mercoledì 5 dicembre 2012

LO SPREAD SCENDE, LE BORSE SALGONO. COM'E' CHE NON CE NE ACCORGIAMO ?



Tutti contenti perché lo Spread scende. E in un anno di economia in piena recessione, i mercati celebrano rialzi sostanziali e buoni rendimenti per gli investitori. Fubini , sul Corriere, ha dedicato anche un articolo a questa contraddizione, che in realtà conferma la forbice tra economia reale, quella delle imprese, dei servizi e della produzione, e quella finanziaria.  Guardiamo l'Europa : i Piigs non sono guariti, anche se si curano. IL rigore non pare aver prodotto , al momento, grandi risultati. Il debito pubblico , nonostante le tasse, è aumentato non solo da noi (126%, record, però Monti non lo dice mai ) , ma anche in Spagna, dove era al 60, tra i più bassi d'Europa, e ora sta all'85% e nel 2013 è previsto che arrivi al  90 (!!!!!), Portogallo e la solita Grecia. Curiosa, sono oltre due anni che alla Grecia s'impone di abbassare il debito, quelli in teoria fanno, sia pure con grande ritrosia, quanto gli viene chiesto, ma il debito SALE. Solo l'Irlanda, che si è imposta e non ha accettato di aumentare le tasse sulle imprese, invogliando così anche l'investimento straniero, sembra andare meglio.
E non è che gli altri paesi europei se la spassino ! Debito e disoccupazione affliggono anche il resto dell'Unione, coinvolgendo grandi paesi come la Francia e la GB. Eppure anche da loro, borse non euforiche ma assolutamente positive e lo spread non è mai stato un problema.
Questi elementi a mio avviso dimostrano che Monti sarà anche sobrio ma è poco serio quando si attribuisce il merito della discesa dell'indice . Non a caso, presuntuosamente, indica quota 287 come quella dove conta di arrivare, la metà di quando lui si insediò (sottotitolo : "visto come sono stato bravo ??" ). In realtà sono in pochi quelli che ancora negano che lo spread è un problema legato alla fiducia sul sistema Europa ed Euro, che non a quella sulle economie dei vari Stati . La speculazione si è scatenata scommettendo sulla crisi della moneta unica, e ha smesso quando Draghi ha fatto capire che non glielo avrebbe continuato a far fare impunemente.Punto.
Ha aggiunto altre cose, come le regole per fruire dell'aiuto finanziario delle BCE (severe al punto che finché può, nessuno lo chiede, pur avendone un gran bisogno ) , e la Germania a sua volta ha mostrato di digerire non bene l'iniziativa del Presidente della Banca Centrale. Però, chi ha provato in estate ad agitare le acque , ha preso un bel bagno. Draghi , a differenza di Monti, non fa solo annunci. Poi può anche essere, ma dubito che si tratti di questo, che i mercati credano che il rigore europeo produrrà anche degli effetti benefici sulle economie reali, e che i valori negativi cambieranno nei prossimi anni. Non ci credo molto : le borse hanno dimostrato di navigare a vista, non sul medio lungo termine.
Allo stato, quello che si vede sono le piazze calde (ma ancora non infuocate) dell'Europa Mediterranea, e , nonostante queste turbolenze (speriamo che non diventino "altro"),  la finanza che tira. Di qui l'idea di Tobin Tax, di patrimoniali...
Perché le politiche di governo più facili, notoriamente, non sono quelle volte alla crescita, obiettivo difficile, ma a tosare ogni forma di benessere comunque prodotto.
Cosa non solo ingiusta (ma loro dicono che è "sociale" così...) ma soprattutto miope.
Come ci spiega il solito bravissimo Davide Giacalone nell'articolo che segue
Buona Lettura
  

