Sono in corso le votazioni per il ballottaggio tra Renzi e Bersani. Piuttosto scontato l'esito finale, con vittoria del segretario, più interessante semmai potrebbe essere il modo. Intanto, resteranno le primarie delle "regole". Quelle cambiate rispetto a tutte quelle passate. MAI nel centrosinistra erano ricorsi a tutti questi cavalli di frisia per cercare di ostacolare un voto di opinione rispetto a quello degli "iscritti" (non perché necessariamente tali, ma rossi a prescindere ) . E infatti i risultati si sono visti caro Mucchetti, a cui piacciono tanto i numeri ( leggere Massimo Mucchetti sul Corsera è una penitenza che mi infliggo settimanalmente perché mi sta sulle palle, però mi sforzo di leggere il suo controcanto negli argomenti che mi interessano. Oh, mai che avessi pensato qualcosa di concorde !). Per Prodi votarono più di 4 milioni di persone, per Veltroni 3.500.000, e nemmeno erano elezioni VERE. Qui, che c'era il sale di un vero sfidante, sono andati 3 milioni. Che sono sempre tantissimi, intendiamoci, però sensibilmente meno. Vorrà dire qualcosa ?
Altro elemento indiscutibile : i bersaniani si sono battuti per restringere il campo del voto, i renziani per allargarlo. I primi si sono inventati l'inquinamento del voto. Cosa s'intende per questo ? Che anche gente non socialista ( o post comunista, perché diciamole le cose, i comunisti nel PD di Bersani ci sono eccome ) , ma cui può piacere il blairismo in salsa toscana, possa votare è inquinante ? Se con questo termine s'intende il rischio che più si allarga la platea dei votanti e più Renzi ha possibilità hanno ragione quelli del segretario.
Tattica giusta , e figura di m...pazzesca altrettanto assicurata.
Così si è assistito a questo balletto sfinente e piuttosto avvilente nel quale le vestali del segretario, chiamato Comitato dei Garanti, cercavano di tenere le porte strette, e quei poveri cristi dei renziani a provare ad allargarle. Della serenità dei primi, sono testimonial le facce di Fassina e della Moretti. Io non ci credevo, ma se oggi mi dicessero : preferisci la Moretti al posto della Bindi in parlamento e in tv...io scopro che direi che forse forse mi tengo la Bindi...Perchè l'Alessandra bersaniana è sì più gradevole d'aspetto (non che ci volesse molto, si sa) ma anche più odiosa. E qui invece ce ne voleva !!!!!!
Fassina ...non ne parliamo nemmeno. Anche qui, se questo è il ricambio di D'Alema, voglio baffetto tutta la vita ! Almeno nella sua presunzione sapeva essere anche ironico (ed era intelligente). Questo è solo acido !
I renziani cercano di sorridere, come gli chiede il capo, e a volte ci riescono. Si mostrano un po' meno acetosi, però insomma...si vede che gli fumano. Il problema è che qui non si tratta solo dell'agonismo legittimo tra le due squadre che si contendono il titolo, è che un domani questi saranno chiamati a giocare nella nazionale del PD e non si passeranno la palla !! Non solo perché si stanno antipatici, ma proprio perché gli schemi di gioco sono diversissimi, quasi opposti.Lo hanno evidenziato in tanti, tra questi PLuigi Battista e oggi Angelo Panebianco nell'editoriale domenicale.
Anche sta storia che chi non si era registrato al primo turno, non ha potuto votare al secondo. E' qualcosa che favorisce o meno la partecipazione ? E infatti, su 130.000 richieste di iscrizioni nuove, ne sono state "promosse" meno di 8.000. Vabbé, domenica scorsa ebbero ragione a parlare di successo...stavolta credo andrà molto diversamente.
In realtà tra Bersaniai e Renziani si ripropone la spaccatura eterna tra le diverse anime della sinistra, che a tante scissioni ha portato nel corso dell storia di quel movimento .
Perché se molti obiettivi astratti sono uguali....l'uguaglianza, la tutela dei deboli, la redistribuzione della ricchezza, gli strumenti sono assai diversi. La stessa differenza che ci può essere tra i Liberal alla Blair, alla Clinton e oggi Obama e la sinistra di Hollande se non addirittura quella di Mitterand . Sono anime che possono presentarsi unite utilmente per vincere le elezioni, e ci riusciranno pure, oggi che dall'altra parte non c'è nessuno. Ma governare richiede altra omogeneità. Anche per questo Bersani ha riscoperto che sto porcellum tutto sommato non è poi così male....con il suo premio del 55% dei seggi qualunque sia la percentuale di consensi ottenuti dal partito vittorioso. Ma la Corte Costituzionale dice che questa cosa non va bene ? E chissene dove lo metti ?? A sto giro va bene così.
Ecco l'articolo di Panebianco, buona lettura
EFFETTI COLLATERALI
DI UNA SFIDA
Un referendum sulla sinistra
È stato detto, ed è vero, che, chiunque vinca le primarie,
il Partito democratico sarà in futuro diverso da ciò che è stato. La sfida di
Renzi lo ha già cambiato.
