Sono un "cinico di approdo". Così mi definisco, ammettendo di esserlo ma dandomi l'attenuante di non esserci nato. Un po' come la famosa frase dei fumetti " non è colpa mia, mi disegnano così".
Quelli che mi vogliono bene, dicono che il mio sia un atteggiamento, una posa, alcuni tirano in ballo la solita "difesa". Come detto, sono quelli affezionati.
Quando sento le parole tradotte di una canzone come la Camicia Nera (Camisa Negra ? ), successo di qualche anno fa (quindi non c'entra il ventennio, tranquilli ), lo struggente dolore dell'uomo abbandonato, espresso in modo così melodrammatico, a me scappa da ridere. Se invece il racconto è reale, e le amiche mi narrano di amori impossibili, di incastri nevrotici che loro si ostinano a non sciogliere, pensando sempre che sia AMORE, allora provo compassione. Che, lo ripeto sempre, non è il "me fai pena" romano e dispregiativo, quanto autentico dispiacere per una incapacità di vedere e vivere le cose come sono. Non è che sia obbligatorio, se uno, nell'autoinganno trova serenità o anche semplice sollievo, va benissimo. Non ho nulla contro gli psicofarmaci, figuriamoci se contesto la capacità delle persone di trovare un modo proprio di "aggiustarsi" la realtà. IL problema si pone quando questa strategia NON funziona. Che è quanto avviene più spesso.
Quando feci il corso di mediazione familiare, dove i docenti al 90% erano psicologi, psichiatri (meno e migliori ; avvocati pochissimi, e falsi come il peccato , come poi si vede in aula), ci spiegavano che i rapporti "giusti" erano quelli dove entrambi riconoscevano la "giustezza" dell'altro. Lo schema era "io ok - tu ok" . Sembra banale no ? Invece è il più raro, come del resto il numero crescente dei fallimenti affettivi dimostra. Ce ne sono ben altri tre : 1) Io ok - Tu no 2) Io no ok - Tu no ok 3) Io no ok - Tu si.
Nemmeno il terzo ovviamente va bene, in quanto non c'è reciproco riconoscimento di "adeguatezza", anche se consente più facilmente che le cose vadano avanti. Degli altri due, beh è evidente il disagio ancora maggiore che creano, stante l'inevitabile conflittualità e negatività.
Fatta questa lunga digressione, vengo all'articolo che posto, che prende spunto dalla tragedia Filippina, e dalla foto bella e toccante di una mamma soccorsa che tiene stretto il suo bambino. Ho letto il commento di Isabella Bossi Fredigrotti , postato sul Blog di Quinto Stato, e ho pensato che io non sarei MAI stato capace di scrivere una cosa così.(di qui le premessa e le divagazioni).
Che però è bella, specie sotto Natale, e per questo ve la propongo
Buona Lettura
Trecento morti e quasi duecentomila senza tetto nelle
Filippine, devastate da un violento uragano, ma loro due sono vivi e sono
insieme. È questa l’unica buona notizia dal disastro. La mamma è ferita alle
gambe, legata alla barella sulla quale dovrà attraversare un corso d’acqua
straripato, ma le braccia sono in grado di tenere stretto il suo bambino.
Loro due sono vivi. Trecento morti e quasi duecentomila
senza tetto nelle Filippine, devastate ieri dal più violento uragano di tutto
l’anno, ma loro due — unica buona notizia giunta dal disastro — vivi e insieme.
La mamma, Lenlen Medrano, è ferita alle gambe, legata alla barella sulla quale
dovrà attraversare un corso d’acqua straripato, ma le braccia sono a posto, in
grado di tenere stretto il suo bambino: a guardarli così saldamente
abbracciati, si può essere sicuri che arriveranno sani e salvi sull’altra riva
del fiume inferocito.
