lunedì 17 dicembre 2012

EUROPA : NE' SANTA NE' DIAVOLO



Io non credo che chi legge le note del prof. Angelo Panebianco abbia di lui l'idea di un populista anti europeo. Infatti NON lo è. Semplicemente, come del resto accade a Giacalone, il suo europeismo non è acritico né dell'Europa Unita ha un'idea utopistica e onirica. Una società, anche di Stati, sta insieme per un mix di fattori dove valori nobili, come il perseguimento e la salvaguardia della pace , si mischiano con convenienze anche prettamente economiche. E siccome, in questo secondo caso, gli interessi spesso non sono convergenti, si tratta di trovare il giusto equilibrio. Cosa che invece è difficile e in tempi di crisi ancora di più. Nel ricordare questo, Panebianco non lesina critiche alla politica tedesca degli ultimi anni, e alla Cancelliera Merkel in particolare. Sono critiche sentite anche da sinistra. E' bastato però che fosse Berlusconi a farle sue, che ecco gli animi ferini dei soliti noti si sono destati. Non c'è nulla da fare. Secondo me se Berlusconi un giorno si alzasse e contestasse che la Juventus è squadra immeritevole dei tanti titoli vinti, improvvisamente i tanti detrattori della Vecchia Signora potrebbero arrivare a difenderla, pur di sostenere il contrario di quanto asserisce il Cavaliere Oscuro....
Comunque, le considerazioni di Panebianco restano sensate e può essere interessante leggerle

L'EUROPA NELLE URNE
Ma le elezioni sono italiane



La colpa più grave che hanno gli sfasciacarrozze, quelli che «dobbiamo uscire dall'euro», quelli che «senza l'Europa è meglio», è che spinge tutti gli altri ad adottare, per reazione, un atteggiamento altrettanto insensato: li spinge alla santificazione dell'Europa. Ma santificare l'Europa è un errore che si ritorce contro chi lo commette, lo rende troppo remissivo verso gli interessi altrui, di chi (oggi i tedeschi, ieri l'asse franco-tedesco) non ha alcuna remora a farli valere pesantemente.

Non esiste Santa Europa. Le relazioni europee appartengono alla categoria dei giochi misti : i giocatori (europei) hanno alcuni interessi in comune e alcuni interessi divergenti. Il problema di ciascun giocatore, se è dotato di razionalità, è di contribuire a preservare gli interessi comuni senza rinunciare a difendere i propri nella competizione con gli interessi degli altri.
Il rimprovero che, da quando è scoppiata la crisi dell'euro, si muove alla Germania è di far valere a tal punto i propri interessi da mettere a rischio quelli comuni. Il giocatore più forte risulta sprovvisto della duttilità necessaria per esercitare una vera egemonia (una egemonia è tale solo se procura vantaggi sia all'egemone che a tutti gli altri). Una critica altrettanto fondata si può rivolgere a quei Paesi che, non facendo le opportune riforme interne, contribuiscano a danneggiare gli interessi comuni europei. Con, in più, l'impossibilità di contrattare in modo efficace la difesa dei propri specifici interessi. La vera forza del governo Monti è stata quella di avere fatto un paio di riforme importanti, e di averne avviate altre, accrescendo così la propria capacità di contrattazione in Europa.

La propaganda antitedesca degli sfasciacarrozze non può farci dimenticare che un problema tedesco esiste. Si tratti di fiscal compact o di unione bancaria, ogni decisione che prende l'Europa può essere solo «alla tedesca». La durezza della Germania nella difesa del proprio interesse nazionale fa il paio (segnalando una scarsa capacità egemonica) con la grossolanità dei suoi interventi politici. La plateale sponsorizzazione di Monti non gli ha fatto certo un favore. Anche agli italiani dà fastidio (come ha osservato Massimo Franco sul Corriere di ieri) sentirsi trattati come una colonia. Va ricordato a tutti che il 17 febbraio andremo a votare solo noi italiani. Per fortuna.

Né va infine sottaciuto il grave danno che arrecherebbe alla fisionomia futura dell'Europa un ritiro della Gran Bretagna dalla Ue. Tutti sono soliti prendersela con l'euroscetticismo britannico. Ma quasi nessuno segnala che se quell'euroscetticismo ha molte cause, una di esse è l'ostilità per l'eccesso di dirigismo da cui è afflitta l'Europa carolingia. Non è così sicuro che la Gran Bretagna abbia fatto male dicendo un secco no al fiscal compact . Una sua uscita dalla Ue condannerebbe i liberali europei, pochi o tanti che siano, a non potere mai più sperare in una Europa meno dirigista. Né in una Ue ove la Germania risulti più condizionabile.

Il passaggio è stretto: di là gli sfasciacarrozze, di qua gli acritici laudatori dell'Europa. Urge la ricerca di una via intermedia. 

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