venerdì 22 marzo 2013

ASSISTENZA SESSUALE FORNITA DALLA MUTUA ? IN FRANCIA CI PENSANO



Tanti anni fa lessi in libro piacevole e intrigante. S'intitolava "L'Angelo del Piacere" , di Irving Wallace (il libro in copertina ).
Il tema di fondo era l'esperimento di un medico che curava le disfunzioni sessuali dei pazienti, uomini e donne, attraverso una terapia anche "pratica", servendosi di assistenti da lui definiti "surrogati sessuali" (chissà se all' avv.  Ghedini piacerebbe, lui che è sempre in cerca di sinonimi in materia...).
Funzionava così. Il paziente per esempio affetto da eiaculazione precoce riceveva non soltanto istruzioni teoriche dal sessuologo ma la possibilità di esercitarsi con un partner professionalmente istruito che lo aiutava a mettere in pratica insegnamenti e tecniche, sperimentandole in concreto...
Una donna incapace ad avere un orgasmo...idem.
La storia si evolveva in un processo contro il dottore e anche i suoi aiutanti, accusato di favorire la prostituzione, sull'affermazione che questi assistenti,  i "surrogati sessuali", altro non erano che dei professionisti del sesso, pagati per farlo.
Il bene alla fine trionfa...
Mi è tornato in mente leggendo questa notizia, trovata sulla rubrica INVISIBILI del Corriere della Sera, che parla proprio di Assistenti sessuali, addirittura immaginati come prestazione di Stato, a favore delle persone disabili.
Tempo fa di questo problema ne avevo accennato ( chi vuole può leggere qui : http://ultimocamerlengo.blogspot.it/2012/03/figli-di-un-dio-minore-quando-una-madre.html )
riportando la storia di una madre che ingaggiava personalmente le prostitute per il proprio figlio, finendo una volta per passare ore in questura, presa in una retata, prima di spiegare la sua posizione...Mi aveva commosso.
Il problema è reale, anche se poi è discutibile che si immagini il solito "padre pubblico" che intervenga in materia. Il sesso prescritto dalla mutua, quello forse potremmo evitarlo...
Però eviterei anche di spacciare per prostituzione una qualche organizzazione che seriamente e professionalmente cerchi di affrontare il problema e proponga un aiuto per quelli che un bellissimo film definiva "figli di un Dio minore".
Buona lettura

Una scena del fil The sessions - Gli appuntamenti


Assistente sessuale? In Francia ora si fa sul serio

La notizia è destinata sicuramente a rilanciare un dibattito che continua a correre sottotraccia, nei blog, in Rete, nei social network. Arriva dall’Essonne, un Dipartimento vicino a Parigi, poco più di un milione di abitanti, guidato da un presidente socialista, Jerome Guedj, che adesso annuncia la creazione di un“tavolo di riflessione sulla vita affettiva  delle persone in situazione di handicap”. Ci sarà dunque un gruppo di lavoro pubblico, con esperti di varie materie, che studieranno il problema, anche con visite in Svizzera e in Belgio. Forse è il primo effetto “politico” del successo del film “The sessions”, di cui ha parlato ampiamente su InVisibili Simone Fanti. Non è ancora l’istituzione della figura professionale dell’assistente sessuale, ma è un primo passo in quella direzione.
E’ un tema controverso, difficile da affrontare in termini giuridici, contrattuali, di ruolo, e perfino di genere. Tema sentito  con grande evidenza da parte di molte persone con disabilità che non possono gestire in modo autonomo il rapporto con il proprio corpo, e dunque non sono in condizione di esercitare una qualsiasi attività sessuale, compreso l’autoerotismo. E’ facile e quasi scontato confondere l’assistente sessuale con la prostituzione, e questo avviene anche perché, nell’immaginario collettivo, chissà perché, se si pensa a tale figura si immagina quasi immediatamente una donna, e non un uomo. Come se il problema nonriguardasse anche le donne o le ragazze con disabilità, che peraltro sembrano parlarne meno, o per una rinuncia alla sfera sessuale, o perché comunque mantengono un più elevato riserbo su aspetti in ogni caso estremamente personali dell’esistenza.
In Italia il successo di un sito come loveability.it è la conferma che i temi dell’affettività, delle possibilità di incontro, di vita sessuale piena, anche in presenza di una disabilità fisica o intellettiva sono di estrema importanza.  E nel sito ideato da Max Ulivieri trova ampio spazio l’argomento “assistente sessuale”. In Italia, al momento, non mi risulta che esistano progetti analoghi a quello che sta per iniziare in Francia. In un periodo nel quale, oltretutto, è già difficile garantire i diritti essenziali e i servizi fondamentali per l’assistenza e l’autonomia delle persone con disabilità non autosufficienti, è evidente come questo aspetto rischi di rimanere ancora a lungo confinato nel dibattito culturale.
Le questioni da affrontare, del resto, sono molte e complesse. Prima di tutto la preparazione professionale di operatori ed operatrici che non devono essere equiparabili al lavoro svolto da una prostituta. Le conseguenze, anche psicologiche, di un’esperienza che non nasca nel modo più opportuno e corretto possibile, potrebbero infatti essere difficilmente valutabili. C’è sicuramente una difficoltà concettuale a muoversi sul terreno di un diritto difficilmente esigibile, o riconducibile, in quanto tale, a un “obbligo” da parte della società e delle istituzioni, paragonabile – per capirsi – all’assistenza domiciliare o alle cure. Terzo tema che è da approfondire è il rapporto tra sessualità e affettività. Mentre è abbastanza evidente a chiunque che la sessualità non coincide con l’aspirazione all’amore, e alla relazione affettiva, è altrettanto vero che uno dei problemi più difficili da affrontare e risolvere per chiunque viva su di sé una disabilità impegnativa è quello delle modalità, delle opportunità, delle occasioni per riuscire a raggiungere un equilibrio affettivo, una relazione degna di questo nome, che non sia solamente amicizia o “compassione”.
L’esperimento francese potrebbe in qualche modo aiutare a ragionare senza eccessiva emotività, utilizzando le esperienze in atto in alcuni Paesi come terreni di sperimentazione e di messa a fuoco delle diverse problematiche. Se c’è un tema “invisibile”, questo sicuramente lo è. E la verità in tasca credo che nessuno, onestamente, la possieda.

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