martedì 13 novembre 2012

PATRIMONIALE, QUESTA COSA MERAVIGLIOSA....




Ieri c'è stato l'atteso confronto tra i cinque candidati delle primarie del centro sinistra . Tre veri, Bersani, Renzi e Vendola, due lì a farsi pubblicità, visto che non hanno alcuna speranza di vincere, Tabacci e Puppato. Da questo punto di vista, questi ultimi hanno già vinto, specie la Puppato, che chi cacchio aveva mai sentito parlare di lei ??
Dai resoconti che ho letto qua e là non è stato un confronto da brividi. Gli esperti del Corriere giudicano Renzi come quello uscito meglio dal confronto , seguito da Vendola e dietro Bersani. Del resto , dei tre si sa che il segretario del PD è quello meno televisivo. Comunque nulla di particolarmente nuovo sotto il sole. Le cose che si sapevano, senza domande particolarmente imbarazzanti. Insomma, una cosa noiosa.
Vendola comunque ha ribadito due cose importanti : a) l'agenda Monti non solo va dimenticata per il futuro ma azzerata per il passato. Bersani, dietro le quinte, minimizza, dice che sono battute elettorali. Sarà pure, però come la mettiamo con la gente che ti voterà in nome di quelle battute e solo per quelle ?? b) la patrimoniale. Ok, si sa che è il fulcro del programma economico della sinistra. In cosa consista concretamente si vedrà, ma intanto il principio è quello di tassare in modo solerte e serio "chi ha di più". Come se le tasse esistenti siano poche. Certo, NON bastano, visto la FAME degli assistiti.
Il concetto della patrimoniale non dispiace nemmeno a Monti, che pure si dice essere un liberale. Anche Einaudi ammetteva in casi estremi - durante e dopo una guerra - il ricorso a simile strumento. Una cosa dunque eccezionale, che magari chissà, data la gravità del momento, potrebbe essere necessaria anche ora. In fondo, siamo vittime di una guerra finanziaria no ? Però la questione è : sta patrimoniale serve a ridurre il debito, così come le famose dismissioni di beni demaniali, oppure è qualcosa che , una volta introdotta, deve durare nel tempo, perché in realtà viene introdotta per NON toccare il debito ? Questa curiosità è mia. Fubini invece, editorialista del Corsera, ne pone un'altra : serve veramente ? Non è che produce più danni che benefici ?
Vale la pena leggerlo


Un errore anche parlarne
Negli ultimi quindici anni il debito delle famiglie in Italia è salito dal 23 al 50 per cento del reddito. Anche dopo la grande bolla dell'ultimo decennio, si tratta di uno dei livelli più bassi dell'Occidente: appena la metà o anche meno rispetto alla Spagna, agli Stati Uniti e persino all'Olanda, che pure non rinuncia alle lezioni di austerità. Il risparmio degli italiani, a dire il vero, già dal 2008 è sceso al di sotto della media europea eppure continua a rappresentare una risorsa che viene da lontano e fa da fondamenta al Paese. Non si vede, se ne parla poco, ma tiene in piedi l'intero edificio.

In questa Repubblica affetta da una strana circolarità della sua storia, per certi aspetti siamo già passati di qui. Il debito delle famiglie era ancora più basso e il risparmio più alto quando in una notte di luglio del '92, senza preavviso, il governo di Giuliano Amato prelevò il sei per mille sui conti correnti. Anche allora l'Italia era una grande barca sbilanciata dal suo debito pubblico e dall'erosione della competitività. In quei giorni concitati una persona confessò (in privato) i suoi dubbi sul prelievo in banca: era un giovane direttore del Tesoro, il suo nome era Mario Draghi, e temeva che tassare i patrimoni a freddo avrebbe portato a una fuga del risparmio all'estero e quindi reso più fragili le banche italiane.

Passano vent'anni e rieccoci: con un po' meno di risparmio privato, un po' più di debito pubblico e lo stesso dilemma su come rendere liquide e utilizzabili le risorse degli italiani. Oggi come allora, chi governa e chi è governato ha bisogno di sapere di poter tamponare le falle se dovessero aprirsi. È in un'Italia con un passato e un presente di questo tipo che ieri Mario Monti ha fatto sapere che, in linea di principio, non è contro una patrimoniale. Il premier ha confermato di averci riflettuto un anno fa, ma l'operazione era irrealizzabile: mancavano i tempi e i dati per un intervento «adatto» e su base ordinaria, anziché punitivo e una tantum . Non che poi non si sia fatto nulla. Oggi abbiamo una tassa sugli immobili che aumenta per le seconde case, una sugli aerei privati, un'altra (elusa) sugli yacht e le auto di lusso, oltre all'imposta di bollo sui conti. Negli anni la somma di queste misure finirà per pesare come un prelievo di prima categoria sul risparmio e i patrimoni.

Palazzo Chigi poi ha precisato che il premier non pensa affatto a un'altra tassa sulla ricchezza, ma il tema in realtà non riguarda più tanto Monti. Prima o dopo le elezioni se ne riparlerà e allora vale forse la pena di ripensare a quei timori di Draghi del '92. Oggi i depositi bancari nel Paese (tolti quelli delle banche stesse) valgono circa 1.400 miliardi di euro, il 70% del debito pubblico. Se questo o soprattutto un prossimo governo andasse a caccia di quei risparmi e li spingesse alla fuga, le banche perderebbero l'unica base con cui oggi finanziano i loro già scarsi prestiti a famiglie e imprese. L'Italia scivolerebbe in una strozzatura del credito più dura, l'economia si contrarrebbe e il debito salirebbe invece di scendere. Forse è meglio rassegnarsi all'idea che non ci sono armi segrete per vincere questa guerra del debito. C'è solo la disponibilità a camminare tutti, passo dopo passo, nello stesso senso: quello della crescita e della competitività.


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