domenica 31 marzo 2013

LA "RESPONSABILITà" DI BERSANI E' VERSO SE STESSO E LA SUA BANDA . ALTRO CHE "IL BENE DEL PAESE"


L'accanimento del Camerlengo contro Bersani, chiarimento manifesto in queste ultime settimane,  ha sicuramente anche una componente irrazionale che si chiama "delusione".
L'ho descritta più volte. Il compagno segretario in passato lo avevo sempre visto come persona che pur militante in campo avverso, possedeva due buone qualità : buon senso e semplicità. Rispetto al sarcasmo acido di D'Alema, e una certe retorica sognatrice di Veltroni, i Dioscuri del post PCI (stessa generazione di Bersani, ma per anni unici padroni del partito, mentre l'emiliano se ne stava in panchina...qualcosa vorrà dire ? ) , sembrava un buon progresso. Sbagliavo. Distratto dai toni pacati, dalle metafore popolari, dall'aria della persona per bene e ragionevole, ho perso di vista che bisogna sempre guardare ai FATTI.
E i fatti quali erano ? Bersani diviene segretario e subito il PD, che doveva essere veramente il SUPERAMENTO della sinistra comunista, ha uno stop nella sua faticosa evoluzione. La frenata diventerà poi regresso, con l'alleanza tra un Bersani emancipato dal suo padre politico ( lo spocchioso ma realista D'Alema) e la sinistra più radicale del partito, i giovani turchi e la Fiom Cgil. Non è accaduto subito....ma col tempo. Oggi il PD è solo la continuazione del PCI, come il PDS e i DS prima.
Poi, le Primarie truccate. Vero che Bersani poteva non accettarle a norma di statuto..ma che figura avrebbe fatto ? Tutti i suoi predecessori erano stati investiti dalle primarie per accedere come candidati premier alla sfida elettorale, come poteva sottrarsi ? E poi, con i giusti accorgimenti, era sicuro di vincere , come in effetti è stato.  Tutto l'apparato del partito dietro di lui (avoglia Mucchetti a dire che questo non è più quello di Botteghe Oscure...per quanto ridimensionato, sarà sempre meglio avere l'endorsemente di tutti i parlamentari in carica e della gran parte dei governatori e dei sindaci che il contrario ...senza contare il vantaggio pratico del veicolamento e diffusione della propaganda) e soprattutto creare paletti alla partecipazione al voto da parte dei non Piddini doc...
Il che sarebbe sacrosanto se si trattasse delle elezioni del SEGRETARIO del partito, ma se si tratta del candidato Premier, allora il discorso cambia. E la prova si è avuta con elezioni che hanno confermato (anzi peggiorando) i dati dei sondaggi elettorali che pesavano la differenza tra Bersani e Renzi . Col primo, il Pd mai oltre il 30% dei voti (in realtà ne prenderà il 25 !!) , con il secondo. il 40% era risultato raggiungibile !. Certo la controprova non c'è, ma non è per questo,  la non attendibilità delle ricerche pre voto, che Bersani e i suoi hanno boicottato Renzi, cioè il cavallo migliore, ma esattamente il contrario !! Quei sondaggi COMUNQUE davano vincente la sinistra, ancorché con percentuale decisamente inferiore, ma quello che si perdeva in voti si guadagnava in identità...tanto, quello che mancava lo avrebbe messo il famigerato Porcellum !! (come alla Camera è avvenuto, sia pure per un soffio....) . C'era il problema del Senato, ma intanto, come al solito, si era sottovalutato il ritorno del cavaliere oscuro, Berlusconi, dato ancora una volta per finito ( e invece, pur con un'emorragia di voti, ne ha presi quasi tanti quanti il PD targato Bersani), e poi c'era la scontata alleanza post elettorale con Monti che avrebbe supplito l'eventuale carenza di senatori.
Un bel compromesso storico ma da posizioni di assoluta forza.
I sondaggi invece hanno sbagliato, sottovalutando il fenomeno Grillo, il recupero del Berlusca, il non sfondamento del centro, e sopravvalutando il PD, dopo le suggestive rilevazioni, drogate dalla sovraesposizione mediatica del partito con le primarie (c'erano solo loro in TV !!! ), di fine anno 2012.
Il peggio di sé Bersani lo ha sicuramente dato dopo il trauma da mancato trionfo....
Qualcuno ha presente la sua immagine dopo l'incontro con Napolitano ? Quando il Presidente di fatto gli ha definitivamente tolto il giocattolo dalle mani ? Un uomo distrutto. E io ho provato sentimenti contraddittori, tra la soddisfazione per la sconfitta di tanta ostinata protervia, ipocrisia, attaccamento alla propria personale ambizione...e la cristiana e vi assicuro sincera (non ci crederete, ma chissene, io so che è vero) compassione per un uomo che vede sfumare un sogno a cui evidentemente teneva molto più di quanto forse lui stesso non avesse confessato a se stesso.
Per tutto questo mese di marzo ha parlato, lui e i suoi ventriloqui, di "Responsabilità". Ma quale ??? Se l'unica soluzione realistica, ancorché difficile per carità, la scartava a priori per ragioni di bottega personali ?
Insopportabile, essendo ben altra la verità.
Quella cioè ben descritta dal Prof. Pamebianco in una sua nota che condivido.
Buona Lettura

