martedì 5 marzo 2013

LA LIBERTA' DAGLI ELETTORI COMPRENDE QUELLA DI VENDERSI ?



Ogni tanto c'è un pezzo della nostra Costituzione che mostra l'usura del tempo. In altre occasioni abbiamo parlato del sistema parlamentare, con un esecutivo accerchiato dalle Camere ( potere acuito dal bicameralismo perfetto ) e dal Presidente della Repubblica, che da oltre 20 anni ormai ha perso l'iniziale carattere di grande notaio super partes, con una interpretazione (forzatura la chiamano in molti) della Costituzione molto più incisiva.
Del resto, il mondo è stravolto, rivoluzionato rispetto al 1946, non c'è più nulla di allora. Gli stessi principi fondamentali sono a volte in discussione, figuriamoci l'architettura istituzionale.
E' cambiata anche la "disinvoltura" delle persone. Io non sono uno che richiede ai politici senso morale...certo non quello comune. Come scriveva Croce, ad uno che vuole di professione fare il governante, chiedo capacità. Cavour, Giolitti furono dei governanti, morali direi proprio di no. Già meglio fu De Gasperi, ma resta una mosca bianca mi pare...e anche lui compromessi, per quello che riteneva il bene della Nazione, ne fece eccome.
Oggi qualcuno mi sa nominare statisti di quel livello ? Al massimo potrei dire che gli ultimi due presidenti della Repubblica hanno tenuto alto il livello di dignità del loro magistero, al di là della condivisione della loro conduzione, considerata troppo interventista rispetto ad una lettura più ortodossa e/o minimalista della Carta.
Tornando all'attualità, adesso è in discussione l'art. 67 della costituzione, che prevede la libertà del rappresentante eletto da ogni vincolo di mandato. E' una norma di chiara ispirazione liberale, quindi io dovrei approvarla. E invece no, perché la libertà non la concepisco come fare come mi pare, se in quel posto ci sono arrivato impegnandomi su delle cose.
Sicuramente la questione è complessa, perché come ho letto in alcuni casi, e giustamente, a volte sono i partiti che tradiscono il programma proposto agli elettori, magari costretti dalle circostanze. Faccio l'esempio dell'aumento dell'IVA fatto dal governo Berlusconi nell'estate 2011. O la fiducia al governo Monti e a tutte gli aumenti di tasse da lui varati. I parlamentari ben potevano rifiutarsi di votare , sapendo che molti dei loro elettori sarebbero stati contrari a quelle misure...e infatti alcuni si sono astenuti, addirittura qualcuno ha votato contro. Quindi in questo caso chi ha "tradito" il mandato ricevuto ?
Però qui parliamo di ALTRO, non facciamo gli ipocriti. In nome della responsabilità ( ohi, sarò io, ma quelli del PD stanno mandando in tv tutta gente clonata...dicono tutti le stesse cose, con le stesse parole....sembrano avatar ! ) si cerca di spingere i grillini a tradire l'uomo che li ha fatti eleggere.
Per carità, lo fece anche Berlusconi....ma infatti non ricordo belle parole ai tempi, né inni alla salvezza del Paese...
Sulla questione, posto l'opinione di Ugo Magri sulla Stampa di oggi, e il mio commento
Buona Lettura


Le radici del libero pensiero

UGO MAGRI

Mancano 36 anni e 9 mesi al 2050 quando, scommette il profeta grillino Casaleggio, «l’intelligenza sociale collettiva permetterà di risolvere i problemi complicati del mondo». Quel giorno basterà un clic per decidere, facile come dire su Facebook «mi piace». Non servirà più eleggere rappresentanti, provvederà la «web-democrazia». Ma già oggi, che siamo nel 2013, al Movimento 5 stelle questo Parlamento appare giurassico.  

E obsoleta la Costituzione che autorizza gli eletti a decidere di testa loro. Secondo Grillo è una «circonvenzione di elettore», poiché l’onorevole può fare quanto gli aggrada, perfino «votare una legge contraria al programma». Per cinque anni, il fortunato se la spassa e nessuno gli chiede conto. Viceversa il voto, protesta Grillo, dovrebbe essere «un contratto tra elettore ed eletto». Non è l’unico a pensarla così.  

Berlusconi ha fatto firmare ai candidati un contratto, appunto, dove gli promettono di «non tradire il mandato». E di astenersi dai cambi di casacca. «Voltagabbana», «opportunisti», «saltafossi»... Quanti epiteti vennero lanciati da destra contro Fini, dopo il celebre «mi cacci». Come in altri campi, il berlusconismo ha stravolto costume e politica, cosicché adesso sembra scontato che il deputato sia messo lì a pigiare i bottoni.  
Invece per la Costituzione tanto normale non è. L’articolo 67 stabilisce che «ogni membro del Parlamento rappresenta la Nazione», con la maiuscola, «ed esercita le sue funzioni senza vincolo di mandato». I padri della patria repubblicana ebbero zero dubbi in proposito. All’Assemblea costituente, la norma fu approvata in tre minuti, Terracini la lesse e nessuno si alzò per obiettare. Eravamo nel marzo 1947. Qualche mese prima se n’era discusso in commissione. Anche lì, tutti d’accordo con l’eccezione del comunista Grieco, ostilissimo alla formula «senza vincoli di mandato» in quanto i deputati «sono tutti vincolati: si presentano infatti alle elezioni sostenendo un programma»... Proprio gli argomenti odierni di Grillo (e di Berlusconi). Aggiunse l’uomo di Mosca: «Sorgerà il malcostume politico». Ma nemmeno il suo partito gli diede retta, sebbene il «mandato imperativo» fosse la regola all’Est nelle cosiddette democrazie popolari, canonizzato dalla Costituzione sovietica e perpetuato in Ucraina perfino dopo la caduta del Muro: lo rispolverò nel 2007 il presidente Yushenko per far sciogliere il Parlamento, dopo che un gruppo di deputati l’aveva piantato in asso. 

