Ha fatto piuttosto scalpore l'altro giorno la notizia di un padre che aveva criticato il provvedimento col quale il Giudice aveva rimesso in libertà il figlio fermato durante i disordini accaduti durante la manifestazione del 14 novembre , giornata dello sciopero "europeo" contro l'Austerity. In piazza, gli studenti, universitari e medi, nonché i soliti teppisti professionali cui i giovani più focosi spesso pensano di dover dare una mano.
Tra questi appunto il ragazzotto che, identificato, è stato rimesso in libertà. I giornali di destra si arrabbiano di questo, garantisti solo per Berlusconi e quelli del PDL. Quelli di sinistra percorrono la strada opposta : quando ci sono i manifestanti, riscoprono il garantismo. Personalmente in questo ci scopriamo coerenti, per cui il fatto che i ragazzi fermati, anche quelli violenti , siano stati fatti uscire in attesa del processo che gli toccherà, lo consideriamo fatto che può istintivamente dispiacere, ma normale e legittimo.
Il padre, che non è riuscito ad educare il figliolo e che quindi spera che meglio di lui facciano le patrie galere, si è lamentato, ritenendo che qualche giorno di prigione sarebbe stato assolutamente giusto e utile. Magari ha pure ragione, ma insomma se il figlio è il pusillanime vagabondo che descrive lui, che non vuole lavorare e gli piace fare casino, chissà, forse qualche domandina ....
Comunque il signore in questione è una palese eccezione rispetto al genitore tipo che invece si presenta in Questura rivendicando l'immediata liberazione del figlio che ha appena incendiato una macchina per difendere il suo diritto al futuro. E se per caso nel tragitto piazza - commissariato l'orgoglio di papà ha rimediato un paio di ceffoni, le denunce sono cosa fatta...
Ecco, contro i padri sindacalisti dei figli scrive un libro Antonio Polito che gli varrà un sacco di critiche.
Li chiama i BABBOCCIONI, e sono quelli che non recedono dall'idea , non più egemone ma resistente, che i padri devono essere "amici" dei figli. I Papi, paponi...e poi, da adolescenti, chiamati direttamente per nome, comunque mai Papà.
Quelli cui le compagne e poi mogli hanno insegnato a fare i "mammi", per dare loro una mano a crescerli sti figli, che "sono pure i loro" (ricordarselo please al momento della separazione...), col bel risultato che spesso non sanno più fare i padri, e in compenso non diventano mai madri.
Queste cose sono vere, ma vengono scritte da anni, contro lo schema educativo di coloro che avevano 20 anni ai tempi del '68 o del '77. Polito attualizza la critica e cerca di attribuire a questi genitori invertebrati (che sono un OCEANO ) anche colpe non loro, o almeno, solo in parte.
In Italia il 90% dei ragazzi fino ai 24 anni sta a casa dei genitori. E questo numero bulgaro scende al 50% estendendo l'età ai 35 anni. In Spagna, che se la passa peggio di noi con la crisi, la percentuale è al 40%, nel Nord Europa pensano che siamo una razza sub umana. Questa cosa è vera da sempre, però negli ultimi anni un alibi serio ce l'ha : senza lavoro, o con occupazioni precarie e mal pagate, difficile potercela fare da soli. Certo, altrove preferiscono unire le forze tra giovani, quindi dividersi l'affitto in due e anche in tre, piuttosto che restare a casa...Da noi , perché farlo se da Papà e Mamma si sta così bene ??
Però è un fatto che se i giovani prima erano pigramente restii ad abbandonare il nido accogliente, adesso sono anche decisamente inguaiati nel farlo. Insomma, a mio avviso è uno di quei problemi molto italici, dove le colpe sono ampiamente diffuse, e quindi ognuno può rimpallare la responsabilità sull'altro.