  “Il mancato realismo che blocca la Sinistra” 



Come è inevitabile a fronte di una delle più complicate e gravi crisi della storia della Repubblica, il disorientamento degli osservatori è massimo. Forse, per tentare di capire, conviene guardare il quadro generale da una particolare prospettiva: dal punto di vista degli equilibri interni al partito più forte in Parlamento, il Partito democratico. Forse è lì che si trova la chiave di lettura più utile per capire ciò che è accaduto e ciò che presumibilmente accadrà. La strategia di Bersani dopo le elezioni è stata giudicata da tanti irrazionale, frutto di incomprensibile cocciutaggine. Ma, nonostante il prevedibile fallimento, quella strategia era, forse, meno irrazionale di quanto apparisse. In politica accade talvolta che gli attori si trovino di fronte a scelte obbligate, scelte che appaiono destinate all'insuccesso anche a coloro che le fanno e che tuttavia, stante la situazione, essi considerano inevitabili. Come nel caso di quegli statisti che sono obbligati dalle circostanze a dichiarare guerra pur sapendo che la perderanno.
All'indomani delle elezioni Bersani avrebbe potuto prendere atto con realismo della propria (sostanziale) sconfitta politica. Avrebbe potuto mettersi da parte lasciando subito a Napolitano il compito di sbrogliare la matassa. Perché non lo ha fatto? Perché ha scelto un'altra via, quella del vano, e a tratti anche umiliante, inseguimento dei grillini? Perché non ha accettato l'idea che i numeri parlamentari non lasciassero altra possibilità se non quella di un governo di tregua appoggiato dal Pd e dal Pdl?
È vero che l'elettorato del Pd non ne vuole sapere di alleanze con Berlusconi. Ma è anche vero che legittimando i grillini come interlocutori privilegiati Bersani ha rischiato di allargare la falla, di spingere altri elettori del Pd (dopo i tanti che lo hanno già abbandonato a favore dei 5 Stelle) nelle braccia di Beppe Grillo. E, inoltre, rifiutando un accordo con il Pdl, ha anche chiuso alla sola possibilità di dare un governo al Paese in una situazione di emergenza economica.
Irrazionalità? Forse no. Bersani non è «soltanto» il segretario del Pd. È anche il capo di un gruppo di uomini e donne (i suoi collaboratori) che, sull'onda della vittoria nelle primarie contro Renzi, ha preso saldamente in mano il partito. Se cade lui cadono anche loro (tranne qualcuno che lo tradirà al momento giusto). Se cade lui cambiano gli equilibri interni. Si aprirà la caccia, spunteranno, nel partito, cacciatori di teste poco propensi a fare prigionieri. 

Bersani, dopo le elezioni, ha ritenuto che una strategia pur disperata, con poche chance di successo, fosse l'unica alternativa alla immediata fine politica sua e del suo gruppo.
Se è questa la chiave di lettura giusta, allora è agli equilibri interni del Pd che bisogna anche guardare per capire la futura evoluzione della crisi. Bersani e i suoi sembrano a questo punto sconfitti. Se è così, prima o poi verranno sostituiti o ridimensionati. Ma il prima o il poi, i tempi, non sono indifferenti. E non è indifferente il come.
Il quando e il come del sempre più probabile «chiarimento» (come si dice in politichese) all'interno del Pd condizioneranno le possibilità di durata e di azione di un eventuale governo di tregua, l'evoluzione dei rapporti parlamentari, forse la stessa scelta del prossimo presidente della Repubblica. Come è inevitabile che sia.


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