnare il
testamento e avviano cause in sede civile, amministrativa e canonica che si
trascinano per anni.
Sono svariati i mediatori che in questo lungo periodo si
affacciano sulla scena e tra gli altri spicca Carlo Moisè Silvera, faccendiere
di 68 anni nato ad Aleppo in Siria e coinvolto in alcune inchieste della
magistratura italiana legate proprio a dissesti finanziari. L'uomo si accredita
come emissario degli eredi e propone una transazione alla Fondazione e
all'economo dei Salesiani don Giovanni Battista Mazzali. Sia pur tra mille
difficoltà e ostacoli viene avviata una trattativa e nel 2007 il patto tra le
parti sembra essere vicino. Si ipotizza infatti la vendita di alcuni beni e
arbitro della contesa diventa l'avvocato milanese Renato Zanfagna, legale della
società «Gbh spa» che ottiene l'opzione di acquisto dei terreni.
I 16 milioni di euro
Ufficialmente il legale e il faccendiere non si conoscono,
anzi rappresentano parti avverse. Ma in alcune circostanze sembrano marciare di
pari passo. Con il trascorrere dei mesi Zanfagna diventa il più ascoltato
consigliere di don Mazzali. Assume un ruolo tanto predominante da riuscire ad
accedere persino alla segreteria di Stato e ottenere colloqui privati con il
cardinal Bertone. E così viene di fatto nominato mediatore unico del negoziato.
L'8 giugno 2007, esattamente 17 anni dopo l'apertura del
testamento del marchese Gerini viene siglato l'accordo in sede civile: per
chiudere ogni controversia la Fondazione versa 16 milioni. Cinque milioni vanno
ai nipoti del nobiluomo, ben 11 milioni e mezzo a Silvera che li ha
rappresentati. E non è finita. Si stabilisce che la percentuale per il
faccendiere debba essere aumentata quando sarà effettuata la stima complessiva
dell'intero patrimonio. La commissione di periti - presieduta proprio
dall'avvocato Zanfagna - stabilisce che il patrimonio equivale a circa 658
milioni di euro, dunque la «provvigione» per Silvera sale fino a 99 milioni di
euro.
La denuncia di truffa
La Fondazione non paga e nel 2009 Silvera chiede il
sequestro dei beni. Lo ottiene il 18 marzo 2010. Il tribunale di Milano mette i
«sigilli» a mobili e immobili per 130 milioni di euro, interessi compresi. In
particolare la sede della direzione generale dei Salesiani in via della Pisana
a Roma e il fondo Polaris aperto in Lussemburgo per il deposito dei contanti.
La contesa questa volta mette a rischio la stessa sopravvivenza della
Congregazione. E così, l'1 febbraio 2012 la Fondazione, assistita dall'avvocato
Michele Gentiloni Silveri, denuncia per truffa Silveri, Zanfagna e altri
professionisti che si sono occupati della vicenda. L'atto è firmato dal
presidente don Orlando Dalle Pezze che specifica come il vero truffato sia
l'economo don Mazzali.
«L'accordo - è scritto nell'esposto - è nullo perché alla
Fondazione e ai Salesiani è stato taciuto che la Corte di Cassazione aveva già
dichiarato esclusi dall'eredità gli eredi. L'avvocato Zanfagna ha raggirato gli
ecclesiastici convincendoli a firmare un patto che favorisce soltanto lui e
Silvera». La procura di Roma avvia l'indagine, mette sotto accusa i
protagonisti, li interroga. Ma l'11 giugno scorso chiede che il fascicolo sia
archiviato. «Non c'è stato alcun raggiro, la transazione è valida», sostiene il
pubblico ministero.
La lettera di Bertone
Due mesi fa il Segretario di Stato tenta l'ultima e
disperata mossa. Affida all'avvocato Gentiloni Silveri una lettera da
consegnare al giudice. Scrive Bertone: «Ho dato il consenso alla soluzione
negoziale, ma ho scoperto soltanto dopo che il valore del patrimonio era stato
gonfiato a dismisura per aumentare la somma destinata a Silvera, depauperando e
umiliando l'attività benefica della Congregazione».
Il giudice Adele Rando si è riservata di decidere se archiviare
l'inchiesta sulla transazione finanziaria che coinvolge la Congregazione dei
Salesiani. Il verdetto dovrebbe arrivare nei prossimi giorni. Se si stabilirà
che l'accordo con il mediatore e' valido, il rischio per l'istituzione
ecclesiastica e' il fallimento.
Evviva don Gianni Mazzali è stato assolto perché il fatto non sussiste. Adesso prepariamoci a pagare i 130.000.000 milioni di euro ai nostri faccendieri. Se quel fesso di Bertone avesse almeno chiesto a don Gianni di fare la parte dell'utile cretino e ammettere di essere stato lui a falsificare le carte forse oggi i bambini delle missioni avrebbero la disponibilità di questi denari. Dimenticavo, ci sono ancora i 5 miliardi di euro dell'ordine don Bosco che don Gianni ha investito con il fondo finanziario Polaris. W don Gianni, W Bertone
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