Obama ha vinto e in maniera piuttosto netta. Il pareggio - che avrebbe dato poi la vittoria a Romney visto che i repubblicani sono maggioranza alla Camera USA - non c'è stato, e nemmeno la vittoria impopolare, quella ottenuta grazie al numero dei grandi elettori rispetto al voto effettivo. Lo stacco nei primi è assai maggiore (ben 100 GE ) mentre le percentuali di voto vedono il 50,3% a Obama e il 48,2 a Romney.
L'affluenza è stata superiore al 60% che negli USA è quasi un record. Insomma, lo stato di salute della democrazia americana, da questi numeri, è assai buono. Oltre la metà degli aventi diritto si reca alle urne e chi vince , lo fa col 50% dei voti. Fischiano le orecchie a Bersani che vorrebbe essere il capo dell'Italia col 30% dei voti ? . Ha vinto OBAMA e gli americani e metà degli americani sono contenti, gli altri meno. In Europa i felici sono di più, in Italia poi non ne parliamo. Motivo ? Non è dato sapere bene.
Obama, si sa, non è più per nessuno il Messia di quattro anni fa (oddio, qualche cerebro leso si trova sempre, ma insomma sono pochi ). Molte delle promesse elettorali di allora sono rimaste incompiute, la riforma sanitaria è a metà, e chissà cosa ne accadrà se il debito pubblico continuerà ad essere questo : il sistema è sull'orlo del collasso , Guantanamo è ancora lì, in Medio Oriente la primavera Araba è tutt'altro che evoluta nel modo sperato (dai giovani arabi stessi ! ) , l'Iran tra poco avrà l'atomica, la Cina ha metà del debito americano nelle sue mani....Non sono bilanci eccezionali e INFATTI Obama ha avuto paura di perdere, nonostante che : 1) nel dopoguerra solo DUE volte gli americani non hanno rinnovato il mandato al Presidente in carica, convinti tutto sommato che quattro anni possano essere pochi per portare avanti il proprio progetto 2) I Repubblicani, dai tempi di Reagan, e quindi da oltre 25 anni, non riescono a candidare un uomo che abbia un carisma degno di questo nome. Bush Junior vinse nel secondo appuntamento grazie all'attentato alle Torri che compattarono gli USA attorno al comandante in capo (c'è chi dice che Sandy abbia fatto bene ad Obama...) . Romney può andare bene come presidente di un Consiglio di Amministrazione ma come leader non ha fascino 3) la composizione della popolazione americana è cambiata, con il numero crescente di immigrati, neri, latino ispanici. Popolazione cioè che per la maggior parte ( ovvio che si parla di prevalenza, e assolutamente non di totalità ! ) è più portata ad aspettarsi aiuto dallo Stato che seguire il mito del self made man. QUESTO era il sogno americano : un paese che forniva l'opportunità a qualsiasi uomo di provare a realizzare i propri sogni. Questo sogno è divenuto minoritario.
Questi fattori, importanti, erano tutti dalla parte di Obama che, nonostante ciò, veniva dato in crescente difficoltà nei sondaggi . Mi sembra evidente che contro di lui giocasse la DELUSIONE del primo quadriennio, più che il seguito dell'onesto Romney. Ebbene, questo negli USA si è visto, in Europa NO. Se lì Obama ha vinto col 52% in Europa si sarebbe preso il 60 e in Italia il 70. Perché da noi quello che più domina, SEMPRE, è il TIFO. In America NO, gli schierati a prescindere sono sostanzialmente pochi. Da noi la "maglia" è sacra. E siccome la traduzione italiana è Obama = Sinistra, ecco che TUTTA l'intellighenzia peninsulare si butta da quella parte ( la gente non di sinistra, segue poco le cose americane. L'America è sempre stata vista come un prezioso protettore, come del resto è stato, CHIUNQUE fosse alla CAsa Bianca ). Esemplare il teatrino offerto da Lucia Annunziata sullo speciale di La 7 che seguiva ieri le elezioni. In redazione conduceva Mentana , e tra gli invitati c'era Ferrara. Collegata la fumina rossa. Bene, è bastato un sorriso provocatorio di Ferrara per fare saltare i nervi alla giornalista orfana di Rai 3 che gli ha apertamente dato del cretino. Appellativo che poi doveva essere esteso anche al suo direttore, visto che anche Mentana, alla reazione scomposta della collega, tratteneva a stento un sorriso divertito. Ovviamente l'Annunziata è una Obamiana di ferro, così come la Berlinguer e tanti altri.
