Ha suscitato clamore la sentenza di condanna all'Italia da parte della Corte Europea dei diritti dell'Uomo per lo stato di sovraffollamento delle nostre carceri e quindi la disumanità delle condizioni all'interno delle stesse. Risultato, risarciti i ricorrenti, cioè dei detenuti, per varie decine di migliaia di euro. Immaginate quello che può accadere...i ricorsi fioccheranno, come accadde ai tempi della Legge Pinto per i danni da ritardo della giustizia italiana .
In realtà il clamore è ingiustificato, visto la realtà carceraria, ma il tema non è popolare, perché per la gente chi sta in carcere deve SOFFRIRE : sono persone che hanno commesso un reato, e quindi devono espiare. Ora, l'espiazione, cari signori, consiste nella privazione della libertà, bene supremo delle persone degne di questo nome, NON nella tortura....
Se sto chiuso in una cella con un'altra persona, o anche da solo, non è che sto in albergo...Se nello spazio sufficiente per uno, ce ne metti quattro, con la promiscuità, per usare un eufemismo, che ne consegue, ecco che non sto semplicemente punendo, ma mortificando, umiliando, privando quell'individuo della sua umanità.
Anche volendo ignorare la Carta amata da Benigni a plaudita dai suoi 12 milioni di ascoltatori, che stabilisce che il carcere DEVE mirare anche alla rieducazione del condannato, e le pene MAI essere contrarie al senso di umanità (art. 27, ripassare ), c'è poi l'altro grave problema ; che in carcere da noi ci finiscono, e per anni, anche quelli non condannati in via definitiva. Vale a dire gli UNICI che di regola ci dovrebbero stare.
Più di un terzo sono "cittadini in attesa di giudizio", in carcere per "Misura cautelare". Se sarà ingiusta, niente paura, lo Stato risarcirà. Forse....
Ecco l'articolo di denuncia di Davide GIacalone e i suoi suggerimenti sul problema
Buona Lettura (si fa per dire, dato l'argomento...)
FORZA CEDU
Le carceri italiane fanno schifo, ma non esiste soluzione al problema se non riformando la giustizia. Il nostro principale problema è la malagiustizia, come si legge anche nella più recente condanna inflittaci dalla Corte Europea Diritti dell’Uomo. Quella condanna non è solo umiliante, è il preludio a un diluvio di condanne. Né nessuno, dal Quirinale al governo, dalla cassazione all’ultima procura ha diritto di meravigliarsi e scandalizzarsi, perché l’Italia è già, da anni, il Paese più condannato per violazione dei diritti umani. E ricordo che la Cedu agisce non nell’ambito dell’Unione europea, ma del Consiglio d’Europa, assai più vasto.
Con l’eccezione di Marco
Pannella e dei radicali (cui si unisce un ristrettissimo drappello di
garantisti non basculanti), mettere l’accento sul problema delle carceri è
ipocrita e non risolutivo. Vale anche per la Corte di Strasburgo, visto che
siamo stracondannati per denegata giustizia, mentre solo di recente fioriscono
le sentenze per l’inumanità della detenzione. E avverto: come prima avvenne per
i tempi della giustizia, ora questo genere di sentenze assume il ruolo di
modello. Se non rimediamo diventiamo condannati seriali. Oltre che Paese di
disonorati.
Vediamo problemi e soluzioni.
L’Italia dispone (arrotondo) di 47.000 posti in carcere, dove si trovano
all’incirca 40.000 condannati. Posto che la vivibilità di quelle strutture deve
essere assai migliorata, i numeri dicono che non c’è alcun sovraffollamento.
Se
non fosse che ai condannati si devono sommare altri 26.000 cittadini che
dobbiamo considerare innocenti, che attendono un giudizio, di cui molti non hanno
mai incontrato un giudice (che non sia la macchietta di quello che accompagna
il collega procuratore nelle indagini preliminari). Il totale, come si vede,
violenta ogni civiltà. Affrontare la questione con provvedimenti tampone,
destinati a sfollare le celle, come si fece con l’indulto, è obbrobrioso e
inutile. Come svuotare una cloaca otturata succhiando con la cannuccia.
Servono tre ordini di
soluzioni. 1. Far funzionare la giustizia, imponendole tempi certi e
ragionevoli, facendo rispettare la legge e pagare ogni abuso (e sono
tantissimi) nella custodia cautelare. 2. Non pensare che il carcere sia l’unica
pena, giacché in molti casi, privi di violenza o senza reti organizzative,
possono essere più efficaci altre limitazioni della libertà. 3. Poco meno di
24.000 detenuti sono stranieri, molti dei quali converrebbe buttarli fuori
piuttosto che punirli (l’esempio statunitense è illuminante).
Solo dopo che si è fatta la
prima cosa, vale a dire una profonda riforma della giustizia, sarà non solo
opportuno, ma assolutamente necessario adottare l’amnistia (non l’indulto, che
è perdita di onore, tempo e soldi). Lo si farà per salvare la riforma, mettendo
nel conto di star facendo un piacere ai disonesti e un’offesa agli onesti.
La Cedu ci ha dato un anno,
dopo di che saremo frustati a dovere. Avendo a che fare con persone serie,
discutendo fra forze politiche ragionevoli e studiando i problemi per quel che
sono, un anno è sufficiente. Si riforma e si sfolla, intanto avviando programmi
di riqualificazione edilizia.
Ma il nostro è il Paese in cui una classe
politica di smidollati sa solo dire “più carcere e aumento delle pene” non
appena uno stupro o un rapimento colpisce l’opinione pubblica, salvo
dimenticarsi che ci dovrebbero essere le sentenze, non solo lo spettacolo
dell’accusa. Il Paese in cui i manettari che vorrebbero arrestare tutti e hanno
le loro versioni personali della storia d’Italia possono passare, senza un solo
giorno di discontinuità, dalla magistratura alla politica. In cui gli accordi
parlamentari si fanno, sottobanco, per leccare le toghe delle corporazioni, a
cominciare da quella degli avvocati, le cui rappresentanze sindacali (?!) hanno
ottenuto una riforma vergognosa dell’ordinamento forense. In cui non s’osa dire
l’ovvio, non s’osa osservare che in tutto il mondo civile, senza eccezione
alcuna, le carriere di accusatori e giudici sono separate, perché altrimenti
s’alza un procuratore e t’arresta. Quindi, immorale della favola, concludo al
grido di: Forza Cedu! Detenuti d’Italia fate tutti ricorso. Processati
d’Italia, che aspettate da anni uno straccio di sentenza, fate tutti ricorso.
Sarà l’unico modo per radere al suolo questa fetenzia che non merita d’essere
chiamata: giustizia.
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