Feticismo dello spread


Il feticismo dello spread genera mostri politici. I mostri politici generano squilibri sociali. Gli squilibri sociali rendono più deboli le democrazie e pericolante il cammino europeo, se non compensati con consolidamenti istituzionali. Se la politica non è la mera arte della propaganda, se la posta in gioco non sono solo i voti, di queste cose occorrerebbe ragionare con la dovuta serietà.
Gli spread in divaricazione, lo abbiamo sostenuto molte volte e non ci torno, segnalano una debolezza strutturale dell’euro e dell’Unione monetaria. Se si guarda il grafico degli andamenti spagnoli e italiani si vede che non ci sono meriti o colpe nazionali, semmai l’imposizione di una svalutazione interna per reggere ai vincoli esterni. Noi toccammo il dramma nell’agosto del 2011 (governate Berlusconi), quando i mercati ritennero l’Italia più a rischio della Spagna. Per ribaltare quel giudizio occorsero mesi e soldi, non bastando certo il cambio della guardia a Palazzo Chigi. Oggi si festeggia uno spread in ribasso, con Mario Monti che indica simbolicamente il livello 287 (la metà del picco massimo, precedente al suo avvento), ma si dimentica che lo sfiorammo già nel marzo scorso, salvo poi tornare sopra 500. A fronte della speculazione contro i debiti sovrani, fin qui, l’unica cosa che ha funzionato è stato l’intervento della Banca centrale europea. Se si guarda con occhio libero quel che accade ci si accorge che non è la politica del rigore (necessaria, ma per altri motivi) che fa scendere lo spread, ma l’avere preso atto che non porta da nessuna parte.
Ridescritto il feticismo dello spread, il mostro politico consiste nel credere che la salvezza stia proprio in quel che ha fallito. Tanto è vero che quelle politiche sarebbero dovute servire a comprimere i debiti, pur mettendo nel conto spiacevoli effetti recessivi, e, invece, la recessione c’è, ma i debiti crescono. Non funziona. S’è guadagnato tempo, certamente, ma s’è perso denaro. Nel caso italiano s’è perso quello dei contribuenti che sono stati chiamati a pagare di più, salvo ritrovarsi con un debito pubblico più alto in valore assoluto e più pesante sul pil. Se la sinistra italiana (ma non solo, vale anche per i francesi) pensa di festeggiare gli effetti della “serietà” fantasticando di rilancio, ha sbagliato indirizzo, perché questo genere di politiche non prevede alcun rilancio. E se pensa di mascherare la mancata ripresa con altro moralismo fiscale, tanto che Bersani oramai neanche nasconde più il desiderio di una (ulteriore) patrimoniale (senza contestuali ed equivalenti abbattimenti Irpef), ciò acuirà la recessione, diminuirà la ricchezza e accrescerà gli squilibri sociali.
Gli italiani che non arrivavano alla quarta settimana, protagonisti della propaganda che ci voleva vittime dell’iniquità, ovviamente figlia del mitico e inesistente “liberismo selvaggio”, erano più ricchi di quelli che dovrebbero festeggiare il rigore e il calo degli spread. Con l’aggravante che si aizza sempre di più la guerra interna, facendo credere che la colpa sia di chi non paga abbastanza, laddove, al contrario, non solo i benestanti onesti già pagano troppo, ma il problema è la spesa fuori controllo e un debito non abbattuto con dismissioni.
E qui si giunge al paradosso: nel caos schiamazzante della politica nostrana è evidente che Mario Monti rappresenta un punto di stabilità, e anche un riferimento per gli interlocutori internazionali, ma la politica del suo governo ha avuto effetti negativi. Per giunta destinati a riverberarsi nel futuro prevedibile. Mettiamola così: il Monti che alza le tasse va male, ma agisce perché non ha alternative immediate; il Monti che constata l’insostenibilità dei costi sanitari (del welfare disfunzionale tutto, in verità) va bene, ma si frena perché non ha tempo e forza. Se si abbraccia il primo Monti e si cancella il secondo, come farebbe la sinistra bersanian-vendoliana, spezziamo l’Italia e ne distruggiamo il sistema produttivo.
Né, del resto, sembrano più promettenti quanti sanno solo dire: Monti-Monti-Monti, con lo stesso acume di chi fa gli scongiuri. O una destra che dice … già, cosa dice? A questo aggiungete che gli sfasciacarrozze sono quotati quale secondo partito. Ciò ci dice che se non c’è ragione di credere che i pericoli esterni siano cessati, ve ne sono molte, e solide, per metterci in guardia dai pericoli interni. Cui ci si abbandona con festosa voluttà.



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