Meglio la disciplina o meglio il libero pensiero? Nobile diatriba, che risale all’epoca dei Lumi. Fu primo il britannico Burke a teorizzare che chi viene eletto rappresenta l’intera nazione e non soltanto i propri sostenitori. Dunque conserva il sacrosanto diritto di mutare idea, di cercare compromessi con gli avversari senza per questo essere disprezzato, anzi. Rousseau, il filosofo, la vedeva esattamente al rovescio. L’Ancien Régime ammetteva solo il mandato «imperativo», invece i rivoluzionari francesi lo vollero libero, e così pure lo Statuto Albertino. Ci sono Paesi dove chi delude può essere sostituito con nuove elezioni, e forse proprio questo congegno ha in mente Grillo, sul suo blog se n’è molto discusso. Negli Usa si chiama «recall», permette di mandare a casa perfino i governatori degli Stati (è accaduto due volte). Stessa storia in sei cantoni svizzeri. In Venezuela ci hanno provato per scalzare Chavez, ma senza successo. Nella vecchia Europa è diverso. Regna la democrazia rappresentativa, l’autonomia di giudizio è considerata un bene prezioso, il dissenso viene tutelato in ogni Parlamento, da noi perfino troppo come fa osservare il costituzionalista Ceccanti: al punto che si scade nel trasformismo o peggio (vedi De Gregorio). 

Eppure fu grazie ai casi di coscienza di Calamandrei, di Codignola e di altri 7 deputati che nel 1953 venne infilata una zeppa dentro l’ingranaggio della «legge truffa». Dal Patto Atlantico al divorzio, dalla Guerra del Golfo agli euromissili, l’articolo 67 ha rappresenato sempre l’antidoto al pensiero unico, la ragione vera e forse unica per tenere aperto un Parlamento. Laddove abbiamo oggi un sistema che permette ai leader di scegliersi i rappresentanti del popolo, a uno a uno... E se il nostro dramma stesse proprio qui? 

Non sono d’accordo con Magri perché anche io, e da tempo, non condivido l’art. 67 della costituzione così com’è. L’autore non fa caso che gli esempi che cita sono nobili risalendo agli anni 50 e 60 del secolo scorso e pessimi avvicinandosi nel tempo. L’esempio di Fini mi sembra dare ragione a Grillo, e non a Gramellini : quando gli elettori hanno potuto rivotare, che fine hanno fatto Fini e i suoi ? Però intanto il governo eletto nel 2008 era stato reso impotente. La libertà di pensiero è un’ottima cosa, quando C’E’. E poi, altro elemento dirimente , dal 2005, cioè da quando le liste sono predisposte dalle segreterie, che rapporto esiste tra elettore ed eletto ? Voto Tizio perché penso sia capace e magari anche onesto ? Leale ? No, perché io mi limito a sbarrare una casella col simbolo del partito che ho scelto. Se Tizio poi prende e trasmigra altrove quel mio voto che fine ha fatto ?
Allora, non esiste il sistema PERFETTO. Esistono le persone e le stagioni. Quando tira aria buona, come nel dopoguerra, dove la gente per bene era maggioranza, ci si poteva fidare che fosse la libertà di pensiero e non la convenienza e la vendita della propria libertà a prevalere. E l’assenza di vincolo di mandato poteva sembrare un grande esempio di illuminismo liberale (figuriamoci se a me potrebbe dispiacere ! ).
Oggi però NON è così. Lo spessore civico e morale dei politici, così come della gente, si è assai assottigliato. Allora, almeno il RECALL, vale a dire la possibilità degli elettori di revocare il voto a chi lo tradisce, deve essere data. L’onorevole transumante di turno potrà spiegare agli elettori il perché della sua scelta. Magari li convince no ?
Ultima osservazione. Personalmente, quando Fini si sfilò, fui tra quelli che pensavano che Berlusconi, non avendo più la maggioranza politica alla Camera, dovesse dimettersi e chiedere nuove elezioni.


Non lo fece, e fece come Prodi nel 2006, elemosinando il secondo il voto dei senatori a vita, e lui iniziando una indecorosa campagna acquisti. Tutti nella sinistra si indignarono. Oggi lo chiamano scouting…. Ci vuole gente dalla memoria molto corta…





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