Ma leggiamo l'intervista rilasciata da Polito
Polito: ha ragione Mieli, ai figli serve più studio. Troppi i papà «babboccioni»
Il giornalista e il suo libro polemico sui padri italiani,
diventati ormai «sindacalisti» della loro prole
Antonio Polito, lei è un padre che scrive un libro contro i
papà. Cos'è che non va?
«Tutto è iniziato negli anni Cinquanta quando si è passati
dal genitore-padre al papino, il papi, l'amicone di oggi».
Perché si è persa l'identità e la differenza dei ruoli tra
padre e figlio?
«Colpa del benessere, dell'epoca d'oro. Io stesso sono un
baby-boomers, sono del '56 e ho vissuto il boom tra la fine dei '70 e gli '80.
Ho conosciuto la mangiatoia bassa e appartengo alla generazione che pensa:
meglio di noi, i figli».
Solo colpa del benessere?
«No. Anche della contraccezione. C'è una profonda differenza
tra un figlio "venuto" e un figlio "voluto"».
Qual è?
«Il secondo è considerato come un investimento in borsa. E
lo si programma solo quando si è sicuri di potergli dare tutto ciò di cui ha
bisogno».
Benessere, contraccezione e poi?
«Le ideologie del Novecento che hanno introdotto i criteri
della deresponsabilizzazione individuale».
Se ciò che non va non è colpa del singolo, di chi allora?
«Della società, dei traumi, delle circostanze. Dal freudismo
al marxismo è tutta una deresponsabilizzazione del singolo».
Che invece è fondamentale per le sue azioni.
«Le cito una lettera di Montaigne indirizzata ad una signora
a proposito degli studi del figlio, in cui il filosofo fa la differenza tra la
coltivazione e la correzione».
La spieghi.
«Coltivare è semplice. Si getta il seme e si aspetta il
frutto. Correggere è altra cosa. Ecco, io sostengo che abbiamo smesso di
credere nel valore della correzione, del rimedio all'errore che fa crescere
meglio».
I ragazzi si adagiano sulla compiacenza dei «papini». C'è
del dolo?
«Le faccio l'esempio del copiare in classe. Attività che
rivela la nuova cultura dei genitori e la pigrizia dei docenti. Il messaggio
che passa è: copiare si può».
Non si deve invece.
«Negli Stati Uniti se copi il compito in classe, gli altri
studenti si alzano in piedi e denunciano la rottura di un codice di
comportamento interno alla scuola. Da noi copiare è una cosa figa».
Dal copiare in classe al posto di lavoro, per i ragazzi è
tutta una vita in discesa?
«In Italia il 38 per cento trova lavoro attraverso la
famiglia, la raccomandazione, gli amici, i parenti. In Europa ci si rivolge ai
centri per l'impiego e solo il 2/3 per cento trova lavoro grazie a papà. E
vicino casa».
Meglio andarsene lontano?
«Avere i figli che studiano e lavorano di fronte casa è una
grande illusione che contribuisce alla deresponsabilizzazione. In Italia non
abbiamo avuto la rivoluzione protestante, i papà sono i sindacalisti dei loro
figli e dopo il '68 siamo stati vittima di un sociologismo ingannevole».
Prima del '68, c'erano ruoli distinti, gerarchici ed anche
una istruzione per censo. Che fa rimpiange i tempi andati?
«Io non rimpiango per niente il pre '68. Il rapporto
padre-figlio non si basa solo sulla punizione che, soprattutto se legata
all'umore del genitore, viene vissuta come una ingiustizia. No al
padre-padrone. Ma il '68 ha
generato un effetto paradossale».
Quale?
«Che i figli di quell'epoca votano a destra. E così il '68 ha prodotto l'effetto
opposto rispetto al suo obiettivo».
Parliamo del lavoro dei giovani. E' giusto aspirare solo a
posti adeguati al proprio livello di istruzione?