Distruzione e morte intorno a loro, forse amici e parenti
periti o dispersi, ma per qualche miracoloso momento, chissà, per qualche ora,
nulla potrà turbare quella intima, tranquilla, egoistissima felicità. Verrà più
tardi il tempo di pensare agli altri, probabilmente verrà anche il tempo di
piangere, di disperarsi, ma al momento conta soltanto la preziosa certezza di
essere insieme. Contatto di pelle, contatto di carne che rassicura, che
cancella ogni angoscia, che dà pace. Potrebbe essere che quel bambino fosse
andato perduto, che fosse tra i dispersi e che poi sia stato ritrovato. Oppure
che non si fosse mai staccato dalla mamma, sempre fermamente aggrappato a lei
per tutta la durata del ciclone. L’abbraccio non dice quel che è successo
prima, dice soltanto che separarli, nelle prossime ore, anche per poco, non
sarà facile.
Una natività dei tempi nostri, il tempo delle emergenze e
dei disastri, un novello presepe sotto la bufera, senza bue né asinello — ma
quelli, ci ha ora detto il Papa, non esistevano nemmeno nel presepe originale.
Al posto dei pastori, tre soccorritori affaccendati intorno, e al posto dei re
Magi un fotografo che coglie la scena, l’unica buona in quel giorno disastroso,
regalo per noi, però, più che per il bambino. E, infatti, l’immagine è già
stata vista, cliccata e ricliccata in tutto il mondo: rasserena, forse
addirittura — un poco — consola da quell’altra, terribile, ossessiva, che ci ha
perseguitato poche ore prima, dell’uomo scaraventato nella metropolitana e
lasciato travolgere dal treno senza che nessuno dei presenti muovesse un dito salvo
che per fotografarne l’agonia.
In giro per la rete, ho trovato un commento al bellissimo articolo di Isabela Fedigrotti nel quale, esprimendo ammirazione per il post, auspicava che la sensibilità evocata potesse servire a contrastare il ritorno del Cavaliere....Più esattamente : " Un bell’apporto viene dalla ridiscesa in campo dell’unto issato sul predellino , quello che non ha suscitato in maniera compatta (interclassista) Fornero nè Marchionne ,nè Fiorito,Lusi , Riva, i Bossi ,
RispondiEliminaSe non verrà una rivolta verso il vavaliere e la cricca dei fede-li allora vorrà dire che la foto di quella mamma e del suo bambino è stata cliccata e riciclata inutilmente". Io forme di ossessione paranoica così diffusa e inabilitante non le avevo mai viste nei miei primi 30 anni di vita. Ora mi faccio un'idea di come nel secolo scorso si siano potuti affermare fenomeni come il fascismo, e ancor di più come il nazismo e il comunismo.
Sul blog di Quinto Stato PAOLO, l'autore dello stralcio riportato sopra, mi ha risposto scrivendo :
RispondiEliminaEgregio Stefano la ringrazio per l’escursus storico e per la diagnosi di ossessione a distanza , mi salvo con il “sembra” infatti non corrisponde al mio pensiero fisso ,,ammetto che qualcuno lo porto in serbo anch’io ma quello che lei paventa non è fra questi ,.
Non so se vorrà concederlo ma, vorrei pensare che seppur con riserva prenda in considerazione la mia risposta ,, il riferimento al cavaliere a mio parere non è improprio ,si collega al clima dell’inaridamento , alla corsa all’apparire , alla caduta di valori di solidarietà ,ai sentimenti veri non di facciata mediatica ,effimera o alle nefandezze (filmare l’agonia dell’uomo caduto e travolto dal treno)
Ha ragione potevo fare altri esempi , ebvitae la personalizzazione ,evitare una facile accusa da parte sua e di tanti che si riconosceranno nelle sue osservazioni ,a tal proposito mi viene in mente quel grido :”Mentre Sagunto………..” che sicuramente conosce , infatti il cavaliere che ridiscende in campo lo fa perchè “responsabile”.
Bossi Fedrigotti alla stretta della madre al bambino dà giustamente un valore che trascende il disastro ,parla di sensazione che per un poco rasserena ,bhè a me ricorda ,suscita un richiamo alla solidarietà che potrà ritornare a essere di tutti solo se dopo 20 anni non si ritorna al grande clima del dinosauro.