Non ci va giù a noi democratici occidentali, specie se "progressisti" vedere che queste cacchio di elezioni non vanno come vogliamo noi. Questa brutta cosa, che succede pure dalle nostre parti, è regola fissa nelle altri parti del mondo, e dove regna l'Islam ancora di più
L'ultima notizia non gradita viene dalla Turchia.
Ma come benedetti turchi ??? Non vi bastano le repressioni di Gezi Park, la delaicizzazione della società, a spese soprattutto delle donne ? i casi conclamati di corruzione , di nepotismo, di purghe politiche (non cruente, per fortuna : semplice marginalizzazione) nei confronti di tutti gli esponenti delle categorie non compiacenti col capo ??
Evidentemente no caro Antonio Ferrari. Ai Turchi Erdogan piace anche così ( e magari SOPRATTUTTO così, potremmo scoprire).
L'Europa pensava di poter riformare dall'esterno la Turchia, occidentalizzzandola, approfittando dalla voglia ottomana di essere ammessi nell'Unione. Ecco, con Erdogan questa cosa non vale più, che l'uomo è piuttosto orgoglioso e ha deciso di non voler stare più a blandire i professori europei che danno le pagelle su questo e su quello. Anche perché, economicamente, ormai ci sono realtà assai più interessanti di quella europea. Inoltre, con tutto quello che accade nel medio oriente, è piuttosto l'Europa e l'occidente ad avere bisogno del sorriso di Ankara.
Quindi non ci piace il nuovo sultano ? Ai turchi sì, che lo hanno fatto vincere qualche mese fa come primo ministro e oggi come Presidente, col 52% dei voti, al primo turno.
Faccamocene una ragione : il mondo NON è l'occidente,
la Seduzione
del Sultano
che si Ispira a Putin
(non a Hollande)
È Recep Tayyip Erdogan il primo sultano repubblicano del terzo millennio. Ha vinto, anzi ha stravinto, diventando il primo presidente della Repubblica di una «nuova Turchia», come lui stesso l’ha definita, cullandosi sulla straordinaria valanga di consensi che gli hanno permesso l’elezione al primo turno. Se la nomina fosse state votata dal Parlamento, come nel passato, qualche sorpresa sarebbe stata teoricamente possibile. Affidandosi al popolo, l’uomo che da oltre un decennio, nel bene e nel male, guida il Paese, sapeva di non correre rischi.
Anche la geografia del voto è un segnale inequivocabile. Conquistare sia Istanbul sia Ankara vuol dire che, per convinzione o per stanchezza, anche molti avversari laici si sono piegati all’ineluttabilità della volontà della maggioranza.
Erdogan ha vinto grazie alle regole che in una democrazia vanno rispettate. Dovranno essere sempre rispettate anche dall’uomo che entrerà nel palazzo di Çankaya, come ultimo successore del grande Mustafa Kemal Atatürk. Un leader indiscusso, Erdogan, che però da oltre un anno ha compiuto atti e abusi inaccettabili in una democrazia compiuta. Dalla brutale repressione contro i rivoltosi per il parco di Gezi, alla corruzione, al nepotismo, alle ombre sinistre che hanno accompagnato l’allontanamento e il trasferimento di magistrati, poliziotti e investigatori scomodi, ai disastrosi errori in politica estera, alle misure ridicole sul «corretto comportamento» delle donne nella vita pubblica e privata. Una serie di «incidenti» che hanno spinto numerosi osservatori a disegnare un inquietante scenario. Come ha scritto Le Monde , Erdogan «vuole imporre un regime autoritario».
Ci si chiedeva se un condottiero così arrogante e divisivo avrebbe potuto rappresentare autorevolmente il Paese lungo la strada che porterà, anzi sta già portando ad una repubblica presidenziale, che nelle intenzioni del neoeletto somiglierà assai più a quella di Putin che a quella di Hollande. La verità è che la maggioranza dei turchi è sedotta da Erdogan, si specchia in lui, si fida e si affida a lui. Per adesso lo seguirebbe persino se la Turchia dovesse pagare un prezzo molto alto, come il definitivo tramonto del processo di annessione all’Unione europea. Processo che si è ormai arenato sulle secche di antiche e nuove diffidenze incrociate. E’ persino possibile che il nuovo capo dello stato decida autonomamente di allontanarsi ancor più dal binario europeo, per esempio affidando il governo a un fedelissimo, come il ministro degli esteri Ahmet Davutoglou, capofila delle scelta «neottomana», che guarda soprattutto al mondo musulmano.
L’Unione europea, ma soprattutto gli Stati Uniti, che da sempre hanno rapporti strettissimi con Ankara, sia nelle relazioni bilaterali che nella Nato, non hanno certamente gradito gli atteggiamenti autoritari e poco rispettosi dei diritti umani dell’alleato Erdogan. Tuttavia, in questa fase di gravissime turbolenze regionali, Ankara può avere un ruolo importante, nonostante gli errori commessi. Anche su questo Erdogan punta per ottenere una più solida legittimazione internazionale.
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