Sarebbe bello che questo straordinario favore per il presidente nero fosse ricambiato e invece così non è. Obama dell'Europa si preoccupa solo nella misura in cui il crollo dell'Euro possa agitare i mercati. Punto.
In questo Romney non sarebbe stato diverso, vero. Ma la domanda resta. Al di là del "colore della maglia", qualcuno mi sa dire perché Obama presidente USA sarà meglio per l'Italia e l'Europa ?
Gradita risposta
Intanto posto l'articolo di Massimo Gaggi, inviato del Corsera negli Stati Uniti, che, a risultato ancora non ufficiale, ricordava come i tifosi elettori di entrambi gli schieramenti, facevano bene a non aspettarsi miracoli....
Magari è utile anche per qualche lettore delle nostre parti
L'agenda del
Presidente
Arginare un debito pubblico cresciuto a dismisura negli
ultimi anni, ma senza far precipitare l'America in una nuova recessione. Ridare
un po' di respiro a un ceto medio decimato dall'impatto della globalizzazione e
da quello della crisi scoppiata nel 2008. Trovare un nuovo equilibrio nei
rapporti economici e strategici con la Cina che consenta agli Usa di tutelare
meglio gli interessi delle loro imprese e del lavoro, senza mettere in pericolo
la stabilità della regione Asia-Pacifico. Concludere la missione militare in
Afghanistan e continuare a sostenere i fermenti democratici in Medio Oriente e
Nord Africa senza mollare neanche per un attimo la lotta implacabile contro il
terrorismo e il sostegno a Israele. E poi guardare avanti: darsi di nuovo una
prospettiva da Paese-guida fatta non solo di rapporti geostrategici e di forza
militare, ma anche di rilancio della ricerca e dell'innovazione, e di una
formazione scolastica che è assai decaduta.
Mai come stavolta, ha detto Barack Obama, agli americani è
stato offerto di scegliere tra due visioni nettamente diverse del mondo, dei
rapporti economici e sociali. È vero, ma solo nel senso che le piattaforme dei
due partiti hanno risentito della radicalizzazione della lotta politica degli
ultimi anni. Un presidente, però, deve essere un uomo soprattutto pragmatico e
la scelta di tutti e due i candidati di mantenersi sul vago sui punti specifici
della loro agenda di governo, su entità e tempi degli interventi che intendono
adottare, indica che la Casa Bianca - chiunque sia il prossimo inquilino -
tornerà a essere luogo di mediazione e di ricerca di accordi bipartisan.
Certo, nell'agenda repubblicana è prioritario far saltare un
pezzo di Obamacare (ma alla fine l'intervento potrebbe anche rivelarsi più
simbolico che sostanziale) ed è scritta anche una maggiore resistenza
all'aumento del prelievo fiscale. Ma il leader repubblicano arrivato
all'appuntamento della sfida con Obama è molto diverso da quello, costretto a
schiacciarsi sulle posizioni radicali dei Tea Party e della destra religiosa,
della stagione delle primarie repubblicane.
E anche l'Obama che fino all'ultimo ha promesso ai deboli di
continuare a fare i loro interessi si accinge a salvare il salvabile dello
«Stato sociale». Che potrebbe anche non essere molto. I leader democratici
sanno che, se continuerà a governare, Obama dovrà cercare un compromesso e
stanno già tastando il terreno per capire se la destra accetterebbe un aumento
delle tasse sui ricchi esentando chi ha un reddito inferiore a un milione di
dollari l'anno anziché sotto i 250 mila come ipotizzato dal presidente.
Chi governerà farà cose che non piaceranno ai suoi elettori,
ma non avrà scelta: l'America si regge sul miracolo di mercati che pagano per
prestare soldi al Tesoro di Washington (che paga interessi inferiori
all'inflazione). Né i democratici né i repubblicani possono permettersi di
uccidere questa gallina dalle uova d'oro.
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