«Le cito Luigi Einaudi e le sue Prediche inutili in cui
sosteneva che la disoccupazione intellettuale non esiste perché non è detto che
da un anno all'altro servano gli stessi ingegneri o dottori in legge. Per
questo voleva l'abolizione del valore legale del titolo di studio. E poi,
diciamoci la verità: le università e le lauree non sono tutte uguali, ci sono
quelle che valgono e quelle che non valgono niente. Inoltre è inutile insistere
a cercare posti nella pubblica amministrazione».
Un buon vademecum per i genitori?
«Nel libro riporto un'altra differenza. Quella tra padre
accuditivo e padre etico. Il primo protegge, è garante del narcisismo del
figlio. Dichiarandosi fratello del figlio ne assume la protezione. Ma questo è
un falso nella relazione».
Meglio imparare a dire qualche no?
«Meglio farsi ascoltare, ma i tempi del dialogo sono sempre
più stretti».
Colpa anche di cuffiette e videogiochi?
«La connessione è un bene. Oggi un guerriero masai con il
suo smartphone ne sa più di un presidente degli Usa di 25 anni fa. Ma certo, le
relazioni si complicano».
Come?
«Pensi al valore di un'amicizia. Oggi si diventa amici
cliccando "mi piace" su Facebook. Ma l'amicizia non è spingere un
bottone».
Bamboccioni per Padoa Schioppa, sfigati per il
sottosegretario Martone, choosy per la ministra Fornero. Lei quando vede un
ragazzo a cosa pensa?
«Mi piace una definizione per i padri che ho trovato su
lavoce.info: babboccioni. Quelli dal reddito più alto si tengono i figli in
casa fino a 30 anni, li fanno vivere entro i 10 chilometri da
loro. E ripeto: non è una questione di welfare familiare».
Fenomeno solo italiano?
«Sì. Lo dimostrano anche gli italoamericani che a differenza
degli americani ripetono questo schema culturale».
Nel libro, tanti riferimenti che supportano la tesi di
fondo. Di alcuni abbiamo parlato, altri li accenniamo soltanto. La frase di un
film?
«In "paradiso amaro" George Clooney dice: dare ai
figli abbastanza per fargli fare qualcosa ma non abbastanza per non fargli fare
niente».
Paolo Mieli ha detto: ai figli, meno case e più libri. E'
d'accordo?
«Sì. Noi abbiamo pensato a dare la casa perché ritenevamo
che l'istruzione fosse gratis. Non è così. Ho vissuto in Inghilterra e lì la
migliore istruzione è a pagamento. Come negli Usa. E vorrei vederli lì i
fuoricorso».
Cervelli in fuga?
«Lasciamoli in pace».
Considerazione finale?
«Dalla teoria evolutiva. Quella umana è l'unica specie che partorisce
(con dolore) un figlio incapace di badare a se stesso. Ciò accade perché con il
passaggio da quattro a due zampe, si è ristretto il canale del parto.
Contestualmente c'è stata la crescita del cervello, diventato enorme rispetto a
quel canale. Ecco perché la soluzione evolutiva è stata quella di farci
partorire a nove mesi figli che in realtà ne avrebbero bisogno di ventuno per
essere autonomi. E da lì iniziamo. Ad accudirli».
Come immaginabile, le critiche sono piovute e pioveranno, dai diretti chiamati in causa, e pure dai figli che temono che certe idee possano prendere piede.....
Ne riporto solo uno per la sua demenza esemplare
La figlia di questo beota ha 12 anni, e gli fa leggere i messaggi di ragazzini della sua età. Ne riparliamo tra due o tre, quando gli sms si faranno più "hot" se continuerà a leggere...
Certo, uno così il problema se la figlia sarà mai in grado di trovarsi un lavoro, mantenersi, badare a sé...non se lo creerà mai : tanto c'è PAPONE che ci pensa...
Conosciuta nessuna così ? Io diverse....e non sempre hanno fatto una bella fine...
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