Queste primarie non sono state solo uno strumento per la
scelta del candidato premier. Sono state anche un referendum sul significato da
dare alla parola «sinistra». Hanno assunto, grazie a Renzi, una forte valenza
culturale, hanno investito i temi della tradizione e della identità.
Sinistra, in Italia, è un termine che ha sempre avuto un
significato diverso da quello che ha nei Paesi che non hanno conosciuto la
presenza - per quasi mezzo secolo di vita democratica - di un grande partito
comunista, radicato in tanti gangli vitali della società: un partito che, grazie
anche al suo rapporto quasi monopolistico con i ceti intellettuali, era il solo
legittimo giudice di cosa fosse o non fosse «sinistra». Al punto che persino
Bettino Craxi, uomo del socialismo autonomista, privo di complessi di
inferiorità nei confronti dei comunisti, poteva essere tranquillamente dipinto
come uomo di destra. «Sinistra» erano il Pci e ciò che si muoveva nella sua
orbita, ivi comprese quelle forze (una parte del Psi pre Craxi, la sinistra
democristiana) sue sodali o che mostravano sudditanza, culturale e psicologica,
nei suoi confronti. «Sinistra» erano le interpretazioni del mondo, del passato
e del presente, e di ciò che era giusto o sbagliato, che si producevano entro
quei confini politici.
Crollato il Muro di Berlino, il Pci, ufficialmente, morì.
Iniziò la fase post comunista. Ma la storia non fa salti. Dentro il «post»
c'era tanta continuità.
Sotto le nuove spoglie sopravviveva molto della vecchia
organizzazione - con le sue regole, i suoi riti, le sue gerarchie, e le sue
tesorerie - e anche del vecchio universo simbolico (come mostra il mantenimento
delle antiche denominazioni: Unità , Festival dell'Unità, Istituti Gramsci,
eccetera). E, naturalmente, venne preservato, sotto quell'ombrello, il grosso
dei corposi interessi (sindacali e non solo) che facevano capo al vecchio Pci.
Era inevitabile, dato che il cerchio dirigente e i quadri venivano da quella
esperienza. Chi non era di quelle parti poteva facilmente accorgersi di queste
continuità andando in giro, e annusando l'aria, nelle regioni rosse.
Il Partito democratico nacque mettendo insieme vecchi amici:
ciò che restava del post comunismo e dell'antica sinistra democristiana.
Bisogna riconoscere a Walter Veltroni, il primo segretario del Pd, il merito di
avere tentato di creare, almeno entro certi limiti, qualcosa di nuovo (del
resto, era il solo che potesse permetterselo proprio perché veniva dalla
tradizione comunista) ma l'operazione, difficile e forse impossibile, fallì.
Data la storia pregressa, sono in buona fede quei
sostenitori di Bersani che avversano Renzi perché lo giudicano «di destra». È
effettivamente la prima volta che, all'interno di quel mondo, la tradizione
post comunista subisce una sfida così dura da parte del rappresentante di una
sinistra che non fa riverenze a quella tradizione e intende sbarazzarsene.
Come mostra il fatto (lo ha osservato Pierluigi Battista sul
Corriere del 29 novembre), che non c'è alcun tema programmatico - si tratti di
welfare, scuola, lavoro, politica estera o altro - su cui Renzi non si sia
contrapposto alla linea della continuità incarnata da Bersani.
La vera sorpresa, ciò che nessuno si aspettava, è che
proprio all'interno del popolo della sinistra (e nelle regioni rosse), fossero
ormai così tanti quelli disposti a votare «sì» al referendum indetto da Renzi:
«Vuoi tu abbandonare la tradizione e ridefinire l'identità della sinistra?».
Che si tratti di una sfida, nonostante i bisbigli contrari, tutta giocata a
sinistra è certo. Le rilevazioni fatte all'uscita dai seggi del primo turno
hanno confermato ciò che si intuiva, ossia che, tra i votanti, la percentuale
di ex elettori del centrodestra è stata bassa. Come era logico che fosse. Un ex
elettore della destra potrebbe anche votare Renzi alle elezioni politiche (dato
il marasma in cui versa il centrodestra) ma difficilmente potrebbe iscriversi
alle primarie del, da lui detestato, centrosinistra. Senza contare che gli
elettori di destra hanno scarsa propensione per forme di partecipazione diverse
dal voto in regolari elezioni.
Se, come appare probabile, vincerà Bersani, la tradizione
verrà conservata. Ma con qualche rilevante novità. Bersani, premiato per il
coraggio che ha avuto mettendosi in gioco (anche se non ne ha avuto abbastanza
da varare regole per le primarie un po' più liberali), regolerà molti conti con
la vecchia oligarchia e promuoverà uomini e donne giovani che, tuttavia,
saranno figli e figlie della tradizione di cui egli è il garante. Però, il
consenso che Renzi ha saputo raccogliere a sinistra non potrà restare senza
effetti. Bersani, che è un abile politico, si troverà di fronte al difficile
compito di dare qualche risposta anche alle domande di chi non si riconosce più
in una tradizione che giudica ammuffita.
L'errore che Bersani potrebbe commettere sarebbe quello di
credere che basti vincere le prossime elezioni perché tutto, in qualche modo,
si aggiusti. A leggere i segnali di queste primarie si arriva alla conclusione
che non sarà così.
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